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Occhio di Falco, i volumi Panini Comics disponibili

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Riceviamo e pubblichiamo:

I volumi per scoprire tutto sull’arciere che non sbaglia un colpo e la sua compagna di avventure, protagonisti della nuova serie Marvel Studios Hawkeye, dal 24 novembre su Disney+

Clint Barton è il più grande tiratore della storia, oltre ad essere uno degli eroi del gruppo degli Avengers, e lavora insieme alla sua partner, la nuova Occhio di Falco, Kate Bishop per affrontare i nemici del passato e del presente. Per chi ancora non li conoscesse, Panini Comics propone alcuni volumi fondamentali per scoprire la loro storia e cogliere ogni divertente dettaglio della nuova serie Marvel Studios Hawkeye, in streaming su Disney+ dal 24 novembre.

Clint Barton, professionista affermato. Kate Bishop, esordiente di talento. Due Occhio di Falco che si scambiano frecce e fanno squadra. Ma non come si potrebbe immaginare. Sono solo due compagni di arco. Clint ha già abbastanza da fare con un’ex ragazza, un’ex moglie, un’attuale “amica” e una rossa con l’auto dei suoi sogni. Più il palazzo che ha appena comprato, l’esercito di gangster che lo rivuole e un cane con il fiuto per gli omicidi e una fissa per la pizza. Senza dimenticare Madame Masque, un clown assassino e lo sfaticato fratello di Clint, Barney. E tutto questo solo per quanto riguarda il tempo che non trascorre con gli Avengers…

Occhio di Falco Vita normale cover

La pluripremiata serie Occhio di Falco – Vita Normale, firmata da Matt Fraction, David Aja e un gruppo di artisti incredibili, narra la quotidianità dell’arciere quando non combatte a fianco dei colleghi eroi. Un corposo volume unico che raccoglie tutte le storie della serie.

Prezzo: € 59,00
Pagine: 560
Rilegatura: Cartonato con sovracover
Formato: cm 18,3x27,7
Interni: A colori
Distribuzione: Fumetteria, online

Occhio di Falco Occhi di Falco cover

Ci sono due Occhio di Falco in città e trovare un equilibrio tra diverse generazioni può essere impegnativo. Presente e passato entrano in collisione quando Kate Bishop e Clint Barton devono affrontare una sfida che metterà in discussione tutto ciò che sanno del proprio ruolo di eroi arcieri. Jeff Lemire e Ramón Pérez raccolgono il testimone da Matt Fraction e David Aja e proseguono una narrazione innovativa e appassionante delle avventure di Occhio di Falco. E Occhio di Falco.

Uscita: 9 dicembre
Prezzo: € 29,00
Pagine: 256
Rilegatura: Cartonato
Formato: cm 18.3x27.7
Interni: A colori
Distribuzione: Libreria, fumetteria, online

Marvel Verse Occhio di Falco cover

Marvel-Verse: Clint Barton & Kate Bishop – Occhio di Falco è il punto di partenza ideale per fare la conoscenza dei due eroi. In un volumetto di agile formato, una selezione delle migliori storie e tante risposte a tutte le domande, tra cui la principale: come mai ci sono ben due Occhio di Falco?


Prezzo:
€ 9,90
Pagine: 120
Rilegatura: Brossurato
Formato: cm 15x23
Interni: A colori
Distribuzione: Libreria, fumetteria, online

Occhio di Falco Si mira a Ovest cover

E se anche voi vi sarete ormai affezionati a Kate Bishop, nel formato Marvel Young Adult le sue avventure proseguono in solitaria con la prima serie dedicata alla nuova Occhio di Falco. In Occhio di Falco: Kate Bishop e Occhio di Falco: Si mira a Ovest, Kate Bishop è decisa a tenere in piedi la sua agenzia investigativa e niente e nessuno potrà fermarla. Cavarsela da sola non sarebbe un problema, se non fosse per i clienti che continuano a chiederle dove sia il “vero” Occhio di Falco. Energica, agguerrita e con un senso dell’umorismo tutto suo, quando Kate si mette in testa qualcosa, centra sempre il bersaglio!


