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Kurosagi 1-2

Kurosagi 1-2Kurosagi è un diesel. Ci mette un po’, ma quando ingrana poi va forte. La prima uscita fa registrare una partenza fiacca, fatta di episodi dal taglio moderno ma timidi in quanto a suspense. Anzi, sembrava che a Eiji Ohtsuka quel clima di attesa che tutto regge non piacesse proprio. Capitoli brevi e dalla linearità disarmante. Niente sorprese, tutto viene svelato con una consequenzialità talmente rapida da non saper costruire un’emozione.

Poi la svolta. Il secondo volume è un unicum da leggere tutto d’un fiato. Tanti saluti alla struttura a episodi, e finalmente si corre. Abbandonare la costruzione originaria è stato come dare ossigeno a un manga che forse, in principio, voleva solo impostare un po’ le cose. Anche se poteva farlo meglio.
Così Kurosagi è riuscito a decollare davvero. Con un respiro più lungo e più profondo con cui ha conquistato una qualità a cui nessuna storia potrà mai rinunciare: essere avvincente.

Housui Yamazaki disegna un horror che horror non è. Non in senso tradizionale, almeno. I morti sembrano resuscitare, a volte lo fanno davvero. E quando succede, fanno paura. Le inquadrature sono ben selezionate, con un uso efficace dei dettagli (pochi ma buoni) e dei campi medi.
Eppure la tensione sta più nella storia che in certi spunti horrorifici, anche se il tono resta pur sempre leggero. Nonostante la morte.

I personaggi sono spesso strampalati, con poteri che arrivano da chissà dove. Hanno dei contorni definiti ma non troppo. E qui quel clima di attesa che prima mancava si prende la sua seconda rivincita. Chi sono questi pazzi che hanno fatto della morte un business? L’interrogativo rimane, la voglia di continuare a leggere pure. Meglio così.


Simone Celli
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