Dylan Dog Albo Gigante 12
- Scritto da Redazione Comicus
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DYLAN DOG Albo Gigante 12 (brossurato, 240 pagine, bianco e nero, € 5,20, Sergio Bonelli Editore) testi di Tito Faraci; disegni di Giovanni Freghieri VOTO 7,5/10
Sono passati quindici anni da quando, in occasione del quarantennale di Tex, la Sergio Bonelli Editore decise di festeggiare adeguatamente il compleanno del suo ranger dedicandogli un albo speciale dal formato extra-large. Nasceva così il “Tex Albo Gigante”, meglio noto come “Texone”. Doveva essere un’ iniziativa “una tantum”, destinata solo a celebrare un evento straordinario, ma il successo dell’iniziativa fu tale da “costringere” Via Buonarroti a rendere quello col Texone un appuntamento annuale. E ben presto, inevitabilmente, arrivarono albi giganti anche per gli altri personaggi di punta della scuderia Bonelli. Il primo, ovviamente, fu il “Dylandogone”, ormai giunto al suo dodicesimo appuntamento. Ma se il texone ha sempre conservato un carattere di straordinarietà (basta solo scorrere l’elenco degli artisti coinvolti: Buzzelli, Magnus, Ortiz, Bernet, Parlov, Wilson, Font, Kubert, Milazzo solo per citarne alcuni) lo stesso non si può dire per gli albi giganti dedicati agli altri personaggi. Sia Nathan Never che Martin Mystére che Dylan Dog, infatti, raramente hanno avuto il privilegio di vedere affidato il loro “balenottero” a grandi nomi del comicdom mondiale, e quasi sempre sono stati realizzati da autori “abituée” delle serie regolari. Inoltre, soprattutto il Dylandogone ha avuto spesso sommari quantomeno discutibili (mi riferisco alle frequenti raccolte di storie brevi che, francamente, potevano trovare altrove una più idonea collocazione senza occupare –e sprecare- inutilmente le 240 pagine dell’albo gigante). Fortunatamente, negli ultimi anni la tendenza si è invertita, e i recenti “Dylandogoni” sono stati imperniati su singole lunghe storie. Se però ne escludiamo una, scritta da Robin Wood, anche questi ultimi volumi sono stati comunque realizzati da autori già visti sulla serie regolare. Non fa eccezione questo dodicesimo albo gigante, disegnato da Freghieri (una delle matite storiche di Dylan Dog) e scritto da quel Tito Faraci già visto più volte sulle pagine dell’Indagatore dell’Incubo (suo anche il Dylandogone del 2001). Niente di nuovo quindi? Tutt’altro. La presenza di Faraci infatti, oggi più di ieri, è sufficiente da sola a rendere l’albo un piccolo evento. Per i pochi che non lo sapessero, in questo momento Tito Faraci è, senza paura di esagerare, “semplicemente” il miglior sceneggiatore italiano in circolazione. Un autore brillante, profondo e mai banale, ma soprattutto un autore capace di spaziare tra i generi con una facilità disarmante. Il suo curriculum è impressionante: da Lupo Alberto a Diabolik, da Topolino a Zagor, da Nick Raider all’ Uomo Ragno. E anche con questo Dylandogone Faraci non delude le aspettative. Quella che realizza insieme a Freghieri è, se vogliamo, una storia “classica” dell’indagatore dell’incubo: col “solito” serial killer, la “solita” fidanzata, la “solita” Scotland Yard che brancola nel buio, con nemici gia visti e situazioni già conosciute. Eppure, quella che Faraci riesce a tirar fuori è una storia avvincente, spesso toccante, dove suspence, humor, paura e buoni sentimenti si alternano magistralmente, accompagnando piacevolmente il lettore fino all’ultima vignetta. Proprio in questo punto sta forse uno dei più grandi meriti dello sceneggiatore, che è riuscito a non cadere in uno dei più frequenti difetti degli albi giganti di casa Bonelli: quello di “stiracchiare” storie normali, storie che sarebbero state tranquillamente contenute nelle canoniche 96 pagine, in