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Aldébaran

AldébaranEcco il primo ciclo di una serie ancora in piena produzione, inglobato nella serie-ombrello I Mondi di Aldébaran, che comprendono attualmente i 5 volumi che costituiscono Aldébaran, altri 5 denominati Bételgeuse, che di fatto è l'evoluzione naturale del primo story-arc, e il nuovo step dal titolo Antarès, che vede al momento un solo tomo all'attivo sugli ormai soliti 5 preventivati.
Dopo la pubblicazione in libri singoli per i tipi dell'Eura Editoriale nella collana Euramaster, la Planeta DeAgostini ci presenta adesso l'integrale della prima fase di avventure in una edizione piuttosto curata: buona la stampa, brillanti i colori, eccellente la carta, volume solido.

Luiz Eduardo de Oliveira, brasiliano da svariati anni di stanza in Francia e noto con l'acronimo-pseudonimo Léo, qui autore unico, costruisce una saga avvincente e affascinante, una sorta di film di science-fiction ecologica ma per immagini disegnate.
Per questo gli perdoniamo un tratto non sempre sicuro nelle fisionomie e una certa propensione alla ridondanza dei dialoghi che a volte rallentano la visione della tavola completa. D'altra parte gli riconosciamo un'immaginazione debordante nel creare la fauna e la flora, nonché personaggi carismatici.

Aldébaran è un pianeta colonizzato con molti retaggi terrestri nell'abbigliamento, nelle abitazioni e nella tecnologia paramilitare. Simile alla Terra, ma con differenze sostanziali quali il misterioso bestiario fantastico.
Il sistema politico è simile a quello dei regimi totalitari con estremismi religiosi che pesano nella vita di tutti i giorni.
La storia è ambientata in un prossimo futuro in una colonia lasciata alla deriva, e sintetizzando si può dire che tratta di un gruppo di persone che si ribellano alla dittatura al potere, o ancora: giovani personaggi a stretto contatto con una squadra di biologi che ha scoperto uno straordinario segreto che il regime di governo vuole utilizzare per i suoi scopi.

L'incipit: Kim Keller e i suoi giovani colleghi assistono ai corsi del centro scientifico di Arena Blanca quando una strana creatura marina si spiaggia.
Nello stesso tempo Marc Sorensen è in mare in compagnia del padre e di suo fratello Tom quando scoprono un misconosciuto pesce abissale morto. Non essendo in grado di prenderlo a bordo, ne parlano agli amici dopo il loro ritorno e uno straniero annuncia la sua teoria in proposito a questi strani fenomeni: ci sarebbe la presenza di un rarissimo animale marino che potrebbe diventare pericoloso per le sorti del villaggio e quindi consiglia di abbandonare il luogo, suscitando un generale dissenso.
Seguono avventure tanto incredibili quanto rocambolesche in un mondo fascinoso e piuttosto ben caratterizzato.

La Mantrisse, il motore del volume e vera essenza dello sense of wonder che imperversa nell'intero corpus, è una misteriosa creatura che muta forma e attitudine secondo le intenzioni – mite coi buoni, crudele coi cattivi.
Léo ci presenta non eroi tutti d’un pezzo, ma personaggi vulnerabili e sensibili, che si lasciano prendere dallo sconforto quando la situazione sembra disperata. È possibile riconoscersi in loro e parteggiare per chi ci è più simpatico piuttosto che per il potere opprimente.

Veniamo alle note dolenti, in primis quella immediatamente riconoscibile: la legnosità del tratto nella riproduzione delle figure umane, con conseguente carenza nell'espressività delle persone. Il colore maestoso mitiga alcune imperfezioni nell'inchiostrazione, ma non riesce a dare volume alla rigidità espressiva. Di contro, i paesaggi e la fauna sono riprodotti in maniera realistica, se questo bestiario può essere definito reale.
Le altre pecche sono nella sceneggiatura, ma nell'arco di cinque volumi (e ancor di più nella saga complessiva) si mimetizzano abbastanza.
Ad esempio la mancanza di spiegazioni a proposito della Mantrisse, elemento portante della serie: c'è un centro di studi che si occupa di lei, ma chi legge non è edotto su quale sia il grado di conoscenza.
O ancora, la detenzione di Marc e la contemporanea vicenda di Kim e di sua sorella non sono granché sviluppati, non ci è dato sapere cosa sia successo nei tre anni che intercorrono tra una parte e l'altra della saga.

Anche se la storia si sviluppa lungo quasi 250 tavole, il finale sembra affrettato con il classico trionfo del bene sul male. Ciò nonostante la stessa trama quasi ci nega la possibilità di staccarci dal volume, che si lascia leggere integralmente in circa un'oretta e mezza, col proposito di tornare a ritroso per rivedere – più che rileggere – alcune scene che l'abbondante dose di dialoghi ci aveva fatto godere poco nel momento della lettura.
In definitiva uno spettacolo che fa bene. Vi consigliamo di salire già adesso sulla navetta in attesa di Bételgeuse.


Giovanni La Mantia
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