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Murena

MURENA - IL POTERE E LA GLORIA in 100% Cult Comics (Panini Comics, pp. 192, colori, € 15) testi di Jean Dufaux, disegni di Philippe Delaby

La serie Murena, creata dalla penna di Jean Dufaux e dalle matite di Philippe Delaby (suoi anche i colori) è una serie che riesce ad accattivare il lettore, senza però entusiasmarlo. Colpa forse dell’eccessiva aderenza ai fatti e alla storia e di una certa freddezza che l’opera lascia come retrogusto, nonostante il considerevole lavoro dei due artisti. L’opera raccoglie in un unico volume i primi quattro capitoli della serie e dosa in calibrata misura le vicende storiche che si verificano all’indomani della salita al trono di Nerone (54 d.C.-68 d.C.) con uno stile da veri e propri addetti ai lavori. La prefazione di Micheal Green, consulente storico del film Il gladiatore e prefatore eccessivamente entusiasta dei risultati raggiunti dai due artisti (forse perché memore delle distorsioni storiche del film a cui ha collaborato), punta tutto sulla veridicità delle vicende narrate e su come, di fronte alla varietà e alla depravazione dell’animo umano, poco gli autori abbiano dovuto concedere alla fantasia. D’altra parte, Dufaux è autore versatile nei generi ed essenziale nello story-telling; Delaby non è invece nuovo al genere storico e alla resa realistica delle immagini. L’intrigante copertina gioca su un rinvio intertestuale: la statua che si affaccia dietro un drappo rosso, decorato in caratteri dorati, è un simulacro femminile che delinea chiaramente le fattezze di Agrippina Minore, ma che rinvia anche a Mercurio, unica divinità in un pantheon abitato da uomini divini in carne e ossa, messaggero e consulente nei momenti di indecisione del giovane Nerone.

I quattro capitoli che scandiscono questa prima serie denotano un’evoluzione costante. Le didascalie, più numerose all’inizio, si vanno diradando e i dialoghi si fanno più snelli e funzionali alle descrizioni delle situazioni e degli stati d’animo, anche perché, contemporaneamente, i disegni seguono la stessa parabola evolutiva e riescono a raccontare quello che le parole lasciano tra il detto e il non detto. La linea si fa più claire ed elegante, i colori più sfumati, meno aggressivi e meno decisi man mano che ci addentriamo nel vivo della storia, per poi ritornare alle tinte forti delle prime pagine.
Ma Murena è un fumetto storico nel senso pieno del termine. È costruito con sapienza e meticolosità, guarda sempre alle fonti che ci hanno restituito la cifra di uno dei Caesares più discussi della storia, cita in nota le discordanze rispetto alla veridicità di quanto i documenti ci hanno tramandato. Rispetta la storia e lascia trapelare poco di quello che essa, proverbiale magistra vitae, non ha osato rivelare. È il personaggio storico di Lucio Murena, però, a dare il titolo alla serie, segno che l’attenzione deve per forza catalizzarsi sul figlio di Lollia Paolina, amante dell’imperatore Claudio. Unico personaggio positivo, ad esclusione del fedele nubiano amico del piccolo Britannico, Murena è l’anti-Nerone per eccellenza. Tanto quello è capriccioso e disumano, avido di gloria e vendicatore, quanto l’altro è equilibrato, coerente, animato solo dal fuoco della vendetta nei riguardi della ingiusta morte della madre. L’unico in grado di rivaleggiare col divino Cesare e capace di sostenere lo sguardo di sfida, tronfio e superbo, dell’ultimo discendente della famiglia giulio-claudia.

