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Criminal 2: Senza legge

Criminal 2: Senza leggeCome in una Sin City senza iperboli e fuori dall’assurdo, ma concreta e crudele in un modo in cui solo la realtà sa essere, Ed Brubaker ci propone la storia di un’altra vita criminale.
Tracy Lawless è un uomo perseguitato prima di tutto dal ricordo del padre e dall’ombra che esso getta sulla sua vita. Proprio quando pensa di essersi lasciato tutto questo alle spalle, e di essersi conquistato la propria diversità, la notizia della morte del fratello lo fa sprofondare di nuovo in una spirale di onore, vendetta, nome e morte che lo porterà a capire che non c’è salvezza: il crimine è nel sangue.

In questo secondo arco narrativo di Criminal, che pur cambiando protagonisti ha lo stesso contesto e diversi punti di contatto con il primo, Brubaker racconta la tragica ineluttabilità di una nemesi: un destino che perseguita una famiglia di padre in figlio, una colpa che non si capisce bene quale sia, ma che non può comunque essere lavata. Anche la continua opposizione del protagonista nei confronti del ricordo del padre si risolve in una tragica sconfitta e nel dover prendere atto che l’eredità dei Lawless non è qualcosa cui si possa rinunciare.

Il mondo di Criminal è davvero tutto criminale. Tutti i protagonisti e i personaggi di contorno appartengono a quel contesto. L’autorità, le forze dell’ordine, non sono nulla più che elementi narrativi, e tanto meno possono essere considerati gli antagonisti. La partita è tutta giocata tra criminali. Tanto che questa definizione, “criminale”, inizia a perdere senso, non essendo più riferibile al sistema di valori della società “buona” del diritto positivo, la quale scompare. Tutto è giocato all’interno del sistema di regole della malavita, e solo quello diventa il riferimento normativo a cui guardare. Fino a che, come già era stato per Leo in “Codardo”, criminale diventa l’unico uomo che rompe anche queste regole per giocare solo secondo le sue e per i propri fini. Un deviante tra i devianti.

I disegni di Sean Phillips sono in linea con l’opera: non esagerano, non infiorettano, non vanno sopra le righe. Sono essenziali e diretti, e dipingono un mondo urbano segnato e cupo. In un intreccio sinfonico con i testi, chiariscono da subito che il noir è il tono e l’anima della storia. Piacevoli nella semplicità del tratto, sono impreziositi da chine sporche che tendono a sconfinare dal loro posto, quasi a volersi mangiare un altro pezzo di luce. Il tutto scandito da una rigida gabbia di vignette che serra il ritmo e lascia che la storia trovi da sé i suoi climax.


Valerio Coppola
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