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Tex Albo Speciale 22

Tex Albo Speciale n. 22 - SeminolesChe Gino D’Antonio sia stato uno dei migliori sceneggiatori italiani è un fatto non riconosciuto da molti. Lo sostiene Sergio Bonelli e lo sostengono molti suoi colleghi, ma per il grande pubblico del fumetto rimane quasi sicuramente un nome tra i tanti.
I motivi di questo vanno forse ricercati nel fatto che nella sua lunga carriera ha messo la sua firma su serie di indiscusso valore, basti pensare all’epica La Storia del West ma anche alla sfortunata Bella e Bronco, ma non di particolare successo.

Una carriera lunga e fortunata che negli ultimi anni lo aveva visto raccontare le sue storie tra le pagine del poliziesco Nick Raider. Ma per l’autore milanese, scomparso nel dicembre 2006, il dio del fumetto ha riservato un destino uguale a quello di Magnus, quello di dedicare gli ultimi anni del proprio lavoro al personaggio più famoso del fumetto italiano, Tex Willer.
E, come già fece Magnus, anche D’Antonio si mette al servizio dell’eroe prendendo un soggetto non accreditato di Sergio Bonelli e confezionando una storia nella quale il protagonista viene rispettato nelle sue caratteristiche fondamentali e messo al centro di una storia inserita in un contesto poco consueto come quello delle paludi della Florida.

Una storia lunga e articolata, una caccia all’uomo per permettere ad un indiano, accusato di omicidio, di potersi difendere e di poter esprimere le ragioni che lo hanno spinto a commettere quel gesto. Una storia in cui Tex, ranger del Texas e quindi uomo di legge, decide di disobbedire agli ordini ricevuti per seguire l’istinto e la sua innata capacità di saper giudicare gli uomini. Una delle caratteristiche principali del personaggio di Gian Luigi Bonelli e che negli anni ha provocato sterili discussioni su un suo ipotetico orientamento politico.

Da grande conoscitore di quel periodo storico, D’Antonio dedica particolare attenzione nella descrizione degli usi e dei costumi dei nativi americani, del loro modo di pensare, così diverso da quello dei bianchi e nel fare capire che una decisione può essere buona o cattiva a seconda del punto di vista da cui la si osserva. Il consistente numero di pagine permette allo sceneggiatore di sviluppare una trama articolata e con un buon ritmo, nella quale sono soprattutto la psicologia dei personaggi ad essere analizzata con attenzione. Non un capolavoro, ma una storia solida e ben strutturata, sicuramente al di sopra della media degli ultimi anni.

Ad accompagnare D’Antonio in questa avventura c’è la matita di Lucio Filippucci. Autore da anni di Martin Mystère, il disegnatore bolognese affronta le nuove ambientazioni con la sua consueta eleganza e raffinatezza, esaltandosi soprattutto nella rappresentazione della fauna e della flora e delle Everglades e nei particolari abiti degli indiani Seminoles. Come molti suoi colleghi fatica un po’ a trovare la giusta caratterizzazione del volto del protagonista, un volto che offre pochi elementi caratteristici. Ma con il procedere del lavoro si nota una maggiore sicurezza confezionando un albo di pregevole fattura.

Un nome, quello di Lucio Filippucci, che forse qualcuno non riterrà sufficientemente prestigioso da meritare l’onore di essere inserito in questa collana. Un dubbio smentito dai fatti, ma anche se così non fosse nessuno potrà lamentarsi se per una volta questo Texone non sarà associato al nome del disegnatore ma a quello dello sceneggiatore.
Il Texone di Gino D’Antonio.



Federico Castagnola
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