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Dylan Dog Color Fest 2

Dylan Dog Color Fest 2Dietro una superba illustrazione di Tanino Liberatore, tra i padri fondatori del glorioso movimento "Cannibale" e noto ai più per la sua interpretazione di Ranxerox (personaggio creato da Stefano Tamburini), si apre ai nostri sensi il secondo annuale dell'Indagatore dell'Incubo.
Quattro storie diciamolo subito non allo stesso livello – né di lettura né di qualità intrinseca –, un paio con delle trovate narrative interessanti che le faranno ricordare per certi particolari, tre che si giovano di una prova grafica convincente, una con un'ultima pagina probabilmente superflua, una che secondo il nostro modesto parere funziona poco o nulla.

"Il Pianeta dei Morti" di Alessandro Bilotta/Carmine Di Giandomenico è quella che abbiamo apprezzato maggiormente. Una trama convincente in un possibile futuro del nostro (molto) Old Boy, in un'ambientazione futuribile simile a quella nella quale agisce Ranxerox, omaggiato dal disegnatore della storia in alcune vignette. "Impressionante" è il termine che abbineremmo a quest'avventura: un Dylan Dog provato dalle ferite del passato e poco incline a un eventuale riscatto; un Groucho che non ti aspetti con un lato oscuro davvero notevole. Buono l'apporto coloristico di Emanuele Tenderini e del suo staff: l'aria livida ben si addice alla storia e al disegno ben strutturato di Di Giandomenico.



"Videokiller" di Paola Barbato/Angelo Stano. Il ritorno dell'autrice veronese sul personaggio sclaviano, dopo il periodo sabbatico dedicato ad altre attività, è caratterizzato dall'aggettivo "claustrofobico": la miniatura della stanza con vista sul Big Ben e relativo Dylan inerme sono una caratterizzazione che rammenteremo a lungo. Angelo Stano si produce in una prova interessante più come colorista che come interprete grafico, ma la narrazione non sembrava lasciare briglia sciolta alla fantasia, tanto è incentrata sui rumori ossessivi. I colori a tratti devastanti, a volte usati in un falso fuori registro, sono forse la risposta autoriale alla non eccezionalità della trama.



"Il Mago degli Affari" di Pasquale Ruju/Nicola Mari, il vaso di coccio. Non ci è piaciuto proprio nulla: una storia dove Dylan Dog poteva essere rimpiazzato da qualsiasi altro personaggio talmente è inesistente nella sua essenza. Un Martin Mystère ad esempio avrebbe fatto una figura migliore in questa trama tra esoterismo e modernità. Non aiutano i disegni di Nicola Mari – forse il suo tratto non è l'ideale per una pubblicazione che punta sul colore –, il lettering corsivo non fa della leggibilità il suo punto di forza, e la stessa applicazione del colore dello Studio Tenderini qui non ci sembra particolarmente azzeccata. "Esiliato", il nostro Indagatore dell'Incubo.



"L’Inferno in Terra" di Giovanni Gualdoni/Roberto De Angelis. Torna Gualdoni in una storia "ossessionante" dal gusto agrodolce, in cui il moralismo viene a contatto con una possibile futura realtà dominata dal desiderio di sopraffare la diversità, qui simbolizzata non da una caratteristica prettamente umana, quanto da un anelito superiore. Roberto De Angelis realizza tavole di buonissima qualità tra inquadrature panoramiche spettacolari e intimità lieve. Lo Studio Rudoni è eccelle nel sottolineare il tratto dell'artista campano e manifesta un ottimo gusto nei giochi di luce. L'epilogo grouchiano con pistolotto eccessivamente retorico però stona un po', ne avremmo fatto volentieri a meno.



In definitiva un volume apprezzabile per tre quarti, e di questi tempi non è certamente poco per l'amato personaggio londinese in camicia rossa. Ci piacerebbe esprimere un desiderio per il proseguimento dell'iniziativa editoriale: quanto più sarà possibile, solo storie realizzate da team inediti e/o non troppo convenzionali sulle testate dylandoghiane.



Giovanni La Mantia
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