Menu

Silver Surfer: Requiem

Silver Surfer: RequiemSi è sempre parlato di Silver Surfer come di un personaggio un po' filosofo. Eppure, a ben guardare, la definizione sembra superficiale. Silver Surfer non sviluppa un pensiero rigoroso e sistematico basato su precise categorie. Piuttosto, lo si potrebbe definire un personaggio riflessivo. È un uomo esposto alle immensità della natura e agli abissi dell’umano, di fronte alle quali, pur con tutto il suo potere, è impotente. In questa condizione, Norrin Radd è costretto a porsi delle domande, a esplicitare i dubbi dell’essere umano di fronte a quelle immensità e alla propria natura. È costretto, in altre parole, a riflettere ciò che proviene da fuori, quasi la sua pelle d’argento fosse metafora di questo, oltre che della sua purezza.

In Requiem è questo il centro dell’attenzione. Recuperando tale elemento dalle storie di Stan Lee e John Buscema, J.M. Straczynski coglie in pieno l’essenza del personaggio, e lo porta nel classico viaggio che è insieme esteriore e interiore. Lungo il cammino, Silver Surfer ha modo di esprimersi proprio attraverso il confronto con gli altri personaggi, che lo portano a deviare il proprio tragitto e ad agire. Straczynski è bravo a rendere l’interiorità e l’immensità anche attraverso una prosa estremamente lirica.

Altro elemento giustamente recuperato dall’autore è la dimensione messianica di Silver Surfer, vero e proprio leit motiv della storia già a partire dal titolo dei vari capitoli. Norrin è portatore di un messaggio di pace, ma è anche salvatore e capro espiatorio: per far sì che la propria gente possa continuare a vivere, si accolla un male che lo porterà ad un esito quanto mai definitivo. A rendere eroico il personaggio è prima di tutto la sua consapevolezza, che lo avvicina davvero all’archetipo del Cristo a cui in modo esplicito si ispirarono i suoi creatori.

Completano l’opera le illustrazioni di Esad Ribic, che risultano solenni e marmoree, tanto da andare, a tratti, a scapito della vitalità delle immagini. Forse è questo il vero difetto della miniserie. Ribic è senza dubbio padrone di una tecnica di ottimo livello, ma l’uso di volumi compatti e di una tavolozza in cui prevalgono i toni freddi, alla lunga lo rende monocorde, fiaccando la resa complessiva dell’opera.

In definitiva, un bel volume ricco di stimoli, che narra con rispetto un personaggio interessante, dimostrando di averlo compreso.


Valerio Coppola
Torna in alto