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DMZ 2

DMZ 2 - Il Corpo di un GiornalistaÈ un anno che Matthew Roth è ospite consapevole della DMZ, la De-Militarized Zone, un campo neutro al centro di un conflitto che inizia lentamente a cambiare volto.
Matthew sta temprando il suo carattere e prova a prendere confidenza con il posto, ma nello stesso tempo comincia a rendersi conto delle falsità e delle ipocrisie che sottendono alla guerra: un collega in precedenza creduto morto diviene ora il centro nevralgico del conflitto, e rischia di essere strumentalizzato per spostare vigliaccamente l'equilibrio delle forze in campo da una parte o dall'altra.
E quando Matthew comincerà a volersi guadagnare un proprio spazio e l'indipendenza dal network, capirà di essere tragicamente divenuto parte del sistema, un mero strumento della guerra, una sua appendice, un chiavistello da utilizzare come arma.
E la DMZ, inevitabilmente, si mostra per quello che è: un tassello sacrificabile, un agglomerato di paria, il ventre molle del conflitto.

DMZ comincia finalmente a prendere corpo, dopo il mezzo passo falso del primo volume. I mali che affliggevano i primi episodi della serie tendono qui a stemperarsi, senza minare troppo la lettura, e le buone idee che si intravedevano già allora trovano qui uno spazio adeguato in cui esprimersi compiutamente: i protagonisti cominciano ad acquisire un peso in termini di caratterizzazione e personalità, e le ingenuità di Brian Wood a livello di sceneggiatura sono meno marcate, anche se a volte rimangono delle perplessità su alcuni repentini cambi di scena senza soluzione di continuità.
Riccardo Burchielli rimane un talento: il suo tratto è espressivo, morbido, dinamico, anche se a volte lascia un po' perplesso per quanto riguarda lo storytelling. Giusto lasciarlo crescere.
L'impressione, comunque, è che il bianco e nero di Garrett sapesse valorizzare di più il suo segno, un po' mortificato dai brutti colori di Jeromy Cox e dalla ferrea legge della serialità.

Deliziosa, infine, la storia sul passato di Zee disegnata da Kristian Donaldson, che quando prende in mano la matita si dimostra personale e narrativo come pochi.
Inutile invece il report del dodicesimo numero americano, che avrebbe l'intento di dare spessore al mondo di DMZ ma che in realtà aggiunge poco o nulla alla cornice della serie, che ha comunque delle notevoli potenzialità in termini di possibilità narrative.

Lasciate che DMZ si sedimenti, che abbia la possibilità di sviscerare lentamente ogni sua più piccola sfumatura; dategli tempo.
Probabilmente - ma questa è solo una sensazione - verrete ripagati.


Luca Baboni
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