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The Walking Dead 4

The Walking Dead 4Qualcosa striscia dietro di voi. E' un rumore leggero e costante, più un fastidio che un suono.
Un attimo dopo la cosa è già avvinghiata alle vostre caviglie, i denti saldi dentro la vostra carne viva, le mani strette a serrarvi in una morsa.
E voi siete morti.
O forse vivi, vivi nell'animo, spaventati e inquietati ma consapevoli della vostra umanità, del vostro dolore. Che è vita, non morte.

La cosa si chiama The Walking Dead.
Una serie che parla di morte ma che sa essere straordinariamente viva, che non accenna a fermarsi e continua imperterrita a macinare personaggi e trame, spaventandoci.
Alimentando i dubbi che tutti nutrono nei confronti di se stessi.
Lo zombie, da sempre un pretesto per smascherare la persona, spogliarla della sua umanità e poi ridefinirla a partire dalla sua base primitiva e disumana, sa essere un espediente narrativo eccezionale per come si situa perfettamente a metà strada tra il divertissement e la critica sociale.
Nelle mani di Robert Kirkman, lo zombie è un mostro incivile di straordinario impatto sociale, un'arma terribile e letale per far divertire il lettore e allo stesso tempo dilaniare le sue fragili certezze.

Questo quarto volume della zombie saga kirkmaniana sigilla il primo grande arco narrativo della serie e cementifica in noi tutti la certezza che, tralasciando inutili snobismi, ci troviamo di fronte a un capolavoro.
I personaggi di Kirkman, più forti dei loro scomodi fantasmi e ormai impermeabili alla morte stessa, continuano a moltiplicarsi e crescere in complessità psicologica senza che lo straordinario ritmo dell'opera ne risenta minimamente: i dialoghi messi in scena da Kirkman sono così solidi e credibili, così vicini all'esperienza umana che sono essi stessi strumenti ritmici del fumetto, un suo imprescindibile fattore di pathos.
Fusi intimamente con i bellissimi disegni di Charlie Adlard, ormai una garanzia assoluta in termini di quantità e qualità, i testi di Kirkman decollano e danno vita a un ambiente talmente plausibile che viene da chiedersi come faccia l'autore a calarsi così grandiosamente nella parte.
Difficile capire come Adlard possa garantire 22 tavole al mese di questa fattura eccelsa: la composizione della pagina è lineare ma estremamente dinamica e sofisticata, e i suoi personaggi parlano anche con la forza del silenzio.

Kirkman vi sta imbrogliando alla grande.
Vi fa credere che The Walking Dead sia un semplice prodotto di intrattenimento in perfetto stile Image, un seriale divertente e poco pretenzioso da leggere e riporre in cantina.
Invece, sotto la sua pelle commerciale, l'opera rivela un'anima complessa e sfaccettata, autoriale ma anche semplicemente divertente.
La "sobrietà" di The Walking Dead (a partire dal suggestivo bianco e nero) è quanto di più lontano da tutto ciò che l'Image ha rappresentato fin dalla sua nascita: questo raro connubio di utile e dilettevole, di qualità e vendite, è la più grande conquista di Robert Kirkman e il suo lasciapassare per l'olimpo del grande fumetto.

Noi siamo i morti viventi.
Lo siamo nel momento in cui rubiamo la vita ai morti, in cui la lasciamo fluire come fosse morta.
Siamo morti perché viviamo senza rispettare il nostro stesso principio di umanità, la molla che ci rende persone.
Robert Kirkman, a suo stesso dire, non ha intenzione di spaventare. Vuole solo metterci davanti agli occhi l'uomo nudo, spogliato della sua stessa inclinazione al "progresso", delle categorie sociali più becere.
Vuole andare alle radici dell'umano e del sociale, permettendo all'uomo di essere di nuovo padrone di se stesso.


Luca Baboni
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