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Siberia

SiberiaPer raccontare la sua vita, Nikolaj Maslov ha letteralmente violentato il suo timido temperamento per imporsi con la forza, che in questo caso è sinonimo di determinazione.
L'unico modo che aveva per terminare il suo progetto era presentarsi a una casa editrice chiedendo un congruo anticipo, un aiuto per potersi mantenere mentre raccontava la sua storia con la matita in pugno, come fosse un grimaldello per raggiungere la tanto agognata libertà d'espressione.
Siberia nasce così, con le stimmate del coraggio.

Maslov ci racconta della sua amata Siberia, fatta di paesaggi innevati e sterminate foreste, e contemporaneamente ci offre uno spaccato lancinante dell'Unione Sovietica, in tutte le sue contraddizioni e sofferenze.
Il tratto di Maslov sfugge alle categorizzazioni, perennemente in bilico com'è tra un approccio naïf e uno più realistico: è espressione di un lavoro lungo, sofferto, sempre in evoluzione.
L'autore si è totalmente inventato una professione: chiuso nelle stanze delle accademie sovietiche, alle prese con la ricerca del Bello stucchevole, o almeno di ciò che il Partito gli proponeva come Bello, Maslov ha saputo improvvisarsi fumettista senza avere mai letto un fumetto.
E ci è parzialmente riuscito: la composizione della pagina è semplice e lineare, la leggibilità ottima, le inquadrature d'effetto.
"Un'immaginazione sana trova sempre il modo di esprimersi in forme semplici, accessibili a tutti. I messaggi cifrati, l'ermetismo di ogni genere sono l'appannaggio di persone ambiziose e ignare, e quindi nocive per la società": queste parole, che l'autore proferisce nel libro, sono anche il manifesto lampante della sua cifra stilistica.

Tuttavia il grigio opprimente della matita di Maslov tende anche ad appiattire gli spazi e a rendere i volti scarsamente riconoscibili; inoltre la sceneggiatura risulta un po' singhiozzante e non dà mai la sensazione di scorrere fluida.
Siberia sembra più che altro una collezione di diapositive, scatti coraggiosi che sanno cogliere degli attimi dilatati, quotidiani, spesso e volentieri tragici.

Con tutti i suoi difetti, l'opera di Maslov custodisce però un grande pregio: è storia.
Le duecento pagine del racconto trasportano il lettore nell'immensità degli spazi siberiani, e lo conducono attraverso lo smantellamento dell'Unione Sovietica e la ricostruzione di un Paese allo sbando su presupposti solo apparentemente moderni.
In tutto questo traspare la fragilità della persona umana, schiacciata da forze sovrumane, trasportata dal branco, persa nelle pieghe di un sistema che ha avuto il demerito di voler a tutti i costi soggiogare l'individuo per piegarlo alle proprie esigenze, senza alcuna possibilità di scelta o redenzione.
E alla fine del libro ci si accorge, come si è accorto anche Maslov, che il rinnovamento tanto ricercato e ostentato puzza terribilmente di imbroglio, un imbroglio che prende il nome di sfruttamento: ciò che rimane sempre e comunque è la miseria, l'abbrutimento, la lotta per la vita, la prevaricazione, la voglia di farsi sentire.
E la vodka tragicamente diventa, in Russia come in America, l'unico rimedio alla fragilità dell'esistenza.


Luca Baboni
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