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La Spada Selvaggia di Conan 1971-1974

La Spada Selvaggia di Conan 1971-1974Conan il cimmero è uno di quei personaggi che ormai godono di vita propria. Trasposto dai libri in pressoché tutte le forme mediatiche, la sua figura si è sedimentata nell’immaginario comune “occidentale” fino a divenire uno dei prodotti mitici del Novecento. E di tutte le storie che sul “Barbaro” sono state narrate, forse per la sua affermazione una particolare importanza è rivestita dai fumetti Marvel degli anni ’70, che imposero in maniera definitiva un’iconografia che ancora oggi gode di una certa fortuna.

Con la serie Savage Sword of Conan e con la sua antesignana Savage Tales, raccolte in questo volume per il periodo dal 1971 al 1974, la Marvel presentava storie avventurose ambientate nei regni dell’Era Hyboriana, che si distinguevano dalle altre per un taglio più maturo rispetto ai canoni allora invalsi.
Questi racconti, direttamente tratti o ispirati dagli originali pulp di Robert E. Howard, rimangono ancor oggi dei piccoli gioielli della letteratura a fumetti, non accusando affatto il peso degli anni trascorsi. Tornano in queste storie le ambientazioni tra il fantastico e il surreale, le trame avventurose, il sangue, le guerre, terribili stregoni e donne magnifiche; e torna il ritratto di un Conan duro e puro, senza tradire l’essenza infusagli dal suo creatore.

Per parlare della resa di Conan, una volta tanto, non bisogna partire dai testi della storia. Il cimmero è un personaggio fisico, terreno: la sua essenza è legata in modo indissolubile alla sua fisicità. In Conan tutto è corpo, e dunque la natura del personaggio è definita dalla sua raffigurazione. A modo loro, tutti gli artisti il cui lavoro è raccolto in questo volume colgono aspetti del personaggio fondamentali, a partire dall’imprescindibile Barry Windsor-Smith, che con le sue muscolature tirate e i suoi volti spigolosi catapultò per primo il cimmero nel mondo del fumetto.
Ma il Conan definitivo, quello che trasuda vita barbara e personalità da ogni vignetta, è di sicuro quello raffigurato da John Buscema. Le anatomie carnali, possenti, sensuali del “Michelangelo del fumetto” si accordano in maniera perfetta con la bruta e diretta essenza del personaggio, con il suo vivere pieno e immediato, il suo vigore incrollabile. E la durezza plastica dei disegni di Buscema è premiata dalla scelta di stampare le storie in bianco e nero.

Paradossalmente, questa scelta cozza – anche se non è detto che sia un male – con la prosa in technicolor di Roy Thomas che, come quella di Howard, è ricca di tinte e sfumature, descrizioni vivide e travolgenti. Proprio le parole di Thomas, vero padre fumettistico del cimmero, sono in effetti l’altro termine dell’equazione di questo splendido Conan: il resoconto dei pensieri semplici e a loro modo logici del barbaro si stende come un olio sui disegni di Buscema, restituendo un personaggio senza ambiguità o indecisioni, senza sofisticazioni filosofiche e più a suo agio con la spada che con la lingua. Thomas riadatta i racconti di Howard riuscendo a replicarne le atmosfere, e dotandoli di un ritmo sostenuto e di caratterizzazioni nette e precise.

A degna conclusione del volume, l’adattamento de “L’Era Hyboriana”, disegnato da un Walter Simonson duro e a tratti onirico, e ispirato al racconto di Howard che ripercorre le tappe del mondo preistorico immaginario in cui l’autore collocò le avventure dei suoi personaggi. Uno splendido esempio di come la fantasia di un uomo possa abbattere i confini del mondo conosciuto.


Valerio Coppola
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