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Medz Yeghern, il Grande Male

Medz Yeghern, il Grande MaleCi sono incredibili fatti di sangue che si perdono inspiegabilmente tra le pieghe della storia. Genocidi, stermini, deportazioni… tragedie di proporzioni enormi il cui ricordo è sacrificato sulla scacchiera del delicato equilibrio della politica mondiale.

Tra il 1914 ed il 1919, mentre l’Europa era sconvolta dal primo conflitto meritevole di un aggettivo globale e totalizzante come quel “Mondiale” che la identifica, il triumvirato che guidava la Turchia approfittò del caos che distraeva l’opinione pubblica del mondo per attuare una strategia di eliminazione scientifica della minoranza armena. Lo sterminio fu attuato attraverso tre sanguinosi passaggi: nella primavera del 1915 furono epurati l’esercito e i rappresentanti politici, nell’estate dello stesso anno furono perseguitate tutte le figure di spicco e gli uomini che avevano l’età per arruolarsi, immediatamente dopo ebbe inizio la deportazione delle donne, degli anziani e dei bambini tutti costretti a pellegrinare senza meta e senza alcuna speranza, se non quella di una morte rapida e indolore.

Una strategia di eliminazione tremendamente sanguinosa ed efficace, attuata grazie anche al complice silenzio dell’alleato tedesco (che dopo poco meno di un ventennio avrebbe messo in pratica la lezione appresa in Turchia procedendo allo sterminio sistematico della popolazione ebrea); una strategia che in poco più di dodici mesi condusse alla quasi totale scomparsa della minoranza armena che registrò oltre un milione e mezzo di morti.

Impressionato da questa incredibile storia di follia e umana sofferenza, Paolo Cossi decide di realizzare questo libro. Con un approccio a metà tra il reportage e il romanzo di formazione, Cossi allestisce una struttura narrativa composta di otto capitoli nei quali alterna la ricostruzione dei fatti (senza tralasciare alcune delle più bieche brutture messe in atto dai soldati turchi) alla narrazione della disperata fuga di un sopravvissuto dell’esercito armeno (aiutato a sua volta da un dissidente turco) verso una amarissima salvezza. Per rafforzare la narrazione, Cossi alterna con maestria i passaggi dalla narrazione dei fatti alle testimonianze di coloro che, pur rischiando tutto, non potevano voltarsi incuranti da un’altra parte e che quindi tentarono, con tutti i mezzi a propria disposizione – invero, non sempre efficaci – a contribuire alla cessazione delle ostilità o alla conservazione della memoria dell’esistenza di un popolo annientato.

Non meno degni di nota i disegni di Cossi che, come già ci aveva mostrato sulle pagine di Storia di Mara, esprime tutta la sua abilità adottando differenti stili grafici e dando, nel contempo, dimostrazione di una versatilità e di un’abilità assai rara. I tanti differenti stili adottati nel corso della narrazione non rappresentano un freddo esercizio di stile, ma un chiaro tentativo (a nostro parere ben riuscito) dell’autore di comunicare i suoi sentimenti contrastanti al lettore. Non a caso le scene più cruente ci vengono rappresentate attraverso una rappresentazione buffa e caricaturale dei personaggi; uomini e donne che nei momenti di maggior sofferenza assumono sembianze inumane e disperate in grado di richiamare nella nostra memoria opere come il grido di Munch o Guernica di Picasso, suscitando in noi sensazioni di fastidio e irrequietezza analoghe a quelle suscitate da quei capolavori.

Medz Yeghern, il Grande Male non è un’opera scevra da difetti (come è stridente il grottesco e divertito omaggio che Cossi fa a Hugo Pratt e al suo Corto Maltese) e non sempre riesce a calibrare con il giusto dosaggio le due anime narrative che l’autore ha cercato di infondere in essa. Uno squilibrio che ci sembra avvertire soprattutto tra la prima parte, nella quale ci sembra si indugi un po’ troppo sulle brutture dello sterminio, e una seconda parte in cui si narra, in maniera un po’ troppo affettata, della fine del martirio, della giustizia impartita dalla corte marziale dei crimini contro l’umanità e del riscatto del popolo armeno.
Ciò nonostante questi sono difetti veniali che forse accentuano ancor di più la sensazione di avere tra le mani un’opera sentita, realizzata con il cuore e non per bieco calcolo commerciale. Un’opera dunque meritevole di attenzione che ci sentiamo di consigliare senza riserbo.



Stefano Perullo
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