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Narutaru 12

Narutaru 12Giunge all'epilogo questo manga dalla travagliatissima vita editoriale, con un volume che possiamo affermare confermi le aspettative fornite dal resto della serie.
Narutaru mostra la capacità dell'autore di prendere uno spunto stra-abusato (qui il giovane protagonista che trova un mostriciattolo) e di costruirci sopra una storia originale: in questo caso gli svariati mostri (o cuccioli di drago) sono il pretesto per una storia che ci mostra cosa farebbero dei bambini e degli adolescenti se avessero davvero delle creature con tali poteri ai loro ordini. Li userebbero per proiettare le loro fobie, i loro desideri, le proprie ansie, la propria rabbia, ognuno in una maniera personale e diversa, mentre gli adulti assisterebbero impotenti a questo “grande gioco”, oppure cercherebbero di sfruttare le forze in movimento per i loro scopi.
I bambini di Narutaru sono anche strumento dello scrittore per criticare in modo non troppo velato e mai scontato la società, non solo a livello nipponico, ma anche globale.

Purtroppo questa profondità di contenuti non ha contr’altare in un degno svolgimento.
Il fumetto risente di una narrazione frammentaria e confusionaria: non si riesce a seguire il percorso che fanno i personaggi, scompaiono e riappaiono senza che sia chiaro cosa gli sia successo dando per scontato che il lettore sappia dove siano stati fino ad un attimo prima Emblematico il caso del personaggio di Sakura, una delle figure prominenti dei primi volumi, che poi sparisce e riappare nelle ultime uscite senza molte spiegazioni. O ancora, è confuso il ruolo dell’esercito e del governo, la cui agenda risulta difficilmente interpretabile.
Anche l'intero apocalittico finale, pur essendo chiaro nel suo messaggio, risulta sbrigativo e tirato via, con intere sottotrame risolte in vignette spesso poco comprensibili e altre completamente dimenticate
Questo fa purtroppo rientrare Narutaru in quella categoria (molto ampia) di fumetti che sono così intenti nel creare un'atmosfera che si scordano che devono raccontare una storia. E tutte le speranze riposte in questo volume finale, affinché tirasse le fila in maniera coerente, si rivelano vane.

Dal punto di vista grafico, il tratto di Mohiro Kitoh si rivela volutamente grezzo e al tempo stesso elegante, lesinato negli sfondi ma accurato e fantasioso nel ritrarre le creature che popolano le pagine del manga.

Da segnalare che questo ultimo volume manca, a causa del grosso numero di pagine di fumetto, l’ampio apparato redazionale che ogni uscita ha avuto; un supporto che ha arricchito la lettura, ma con qualche scivolone, come l’articolo sulla versione animata di Narutaru scritto probabilmente da qualcuno che non aveva mai visto l’anime (tacciato di essere una versione edulcorata del manga, mentre semplicemente copre una parte ridotta della storia), o i redazionali ai limiti del “sensazionalismo” in cui si raccontano i sacrifici fatti per portare Naraturu in Italia, rendendo apposta Kappa Magazine una rivista per adulti (dimenticando che in realtà KM in quel periodo era riempito di materiale al limite del pornografico).


Gianluca Reina
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