I due autori infatti sanno bene che, in fondo, di Nerone si sa tutto. Si conosce la sua passione per le arti, la sua megalomania, il suo interesse per le belle donne, la sua fragilità di fronte alla seduzione esercitata dalla madre. La sua ‘pazzia’ lo conduce ad incendiare Roma e ad accusare i cristiani (64 d.C., ma questo non è episodio raccontato dalla coppia Dufaux/Delaby), ad allontanare Seneca, suo maestro e precettore, e a ordinargli di darsi la morte (65 d.C., ma anche questo evento per ora è taciuto perché non rientra nell’arco temporale della storia raccontata in questo volume), ad allontanare i suoi nemici in amore con l’abbaglio del governo in Lusitania (quando Otone diventa amante della propria moglie Poppea!), a macchiarsi della tremenda infamia del matricidio (59 d.C.). Già all’epoca, infatti, e nonostante le trame e i segreti di palazzo, diverse pasquinate (la pubblicistica anonima dell’antica Roma) dipingono Nerone come un assassino e un matricida, incapace dal punto di vista politico perché troppo impegnato ad indire ludi e a parteciparvi come concorrente, cantore appassionato, cultore dell’arte greca, rivale di Apollo nelle arti. Il suo entourage, sempre molto fitto, si riduce drasticamente nei momenti di crisi della res publica. Basta controllare rapidamente su un qualunque manuale di liceo e si constaterà che non uno di questi personaggi è sopravvissuto a Nerone. Uno solo, in verità, riuscì a sopravvivere (e Dufaux ce lo conferma, seppur in nota): la maga e avvelenatrice Locusta.

Il popolo romano e gli abitanti delle provincae sapevano tutto e, maliziosamente e in forma rigorosamente anonima, scrivevano per le vie di Roma quei versus populares che ora sono fondamentale testimonianza di quello che la storiografia ufficiale non racconta. Cassio Dione, Tacito, Svetonio, l’amico e biografo personale Lucano (che pagò con la vita questa pericolosa amicizia) spendono pagine e pagine dei loro resoconti ufficiali sulla sua figura, così simile a quella di Caligola, sulla madre, su Locusta, su Poppea Sabina, sulla povera Ottavia, su Britannico, su Claudio, su Seneca, su Petronio. Raccontano tutto, ma a volte non accettano le dicerie che il popolo divulga a mezza voce. Questi frammenti, allora, sopravvissuti grazie alle testimonianze dei grammatici solo per rendere conto dell’evoluzione linguistica , dànno il sale che mancava agli annali del tempo.

La storiografia dell’età dei Cesari era sempre al servizio del potere, non dimentichiamolo. Si faceva storia anche per lodare «le magnifiche sorti e progressive» di Roma, nonostante il monito di Polibio sulla necessaria rotazione degli imperi. Compreso quello romano. Si faceva storia, scrivendo nelle stanze vicine a quelle dei Caesares; si faceva storia e si lodava quest’imperatore, piuttosto che l’altro, perché si doveva legittimare la salita al trono del generale di turno (il 69 d.C., successivo alla morte di Nerone, è infatti ricordato come l’anno dei quattro imperatori, a dimostrazione di quanto potesse il potere dei pretoriani e dell’esercito nella nomina di un dux di un impero in sfacelo). E si pretendeva anche di fare filosofia. Seneca non abbandonò mai la speranza di mettere sul trono un suo discepolo, se non negli ultimi anni di vita quando ormai il velo di Ate era scivolato dai suoi occhi. Nerone fu l’esempio del perfetto imperatore per poco più di un lustro (il quinquennium Neronis) e sembrò per un po’ incarnare quelle doti che il suo maestro non si stancava di coltivare nello stravagante allievo. Poi il potere e le gloria presero il sopravvento e neppure lui, il filosofo stoico, il saggio che scriveva a Lucilio lettere tanto assennate, lo scialacquatore di ricchezze che predicava la morigeratezza ma viveva tuttavia nel lusso, alla fine riuscì a scampare alla crudeltà dell’imago vivente del potere.

Murena è insomma un fumetto che insegna molto più di cento pagine di manuale; un compito, quello didascalico, che a volte questo medium assolve con leggerezza, altre volte con più difficoltà. Al lettore l’ardua sentenza.


Nadia Rosso


Andrea Antonazzo
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