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Classici DC: Kamandi

Classici DC: KamandiKamandi, Le Cronache dell’Ultimo Ragazzo sulla Terra è sicuramente uno dei lavori più personali ed avanguardistici della carriera del maestro di tutti i disegnatori americani, Jack Kirby. Una serie che appartiene all’ultima fase creativa del “Re”, quando nei primi anni ’70 abbandonò la Marvel ed approdò alla concorrenza, la DC Comics, dove mise alla prova se stesso e la sua arte lavorando inizialmente su una serie minore come Jimmy Olsen: Superman’s Pal, ponendo le basi del suo celebre ciclo de Il Quarto Mondo in cui si discostò progressivamente dal genere supereroistico andando ad esplorare nuovi generi come la fantascienza-space opera ed il fantasy: i risultati furono le serie de I Nuovi Dei, Forever People, O.M.A.C., Sandman, The Demon ed infine Kamandi.

Per quest’ultimo, sicuramente Kirby trasse spunto d’ispirazione dalla saga cinematografica de “Il Pianeta delle Scimmie”, immaginando un mondo post-atomico e desolato, tra le cui rovine si muove il protagonista, Kamandi: un ragazzo che ha vissuto tutta la sua adolescenza in un rifugio antiatomico in compagnia del nonno, alla cui morte decide di uscire ed esplorare ciò che c’è all’esterno. Le basi della serie sono semplici, e Kirby non svela mai le origini o il passato del personaggio, ma lo accompagna nei suoi viaggi facendolo affrontare di storia in storia, secondo un ciclico canovaccio dal ritmo serrato, creature mutanti e minacce varie dotate o di grande potere o delle ultime vestigia di un’antica quanto sofisticata tecnologia. Ci abituiamo ben presto a vedere il nostro eroe periodicamente circondato o imprigionato, mentre Kirby ci svela il suo apocalittico mondo del futuro nel quale, dopo il Grande Disastro, la razza umana è quasi scomparsa, frammentata in tribù di sopravvissuti regrediti a livello di uomini delle caverne, mentre gli animali si sono invece evoluti a creature intelligenti ed antropomorfe. La storia assume col tempo maggiore respiro con l’introduzione di nuovi personaggi che portano dinamiche ed elementi narrativi che vanno ad arricchire il tema portante della serie, intesa come un lungo viaggio verso l’ignoto di grande potenza evocativa: se proprio si deve fare una critica a Kirby è che non cura più di tanto la caratterizzazione psicologica del protagonista, lievemente abbozzata e senza evoluzione nel corso degli oltre quaranta numeri della serie.
 
Kamandi è certamente un must sia per i lettori nostalgici dell’epoca Corno, sia magari per i lettori più giovani che vogliono conoscere le radici del moderno fumetto americano, scoprendo anche uno degli esempi più rappresentativi di comics di fantascienza. Leggendolo a distanza di tanti anni dalla sua prima edizione, questo fumetto dimostra di essere invecchiato bene, rivelando qua e là certamente delle ingenuità, senza però perdere quella forza narrativa e quel senso del “wonder” tipici dell’arte di Kirby: grande cura dei particolari, disegni magnifici e dinamici ed anche interessanti esperimenti grafici, con fotomontaggi che però perdono molto nella stampa in bianco e nero del volume della Planeta. A riguardo infatti, nonostante nelle precedenti ristampe l’uso del bianco e nero abbia riprodotto efficacemente i disegni Kirby, qui la mancanza di colore diminuisce la resa spettacolare del variopinto mondo post-atomico di Kamandi, appiattendone pesantemente il segno in molte pagine.
 
Per quanto concerne l’edizione, questo corposo volume propone in quasi 900 pagine tutti i 40 numeri (su 59) della serie scritti e disegnati dal Re: un balenottero brossurato con un’ottima rilegatura, copertina e foliazione morbide, costoletta dallo spessore di 5 centimetri e formato ridotto rispetto a quello standard. L’edizione è corposa e pesante, quindi non comodissima da leggere tenendola in mano: forse sarebbe potuta benissimo essere divisa in due più agili volumi, ammortizzando anche l’alto prezzo di copertina, ma forse la Planeta ha preferito proporre tutte le storie di Kirby in un'unica e relativamente economica soluzione. Due elementi in più da sottolineare sono la bella introduzione scritta da Alessandro Di Nocera e la quasi assoluta mancanza di errori di traduzione e lettering.


Paolo Pugliese
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