modo da farle rientrare nell’inusuale lunghezza del “gigante”. Al contrario, in quest’albo Faraci riesce ad imbastire una storia perfettamente calibrata, priva di tempi morti, e dove ritmo, pause, azione, riflessioni e colpi di scena sono sapientemente dosati nell’arco delle 240 pagine. Pagine che, come già detto, sono illustrate dall’inconfondibile mano di Giovanni Freghieri, autore legato a Dylan Dog fin dal 1989 (suo lo speciale n°3 “Orrore Nero”) e che anche in quest’albo da sfoggio delle sue enormi qualità. Particolarmente interessante è osservare come in una sequenza (pagine 93/97 – sequenza meritevole d’attenzione anche per l’inusuale suddivisione delle vignette) Freghieri riesca a modificare radicalmente il proprio tratto, avvicinandolo quasi a quello del Miller di Sin City. Una curiosità: L’esordio di Freghieri sulla serie regolare dell’indagatore dell’incubo è avvenuto col numero 40, nell’episodio dal titolo “Accadde Domani”. Protagonista dell’albo era allora un gruppo di alieni. E casualmente gli alieni ritornano anche in questo dodicesimo Dylandogone. O per meglio dire ritorna “L’Alieno” per eccellenza. Fin dalle prime pagine infatti è chiaro l’omaggio-citazione a Superman- Kal El, “Piovuto dal Cielo” (questo il titolo dell’albo) proprio tra le braccia di Dylan. E se gli omaggi all’uomo d’acciaio e al mondo supereroistico continuano per tutto il volume, ben presto le vicende prendono tutt’altra piega, ritornando sui binari delle abituali atmosfere “dylaniate”, regalandoci una storia come già detto avvincente e toccante, come da tempo non se ne leggevano di Dylan Dog. Concludendo, se proprio vogliamo cercare dei difetti a questo Dylandogone, forse possiamo ritrovarli nell’antagonista di turno (poco credibili le sue motivazioni e poco felice – perlomeno da un punto di vista estetico – la sua seconda “incarnazione”) e magari anche nella cover di Stano, decisamente poco attraente.
Ma non sono certo questi i motivi che devono dissuadervi dall’acquisto.
Francesco Farru
Sono passati quindici anni da quando, in occasione del quarantennale di Tex, la Sergio Bonelli Editore decise di festeggiare adeguatamente il compleanno del suo ranger dedicandogli un albo speciale dal formato extra-large. Nasceva così il “Tex Albo Gigante”, meglio noto come “Texone”. Doveva essere un’ iniziativa “una tantum”, destinata solo a celebrare un evento straordinario, ma il successo dell’iniziativa fu tale da “costringere” Via Buonarroti a rendere quello col Texone un appuntamento annuale. E ben presto, inevitabilmente, arrivarono albi giganti anche per gli altri personaggi di punta della scuderia Bonelli. Il primo, ovviamente, fu il “Dylandogone”, ormai giunto al suo dodicesimo appuntamento. Ma se il texone ha sempre conservato un carattere di straordinarietà (basta solo scorrere l’elenco degli artisti coinvolti: Buzzelli, Magnus, Ortiz, Bernet, Parlov, Wilson, Font, Kubert, Milazzo solo per citarne alcuni) lo stesso non si può dire per gli albi giganti dedicati agli altri personaggi. Sia Nathan Never che Martin Mystére che Dylan Dog, infatti, raramente hanno avuto il privilegio di vedere affidato il loro “balenottero” a grandi nomi del comicdom mondiale, e quasi sempre sono stati realizzati da autori “abituée” delle serie regolari. Inoltre, soprattutto il Dylandogone ha avuto spesso sommari quantomeno discutibili (mi riferisco alle frequenti raccolte di storie brevi che, francamente, potevano trovare altrove una più idonea collocazione senza occupare –e sprecare- inutilmente le 240 pagine dell’albo gigante). Fortunatamente, negli ultimi anni la tendenza si è invertita, e i recenti “Dylandogoni” sono stati imperniati su singole lunghe storie. Se però ne escludiamo una, scritta da Robin Wood, anche