Miracleman 1
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“Ecco... Io vi insegno il Superuomo: egli è questo fulmine...egli è questa follia!”. Così inizia il capolavoro Miracleman, il Fumetto una volta noto con il nome di Marvelman, con un manifesto programmatico di Nietzschiana ispirazione. Così inizia anche la dark age del fumetto anglosassone, un periodo aureo di profondo rinnovamento, revisione e sofisticazione letteraria, innestato su basi piantate circa un decennio prima. E così inizia la sfavillante carriera di Lo Scrittore Originale, sceneggiatore britannico d’ascendenza working class, che da lì a poco avrebbe sfornato pietre miliari della narrativa sequenziale come V for Vendetta, nato praticamente in contemporanea di Miracleman, Swamp Thing, Watchmen e molti altri ancora.
Ritorna quindi Miracleman, dopo una travagliatissima storia editoriale, accennata anche nei redazionali di quest’edizione Panini, e una sequela infinita di controversie legali sui diritti del personaggio; controversie che, è il caso di ricordarlo, hanno tenuto il personaggio lontano dalle stampe per numerosissimi anni, sia in Italia sia in patria. Concepito a metà anni 50 come rip-off britannico di Capitan Marvel (a sua volta, abbastanza ironicamente, un rip-off di Superman), e scomparso già nel 1963, venne riportato (editorialmente) in vita nel 1982 da Lo Scrittore Originale per la mai troppo compianta rivista britannica Warrior. La serie proseguì fino a un vero e proprio season finale, con conseguente passaggio di consegne al giovanissimo e promettente sceneggiatore/giornalista Neil Gaiman, la cui run sul personaggio venne stroncata sul nascere dopo 6 numeri per fallimento dell’Eclipse, la casa editrice statunitense che aveva rilevato i diritti sul personaggio.
Rielaborando e approfondendo l’escamotage meta-narrativo che permise il revival di Capitan America negli anni '60, LSO recupera ed attualizza il personaggio inserendolo in un contesto più verosimile e dalle evidenti implicazioni politiche, come testimoniato dalle scene di social unrest inserite già nelle primissime pagine. Inoltre, lo sceneggiatore decide di compiere un passo ulteriore, decidendo di riutilizzare anche una sequenza di Mick Anglo – l’autore del Marvelman originale – come prologo silver age, aggiungendo qualche didascalia e l’inquietante, celeberrima tavola finale.
È interessante notare come tale amore per il pastiche e per l’autoreferenzialità siano solo due delle numerose marche stilistiche e tematiche tipiche della produzione de LSO concepite in questa serie. Per essere più precisi, il lettore si accorgerà nel corso dell’opera come essa contenga in potenza molto – se non praticamente tutto – di quanto verrà affrontato negli anni a venire: la revisione/decostruzione del supereroe, l’esoterismo urbano, la riflessione politica su potere e autorità, una considerazione più ampia sul ruolo e l’importanza delle narrazioni all’interno della creazione di un canone culturale collettivo e di una soggettività privata. Il biondo Miracleman è V, è il Dr. Manhattan, è Swamp Thing, è Promethea, è persino Sir William Gull.
Purtroppo, nel primo numero di Miracleman non c’è quasi nulla di tutto questo. L’edizione Panini, modellata rigorosamente su quella americana, occupa metà spillato con redazionali più o meno interessanti e con tre storie in bianco e nero di Mick Anglo direttamente dal 1954. Se l’intento di far conoscere l’origine e il contesto storico del personaggio e del suo autore è sotto un certo punto di vista lodevole, dall’altro scontenta tutti coloro che sono – giustamente – interessati solamente alla revisione degli anni '80, a cui vengono rilegate troppe poche pagine – tutte dal carattere fortemente introduttivo. Fa sorridere inoltre come i redazionali e gli approfondimenti non nominino mai LSO, che per sua volontà si è dissociato dall’intera operazione di ristampa, richiedendo esplicitamente alla Marvel che il suo vero nome non venisse impiegato in nessun tipo di materiale, informativo o pubblicitario. La Panini, ovviamente, ha dovuto rispettare le disposizioni della casa madre, anche se lo spettro di The Original Writer aleggia come scomoda presenza innominabile. Al di là di queste scelte editoriali, di cui sottolineamo ancora l’aderenza all’originale edizione Marvel, la qualità dell’adattamento Panini è più che buona, con una traduzione all’altezza (l’”Holy Maccaroni!” originale diventa “Santa Polenta!”) e un prezzo di lancio accattivante, abbinato a una distribuzione degna del valore dell’opera.
I disegni di Garry Leach reggono bene il peso degli anni, considerando anche il cambio di formato editoriale – Warrior usciva con un formato diverso dal comic book standard statunitense. Tuttavia dovremo aspettare i disegnatori successivi (come Alan Davis e Mark Buckingham) per raggiungere notabili vette di sperimentalismo grafico e compositivo. I puristi storceranno sicuramente il naso per i nuovi colori ad opera del sempreverde Steve Oliff, un’operazione volta sicuramente a svecchiare l’aspetto delle tavole ma poco rispettosa del prodotto originale.
In chiusura, ripetiamo quanto detto in precedenza: Miracleman è un capolavoro, un’opera seminale destinata a cambiare per sempre la percezione del fumetto anglosassone. Inoltre, se Gaiman sta realmente scrivendo il finale della sua run (e presumibilmente dell’opera intera), come da lui stesso affermato qualche tempo fa, le scuse per lasciarsi sfuggire questa agognata ristampa sono veramente poche. E se il voto qui a fianco vi sembra esagerato, il Vostro Affezionatissimo vi chiede solamente di avere pazienza ancora per qualche numero. Kimota!