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Bigfoot

BigfootBigfoot è come un ululato nella nebbia: potreste ritrovarvi a scappare in preda all'angoscia, o al contrario subirne il fascino magnetico. Difficile resistergli, in ogni caso.

Il Bigfoot messo in scena da Steve Niles e Rob Zombie è così imperscrutabile, imprevedibile e spietato da non lasciare scampo né ai personaggi, né allo stesso lettore; è un mostro nel vero senso del termine, una bestia amorale, totalmente estranea ai principi umani come a quelli della vita animale.
Sotto i suoi piedi pelosi giacciono i resti della sua furia cieca e devastatrice, una furia che non ha nulla di spiegabile e che anzi si presenta come estremamente irrazionale e fine a se stessa.

Difficile che riusciate a farvene una ragione. Difficile anche che la vostra concentrazione venga meno, leggendo Bigfoot.
Due pagine e siete lì, nel vivo della foresta nordamericana, tra le sue ombre e le sue radici, tesi come una corda di violino e prostrati al suo snervante richiamo.

Il mostro è sempre dietro di voi. Dove meno ve l'aspettate.
La sceneggiatura di Steve Niles e Rob Zombie è perfetta perché non ha rallentamenti, né buchi, né difetti: Bigfoot sa essere spietatamente ricercato senza rinunciare a un ritmo frenetico, che è il sale del genere horror.
Il tratto ombroso e penetrante di Richard Corben non solo è perfettamente funzionale alla narrazione, ma ne è anche indissolubilmente legato. Pensare a un Bigfoot spogliato delle matite di Corben è come pensare a un fiore spogliato dei suoi petali.
L'artista si esprime con una forza e un impatto emotivo unici, utilizzando ed esaltando ogni singolo dettaglio: le sue vignette sono come schegge di vetro, le linee cinetiche perfettamente integrate e camuffate nel testo.
L'impressione è che Bigfoot tragga la sua straordinaria forza narrativa anche e soprattutto dalle tavole di Corben, dal suo storytelling incisivo e sperimentale.

Quando guarderete il mostro nell'unico occhio rimastogli, lucente come un diamante, troverete il nulla. Il buio che contrasta la sua luce intrinseca.
Non una scintilla di sentimento, nemmeno una di vita.
L'unica cosa che noterete è una ferocia inumana e apparentemente perversa, ma che perversa non è nemmeno. È soltanto una furia cieca e vuota.
Comincerete a pensare che Bigfoot sia solo l'incarnazione più nera dei nostri fantasmi, in particolare di quelli dei due protagonisti, William Fuller e lo sceriffo Hicks, prima trascinati nel baratro dalla bestia e poi, tramite questa, rinati a nuova vita.
Eppure, alla fine della lettura qualcosa metterà in crisi la vostra pervasiva sensazione di vuoto: la scoperta finale dei protagonisti, l'idea che qualcosa possa appartenere al mostro. E gli abbia dato forza.

Non sfogliatelo, Bigfoot.
Non solo vi rovinereste la sorpresa, ma rischiereste di leggervelo tutto d'un fiato lì, in fumetteria.
Compratelo e basta, e alla fine della lettura sarete definitivamente rapiti da quelle pagine dense, dalla storia immortale della creatura che vagava per i boschi.


Luca Baboni
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