Menu

Città di vetro

CITTA' DI VETRO (Coconino Press, 144 pagine, b/n, brossurato, 14 euro). Testi di Paul Karasik, disegni di David Mazzucchelli

Daniel Quinn ha perso tutto, la famiglia, gli amici, l’entusiasmo, e ora scrive romanzi gialli con lo pseudonimo di William Wilson. Un giorno riceve la telefonata di un tale che richiede i servigi di un investigatore privato chiamato Paul Auster. Daniel Quinn non immagina nemmeno che (nel mondo reale) Paul Auster esista davvero e sia l’autore, tra le altre cose, di un racconto dal titolo Città di vetro con Daniel Quinn come protagonista. L’unico investigatore privato che conosca è Max Work, il personaggio principale dei gialli di William Wilson. Tuttavia, Daniel Quinn non ha niente da perdere: così si finge a sua volta il detective Paul Auster, nel tentativo di dare un senso alla sua vita vivendo (e scrivendo) una storia senza senso. Ad assoldarlo, una donna: la moglie di Peter Stillman, colui che rimase isolato per nove anni perché suo padre voleva insegnargli una lingua lontana dal mondo, una lingua universale, la lingua di Dio. Sono passati tredici anni dalla liberazione di Peter, ma ora suo padre é tornato e vuole vendicarsi di lui. Inizia così per Daniel Quinn (o meglio per Paul Auster) una folle ricerca per le strade di New York, un non-luogo labirintico e cangiante, pieno di segnali che rifiutano di essere compresi.

Nato da un’idea di Art Spiegelman (Maus, L’ombra delle torri) e tratto dall’omonimo racconto di Auster che apre la Trilogia di New York, Città di Vetro è un piccolo capolavoro di meta-narrazione che propone profonde riflessioni sugli scopi e le ambiguità del linguaggio. In una trama densa e intricata dove i nomi si mischiano di continuo alle cose, a volte per smentirne il senso, a volte per suggerire nuovi e sfuggenti significati, l’indagine del Private Eye Daniel Quinn (Occhio Privato ma anche Io Privato del racconto, coscienza senza esistenza che copre un’infinità di ruoli fittizi, fino a perdersi completamente in se stessa) si snoda senza una direzione logica, affidandosi al caso e alle forme mutevoli di una città scritta su fogli di carta destinati a finire. Lo spazio narrativo è ben regolato da David Mazzucchelli (Daredevil: Born Again, Batman: Year One, Big Man) che, coadiuvato ai testi da Paul Karasik, riesce a cogliere con efficacia le derive simboliche del noir atipico di Auster, con un disegno semplice e espressivo e soluzioni grafiche innovative. Il risultato è un racconto che non si limita a una mera riduzione ma dà sostanza visiva al mondo dello scrittore statunitense, muovendosi nel confine labile che separa simbolismo e spazialità, soggettività e oggettività, fino a spingersi oltre il suo buio, nell’assenza di senso, la fine delle parole e della realtà.



Davide Scagni
Torna in alto