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Alice in Sunderland

Alice in SunderlandIl fumetto si è definitivamente emancipato.
E l'ha fatto attraverso una delle sue punte di diamante, quel Bryan Talbot già autore de Le Avventure di Luther Arkwright, La Storia del Topo Cattivo, Cuore dell'Impero, un fumettista che è sulla cresta dell'onda da quarant'anni, uno di quelli che ancora stupisce.

Quando un medium si esprime attraverso un linguaggio maturo e ostenta una perfetta padronanza di sé stesso, prodigandosi in precise e dettagliate analisi storico-culturali, significa che si è liberato dei suoi pregiudizi e delle sue ataviche ingenuità, e ha, inevitabilmente, coscienza di sé: Alice in Sunderland è l'espressione più raffinata di un lungo processo storico di affrancamento, che ha avuto il merito di spingere il fumetto all'estremo, o semplicemente di offrirgli la possibilità di esprimersi compiutamente.

Talbot trascina il lettore attraverso le strade di Sunderland, una città di importanza storica situata nel Nord-Est dell'Inghilterra.
Alice in Sunderland è un saggio imponente che procede su due binari paralleli: da un lato racconta la vita di "un genio e della sua musa", e dello splendido lascito che questo intenso rapporto ha prodotto, dall'altro non è che la storia di una città che, secondo Talbot, è nient'altro che un microcosmo dell'Inghilterra intera.
Il genio è nientemeno che Lewis Carroll - al secolo il reverendo Charles Lutwidge Dodgson - e la sua musa è la ragazzina Alice Pleasance Liddell, conosciuta dai più semplicemente come Alice.
L'intento di Talbot è quello di dimostrare i forti legami tra Carroll e la città di Sunderland, e nel contempo mostrare come la città e i suoi abitanti (i "Mackem") abbiano saputo incarnare, nei secoli, la vera essenza della storia e della cultura anglosassone.

Il volume è un turbine di nozioni, a tratti un po' pedante, a tratti entusiasmante, ma sempre preciso, accurato, ricco, (auto)ironico.
Dal punto di vista grafico è un tripudio: sgargiante, raffinato, spesso un collage di fotografie ritoccate – quando la storia e la raffigurazione accurata dei posti devono avere la precedenza – ma sempre unico nella resa stilistica.

Ma Alice in Sunderland non è un fumetto per tutti: la lettura richiede tempo, concentrazione, dedizione, e a tratti – inutile nasconderlo – il libro annoia anche un po', quando scade in un eccessivo nozionismo.
Ciò che mina realmente il lavoro di Talbot è il fatto che alla fine del libro si ha la sensazione che l'autore non tiri davvero le fila della vicenda, e tutta l'impalcatura di nozioni da lui così abilmente costruita – l'idea di Sunderland come microcosmo dell'Inghilterra e come sostrato culturale che diede vita ad Alice nel Paese delle Meraviglie –, più che su prove vere e proprie, si fonda su indizi e fortunate coincidenze, a cui è l'autore stesso ad attribuirvi un significato.

Ciò nonostante, nelle tante e dense pagine che costituiscono il volume – più di trecento – Talbot ricostruisce accuratamente e con grande mordente la vita di un autore geniale, e il modo in cui è lentamente venuta alla luce la sua opera più importante; un'opera che, come una matrioska, prende forma nella fervida cultura della città di Sunderland per poi finire a pervadere – e lo farà per sempre – l'immaginario collettivo.

La vera, grande intuizione di Talbot è l'idea che Alice nel Paese delle Meraviglie sia un prototipo di fumetto: un libro pensato per le splendide illustrazioni di John Tenniel, scritto con quelle illustrazioni in mente, e avaro di qualsivoglia escursione descrittiva delle scene o dei personaggi.

Difficile dare un voto.
E difficile è non rimanere rapiti dall'elegante lavoro di Talbot, anche solo sfogliandolo, anche solo tastandone con mano la raffinata cura editoriale.
Prima che un fumetto, Alice in Sunderland è semplicemente un oggetto prezioso, da possedere.


Luca Baboni
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