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Giovanni La Mantia

Giovanni La Mantia

Pazza da uccidere

Un’accoppiata vincente, quella tra lo scomparso Jean-Patrick Manchette e il veterano artista francese Jacques Tardi. Un binomio che ha già fornito ottime prove di riuscita in passato (specie con Griffu e Posizione di tiro) e la cui sintonia si rinnova anche in questa ennesima occasione.
Manchette era uno scrittore profondamente immerso nella concezione politica di estrema sinistra e dalle evidenti capacità di narrazione. Maestro dell’intreccio, creava storie torbide – talvolta perfino macchinose – riuscendo però a riannodare il tutto con incredibile linearità.
Tardi, autore dalla interminabile traiettoria, è un riconosciuto genio del grafismo, soprattutto monocromatico, padrone di un segno tipicamente grottesco e assolutamente apprezzabile per le atmosfere che riesce a creare nelle sue tavole dal sapido sapore.

“Pazza da uccidere" (in originale “Ô dingos, ô châteaux!”) è uno dei primissimi romanzi di Manchette che vale, nel 1973, il "Grand Prix de la Littérature policière", lanciando nella notorietà artistica uno scrittore subito vincente. Tardi nel 2011 decide finalmente di adattarlo a fumetti, chiudendo idealmente un cerchio emozionale.

I personaggi principali sono tagliati con l’accetta, interpretando individui fortemente caratterizzati. Michel Hartog è un industriale filantropo che deve la sua posizione socio-economica a un’eredità, perché con le sue forze non era riuscito a ottenere granchè. Peter, il suo poco amato nipotino, è il legittimo erede della fortuna da lui amministrata. Fuentès è l’ex socio caduto in disgrazia del benefattore, con cui è permanente in conflitto. Julie è una donna dal passato difficile, ha anche trascorso diversi anni in un istituto psichiatrico, e viene ingaggiata da Hartog per fungere da bambinaia a Peter.
In realtà il disegno dell’uomo è più ampio e coinvolge anche Thompson, un criminale con gravi problemi di salute ma con un integerrimo codice di disciplina, e due fratelli di schietta manovalanza.
È una storia malata, costruita in un crescendo di situazioni al limite e frenetiche. Si macinano chilometri, si respira terra, fuoco e pioggia. In costante movimento, alle prese con situazioni sordide, i character interagiscono sovente con egoistico slancio, ma il personaggio di Julie si erge su tutti con imperscrutabili doti da protagonista – guadagnandosi anche l’immagine di copertina – fungendo da unico, vero collante dell’intera convulsa vicenda. Che si concluderà amaramente, giacché il crudo noir non è territorio per melensaggini.

La Coconino Press di Carlo Barbieri e Igort, in collaborazione con Fandango Libri, propone l’ennesimo volume solido ma maneggevole, con carta di pregio di alta grammatura e stampa come sempre impeccabile. Una lettura per gli aficionados del genere e i cultori del buon fumetto.

Bob Morane 3 – Le bambole dell’Ombra Gialla

Da alcuni mesi anche l’Aurea si è inserita nel segmento dei bonellidi in bianco e nero contenenti materiale franco-belga, ma i suoi albi sono più ampi di quelli concorrenti per una maggiore leggibilità. La resa grafica però non sempre è all’altezza delle aspettative: in XIII (l’altra sua testata bédé) appare carente, ma su Bob Morane è finora più che accettabile, e in questo volumetto buona.

La serie è un classico del genere avventuroso d’azione pubblicata fin dagli anni ‘50 e tuttora in produzione. Romanzata da Henri Vernes che poi l’ha adattata a fumetti, e disegnata in periodi differenti da alcuni artisti molto adatti a una narrazione vecchio stile, a tratti ingenua, però efficace: Dino Attanasio, Gérald Forton, William Vance e Felicisimo Coria.
L’editoriale romana ha pubblicato in maniera disordinata le avventure del polifunzionale Comandante della RAF Bob Morane e del simpatico scozzese Bill Ballantine sulla rivista Skorpio nei primi anni ‘80 – ma il character era già noto per i suoi precedenti passaggi su Albi Ardimento e sul Corriere dei Piccoli – limitandosi alla proposta di sole 22 storie, quelle relative al periodo Dargaud illustrate da Forton e Vance, verosimilmente le stesse che saranno ripubblicate adesso in questa soluzione. Fortuna editoriale permettendo, naturalmente.
Gli ingredienti principali della collana sono: l’investigazione, i viaggi esotici, i misteri, la fantascienza, lo spionaggio, le belle ragazze e i nemici, molto cattivi e qualche volta maldestri.

In questo albo sono presenti due storie frenetiche e piuttosto appassionanti: “Le bambole dell’Ombra Gialla”, un thriller ambientato a San Francisco con gli indimenticabili automi meccanici al servizio della principale nemesi del Comandante citata nel titolo, e “I figli del Drago” situato tra Hong Kong e dintorni, dove troviamo un altro personaggio ricorrente: l’avida Miss Lung interessata solo ad arricchire il proprio patrimonio per estendere il potere.
La lettura scorre piacevolmente e può interessare sia gli amanti del vintage a fumetti che quelli del fumetto popolare corrente di pura evasione, riuscendo a coinvolgere nonostante le storie risultino genuinamente datate. Se non conoscete il personaggio, vi invitiamo a provare almeno questo volumetto, abbastanza rappresentativo dello spirito che permea l’intera serie.

