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The Twelve 1

The Twelve 1Anche se sotto il nome originario di Timely Comics, la Marvel era in attività fin dagli anni ’40. Proprio di quel periodo è la creazione di Capitan America e di Namor, ma anche di una pletora di personaggi minori. Questi ultimi, però, a differenza dei personaggi sopra citati, si sono poi persi nelle nebbie del tempo, non riuscendo più a trovare una loro ragion d’essere durante il declino della prima generazione di supereroi, e rimanendo tagliati fuori dall’Universo Marvel. Fino ad oggi.

Catturati da un gruppo di nazisti durante le ultime battute della Seconda Guerra Mondiale e posti in animazione sospesa, dodici di essi vengono abbandonati a se stessi  per lunghi decenni. Passati più di sessant’anni, la loro cripta viene accidentalmente scoperta ai giorni nostri, e l’esercito degli Stati Uniti decide di risvegliarli per farne i perfetti eroi americani nella sconquassata realtà post Civil War. Ma dagli anni ’40 ad oggi l’America è cambiata non poco, e con questo si dovrà fare i conti.

Con pesanti ed espliciti (ma per certi versi anche obbligati) richiami all’epocale Watchmen, The Twelve mette in scena il ritorno di questi supereroi nella realtà odierna, con tutte le difficoltà di “ambientazione” che ne derivano. Allo smarrimento della maggior parte dei personaggi provocato dalla perdita del proprio mondo e dei propri cari si aggiunge, moltiplicando il disagio, il fatto di ritrovarsi in un mondo nuovo che non solo non ha nulla in comune con il loro, ma non ha neanche nulla a che vedere con la visione del futuro per cui essi avevano combattuto la Guerra Mondiale.
Si innesca così una riflessione sull’identità individuale ma anche nazionale, indagata attraverso le differenze tra gli anni '40 e la Guerra Civile dei supereroi. Tale scarto, chiamando anche in causa i sogni e le speranze del passato nei confronti del nostro tempo, permette di approcciare l’oggi con sguardo critico. Ma i protagonisti, trovandosi fuori dal loro contesto, hanno anche modo di guardare a se stessi in maniera diversa, e di rimettere in discussione tutte le proprie motivazioni e la propria autocostruzione come individui.

J.M. Straczynski, come ci ha ormai abituati, costruisce un percorso sofisticato e articolato. Nella descrizione dei protagonisti, egli non scade mai nella facile soluzione di presentare omini del passato caratterizzandoli come ingenui e passivi ai nuovi eventi. Risultano invece psicologie reattive, che fanno di tutto per adattarsi al nuovo mondo. Ognuno a modo suo, anche a indicare la costruzione di personaggi diversi tra loro e con personalità definite, mai superficiali. Ben differenziate anche le vicende personali dei vari protagonisti, che, ripercorse in maniera organica rispetto al quadro generale, arricchiscono di significato le caratterizzazioni e il tipo di reazione al nuovo mondo. Unica leggera pecca, la presenza a tratti pesante del narratore, la quale va tuttavia diminuendo con il procedere della storia.
Lodevoli anche i disegni di Chris Weston, molto curati e vera cifra del gusto rétro della serie. La concretezza quasi solida delle matite (e delle chine di Gary Leech) si accompagna a tavole impostate su una struttura classica, capace però di infrangersi e riplasmarsi al momento giusto, ma senza mai inciampare nella spettacolarità fine a se stessa. Decisivo Weston anche nel contribuire alla caratterizzazione peculiare di ogni personaggio.

In definitiva, una gran buona lettura, che trova il suo unico limite nel lasciare aperte alcune sottotrame, e nel far chiedere con urgenza il secondo e conclusivo volume. Ma per questo, basta aspettare.


Valerio Coppola
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