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Eden 15

Eden 15L'avete visto crescere.
L'avete sentito, toccato, accompagnato. L'avete conosciuto che era un bimbo curioso e fragile, perso negli spazi peruviani; ora, Elia è un uomo.
Un uomo che ha lottato, amato, ucciso, uno che ha imparato contro la sua stessa natura a prendere la vita con forza, nonostante tutti quelli che lo circondano tendano irrimediabilmente a perderla.
Soprattutto, Elia è un uomo che ha coscienza di sé. Uno che invece di lasciare che la vita gli scivoli addosso, ama penetrarla, vivisezionarla, criticarla.
In poche parole, viverla: attraverso il pensiero, espressione intima della capacità dell'uomo di autopercepirsi, di vivere in modo non adattivo; un pensiero che si scontra con il futuro distopico messo in scena da Hiroki Endo, in cui l'umanità è stata vicinissima all'estinzione ma ha saputo risorgere dalle proprie ceneri, più marcia di prima.
Perché l'uomo, si sa, non impara dai propri errori. Se possibile, si stupra fino all'eccesso.

Enoa, invece, non l'avete visto più.
Lui sì che doveva essere il vero protagonista, il perno su cui avrebbe dovuto ruotare il nuovo eden di Hiroki Endo; eppure, è da tempo che di lui sapete poco o nulla.
Come un vecchio amico che se ne va, che vi ha deluso, umiliato e abbandonato.
Eppure, sotto una scorza dura e scheggiata, si intravede un briciolo di speranza. L'idea cioè che i suoi piani, per quanto subdoli e violenti, coincidano con i vostri.
Con l'idea di un futuro migliore.

Il capolavoro di Hiroki Endo arriva al quindicesimo volume senza smettere di stupire.
I personaggi messi in scena dall'autore, pur moltiplicandosi di numero in numero, sono campioni solidi e credibili di quel mondo eccessivo e violento che Endo ama così tanto ritrarre.
Eden sa essere così profondo da lasciare senza fiato, così terribile da lasciare increduli. Un momento è leggero come una piuma, quello dopo tagliente come una lama di rasoio.
E voi siete sempre lì, in mezzo a quel turbine, sballottati da una forza invisibile che si chiama arte e che vi tiene avvinghiati a sé anche quando il gioco si fa troppo duro per resistergli.
Perché Eden sa essere molto pericoloso: Hiroki Endo non ha alcun rispetto per nessuna delle sue creature. La pietà sparisce silenziosa tra le pieghe nere e crudeli della realtà stessa.

Eden ha dialoghi e caratterizzazioni da fumetto d'autore, senza per questo rinunciare alla sua anima tremendamente sexy: l'intreccio è avvincente e mai banale, complesso il giusto, le scene d'azione sono un trionfo di estetica, dinamismo e narratività.
E poi c'è il sangue. Tanto, tanto sangue.
Se questa può ben essere considerata la norma, vale comunque la pena di segnalare la prestazione non brillantissima di Endo al tavolo da disegno, in quest'ultimo numero leggermente al di sotto del suo standard abituale: anatomicamente non sempre perfetto, a volte un po' rigido, in certi casi forse troppo caricaturale (ma questa è una scelta).
Eppure, la sua estrema pulizia e nitidezza, unita alla grande espressività dei volti, suppliscono a qualsiasi disattenzione: i suoi personaggi parlano con il silenzio del corpo.

Poco importa che quest'ultimo numero non sia nemmeno tra i più brillanti della serie: entrare in Eden a spettacolo già iniziato può essere disorientante, e nemmeno consigliabile.
L'opera di Endo va gustata in blocco, con tutte le sue crudeli manifestazioni e il suo intreccio levigato e perfetto; Eden non è fatto di spezzoni, è un vero e proprio mondo.
Forse conviene lasciarlo riposare lì, sulla scrivania, fino a che il puzzle non sarà completo. Per poi leggerselo tutto d'un fiato, e rileggerlo, e rileggerlo ancora, assorbendone ogni più piccola sfumatura.

Eden si sente. Nelle vene.
Mentre leggete, sapete per certo che non ci sono scappatoie, o rifugi. Nulla di già visto o già letto.
Sapete per certo di essere in balìa dei capricci di Endo, del suo modo intenso di raccontare, del sottile equilibrio su cui l'autore gioca l'intera sua opera: un equilibrio che dà e toglie allo stesso, terribile modo.
Non c'è salvezza né redenzione, solo rassegnazione e stupore.
Perché Eden non perdona.


Luca Baboni
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