La confezione è scarna, senza redazionali di sorta né precise indicazioni nei credits, più qualche pagina bianca che avrebbe potuto essere riempita proprio in questo modo. Ma quel che più conta è il fumetto, e le tavole di William Vance, nonostante il bianco e nero, sono sempre un bel vedere.
Il prossimo numero è annunciato per il 13 aprile: Bob Morane plausibilmente cambierà periodicità divenendo bimestrale. Auspichiamo di poter godere a lungo di questo schietto intrattenimento, senza fronzoli però appagante.

Julia 174 – Cadavere in trasferta

Non ci ha convinto granché questo Cadavere in trasferta. Con il presente albo si scivola nuovamente verso la patina di grigiore tipica di una collana che, scritta di solito mirabilmente, sembra un po’ il manifesto del “vorrei ma non posso”.

Gli autori provano a inserire un nuovo elemento con un personaggio che minaccia di diventare ricorrente.
Tale new entry – Ettore Cambiaso, un commissario in missione per un intrigo internazionale – provoca presso altri character reazioni che appaiono innaturali ai loro soliti comportamenti. Inspiegabili forzature caratteriali.

La trama si dipana senza scossoni, coinvolgendo criminalità di differenti ceppi. Apprezzabile la fase ambientata a Genova, nel cui porto viene rinvenuto un carico di cocaina e un cadavere non identificato. Da qui inizia l’indagine di Cambiaso, che vola alla volta di Garden City, luogo dove era partito il container, alla ricerca di indizi e prove.
Julia Kendall è pervasa da un’aurea nuova e si trova subito in grande sintonia con l’ospite, lei che era sempre riluttante verso coinvolgimenti personali.

La vicenda cresce e va di pari passo con un’indagine poco interessante. Buoni però i disegni di Valerio Piccioni.

Monterrey

Miniserie pubblicata in 6 puntate su Lanciostory dal n. 53/2012 al n. 5/2013, 46 pagine a colori.

Monterrey è una storia frenetica, molto moderna. Ricca di azione e violenta, con poco spazio per la speranza ma con una forte voglia di cambiamento, narra le vicende di un supereroe dei giorni nostri in lotta costante per debellare la rete del narcotraffico che tesse sempre più la sua tela nel tessuto sociale.
Inserita in un contesto folkloristico affascinante e di grande spessore culturale (la caratteristica “Festa dei morti” che si svolge ogni anno nel giorno di Ognissanti nel territorio messicano) veniamo travolti dai continui fatti criminosi che si susseguono a partire dal 2008, quando l’organizzazione che gestisce il mercato delle droghe dichiara guerra alle forze militari.

Conosciamo Lara Hogan, procace e spregiudicata reporter televisiva in carriera, la quale ha l’occasione di intervistare il capo del cartello degli Zetas. La situazione precipita e viene salvata da un misterioso eroe popolare, denominato Uccisore (Matamaros nella versione originale), che si batte per la liberazione del suo Paese dalla schiavitù del crimine.
Si susseguono gli eventi, mentre si rafforza il rapporto umano tra Lara e l'Uccisore, finché accade l'irreparabile e questi muore in un’azione tumultuosa in cui i nemici hanno la meglio.
Lara è disperata ma decide di seguire la missione dell’Uccisore, combattendo lei stessa il narcotraffico impegnandosi in azioni contro-terroristiche.
Eppure... sembra che lo spirito dell’uomo non sia morto con lui: qualcun altro prende il suo posto – scopriamo che quella del Matamaros è una figura eroica che si tramanda all’interno dello stesso ceppo familiare – e così la vicenda riprende, con ulteriori lotte e assassinii, quasi in senso circolare.

Nella didascalia finale si cita Héctor G. Oesterheld: “L’unico vero eroe appartiene alla gente, non deve mai esistere un eroe individuale, l’eroe solitario…”. Questa è infatti una storia di eroismo popolare, dove la missione vola ben più in alto delle vicende singole, inscritta com’è in un disegno vasto: la consapevolezza, la presa di coscienza civile per garantire un futuro migliore alla comunità intera, a qualsiasi costo.

L’esperto sceneggiatore argentino Emilio Balcarce – autore argentino dalla fervida fantasia i cui lavori sono apparsi nel nostro Paese già nella seconda metà degli anni ‘70 (tra questi citiamo almeno Cronache del tempo medio realizzata insieme all'indimenticato Juan Zanotto) – è come sempre molto crudo e diretto, intreccia bene una trama dura inglobandola in un contesto sociale e in scenari poco percorsi nel fumetto europeo.
Il disegnatore Diego Garavano, da parte sua, offre una prova di crescita ulteriore rispetto le sue prime apparizioni sulle testate Aurea (Terra madre, Tudo bem e la strip umoristica Ispettore Polifemo, tutte su testi del medesimo autore di questa miniserie) interpretando al meglio una sceneggiatura a tutto ritmo, con tagli registici e inquadrature interessanti, arricchendo il suo tratto grafico  fino a renderlo in simbiosi con una colorazione d’effetto, anch’essa a suo carico.

Riteniamo che l’ambientazione, lo sviluppo e il messaggio che la storia vuole trasmettere rendano la lettura, ancorché fortemente ritmata come la stessa trama, piacevole e con spunti di riflessione non banali.

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