questi ultimi volumi sono stati comunque realizzati da autori già visti sulla serie regolare. Non fa eccezione questo dodicesimo albo gigante, disegnato da Freghieri (una delle matite storiche di Dylan Dog) e scritto da quel Tito Faraci già visto più volte sulle pagine dell’Indagatore dell’Incubo (suo anche il Dylandogone del 2001). Niente di nuovo quindi? Tutt’altro. La presenza di Faraci infatti, oggi più di ieri, è sufficiente da sola a rendere l’albo un piccolo evento. Per i pochi che non lo sapessero, in questo momento Tito Faraci è, senza paura di esagerare, “semplicemente” il miglior sceneggiatore italiano in circolazione. Un autore brillante, profondo e mai banale, ma soprattutto un autore capace di spaziare tra i generi con una facilità disarmante. Il suo curriculum è impressionante: da Lupo Alberto a Diabolik, da Topolino a Zagor, da Nick Raider all’ Uomo Ragno. E anche con questo Dylandogone Faraci non delude le aspettative. Quella che realizza insieme a Freghieri è, se vogliamo, una storia “classica” dell’indagatore dell’incubo: col “solito” serial killer, la “solita” fidanzata, la “solita” Scotland Yard che brancola nel buio, con nemici gia visti e situazioni già conosciute. Eppure, quella che Faraci riesce a tirar fuori è una storia avvincente, spesso toccante, dove suspence, humor, paura e buoni sentimenti si alternano magistralmente, accompagnando piacevolmente il lettore fino all’ultima vignetta. Proprio in questo punto sta forse uno dei più grandi meriti dello sceneggiatore, che è riuscito a non cadere in uno dei più frequenti difetti degli albi giganti di casa Bonelli: quello di “stiracchiare” storie normali, storie che sarebbero state tranquillamente contenute nelle canoniche 96 pagine, in modo da farle rientrare nell’inusuale lunghezza del “gigante”. Al contrario, in quest’albo Faraci riesce ad imbastire una storia perfettamente calibrata, priva di tempi morti, e dove ritmo, pause, azione, riflessioni e colpi di scena sono sapientemente dosati nell’arco delle 240 pagine. Pagine che, come già detto, sono illustrate dall’inconfondibile mano di Giovanni Freghieri, autore legato a Dylan Dog fin dal 1989 (suo lo speciale n°3 “Orrore Nero”) e che anche in quest’albo da sfoggio delle sue enormi qualità. Particolarmente interessante è osservare come in una sequenza (pagine 93/97 – sequenza meritevole d’attenzione anche per l’inusuale suddivisione delle vignette) Freghieri riesca a modificare radicalmente il proprio tratto, avvicinandolo quasi a quello del Miller di Sin City. Una curiosità: L’esordio di Freghieri sulla serie regolare dell’indagatore dell’incubo è avvenuto col numero 40, nell’episodio dal titolo “Accadde Domani”. Protagonista dell’albo era allora un gruppo di alieni. E casualmente gli alieni ritornano anche in questo dodicesimo Dylandogone. O per meglio dire ritorna “L’Alieno” per eccellenza. Fin dalle prime pagine infatti è chiaro l’omaggio-citazione a Superman- Kal El, “Piovuto dal Cielo” (questo il titolo dell’albo) proprio tra le braccia di Dylan. E se gli omaggi all’uomo d’acciaio e al mondo supereroistico continuano per tutto il volume, ben presto le vicende prendono tutt’altra piega, ritornando sui binari delle abituali atmosfere “dylaniate”, regalandoci una storia come già detto avvincente e toccante, come da tempo non se ne leggevano di Dylan Dog. Concludendo, se proprio vogliamo cercare dei difetti a questo Dylandogone, forse possiamo ritrovarli nell’antagonista di turno (poco credibili le sue motivazioni e poco felice – perlomeno da un punto di vista estetico – la sua seconda “incarnazione”) e magari anche nella cover di Stano, decisamente poco attraente.
Ma non sono certo questi i motivi che devono dissuadervi dall’acquisto.
Francesco Farru