Prezzo:
€ 9,90
Pagine: 272 e 224
Rilegatura: Brossurato
Formato: cm 15x23
Interni: A colori
Distribuzione: Fumetteria, libreria online

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Sweet Tooth - Il Ritorno, recensione: nel futuro della distopia di Jeff Lemire

Sweet Tooth Il Ritorno

Invitato sul set della trasposizione televisiva tratta dalla sua apprezzata serie a fumetti Sweet Tooth, Jeff Lemire ha potuto toccare con mano come la sua idea originale potesse essere ripresa e declinata per un nuovo pubblico, in un mondo che improvvisamente si trova a fare i conti con una pandemia diversa a quella descritta nella sua opera perché tristemente reale. Difficile pensare che l’autore canadese non avrebbe rimesso mano ad uno dei suoi lavori più celebrati, in un momento in cui la comunità internazionale si trova ad affrontare uno scenario di cui la serie sembra essere stata, col senno del poi, un’allegoria premonitrice.

Sweet Toothdi cui abbiamo parlato recentemente in occasione della ristampa targata Panini Comics – ci portava in un futuro prossimo, in cui l’umanità è stata decimata da una pandemia scoppiata improvvisamente, causando il collasso della civiltà. Sette anni dopo, il mondo è testimone della comparsa di una nuova razza di ibridi, metà uomini e metà animali. Questi esseri sembrano essere immuni al contagio, e diventano subito preda di cacciatori senza scrupoli che vogliono catturarli per venderli come cavie a scienziati intenzionati a vivisezionarli per motivi di studio. Tra gli ibridi troviamo Gus, il protagonista della storia, orfano metà bambino e metà cervo che vive nei boschi del Nebraska. Insieme al misterioso Jepperd, uomo della provvidenza che lo salva da un gruppo di bracconieri che stavano per catturarlo, Gus vive un’epopea on the road che sarà un vero e proprio viaggio di formazione, dall’epilogo malinconico.

Sweet Tooth Il Ritorno 1

Lemire aveva dato alla sua opera una chiusura perfetta, quindi l’idea stessa di un possibile sequel era piuttosto complicata da seguire. L’autore è ricorso ad un escamotage narrativo, quello di spostare il racconto trecento anni dopo gli eventi narrati nella serie originale. In questo futuro distopico di un futuro distopico, una razza umana quasi estinta sopravvive in una sparuta comunità che vive sotto un bunker. Il gruppo di sopravvissuti conduce un’esistenza stanca e rassegnata, tanto per la propria situazione quanto per la teocrazia esercitata dal Padre, l’autoproclamatosi leader della comunità che vive circondato da milizie e servitori in una residenza avvolta dal mistero. Misteriose, infatti, sono le sparizioni di molti dei bambini del villaggio che sembrano collegate alle losche attività che si svolgono nel palazzo. Incapace di ribellarsi al regime del Padre, la comunità confida nella profezia di un salvatore ibrido che li libererà e riporterà la specie umana in superficie. E in effetti, a loro insaputa, quell’ibrido è già nato. Si chiama Gus, come il bambino cervo della serie originale con cui non sembra però avere alcun legame, e vive in gran segreto nel palazzo del Padre. Cresciuto in un ambiente rigido e chiuso da cui è impossibile evadere, Gus non ha ricordi del suo passato anche se ha spesso visioni che sembrano ricordi di una vita precedente. La sua naturale passione per la verità lo porterà a scoprire il terribile segreto custodito nel palazzo del Padre e a ribellarsi, regalando una nuova chance di vita e di libertà al gruppo di sopravvissuti.

Sweet Tooth Il Ritorno 2

Leggendo Sweet Tooth – Il Ritorno si intuisce facilmente il motivo per cui Jeff Lemire ha ripreso in mano una delle sue opere più celebri, peraltro già perfettamente compiuta: la necessità di dare un messaggio di speranza ad un mondo che sta affrontando una pandemia tremendamente reale. Se la collana originale voleva essere da monito ad un’umanità che si stava perdendo, questa nuova uscita vuole essere un auspicio di superamento del momento più buio affrontato dall’umanità stessa negli ultimi decenni. L’autore si spinge oltre, suggerendo un’uscita dalla crisi che non riguardi solo un gruppo sociale ma l'intera popolazione nel suo complesso. L’allegoria del mondo nuovo che aspetta in superficie tanto gli umani quanto gli ibridi è emblematica in tal senso.

Sweet Tooth Il Ritorno 3

La storia perde il dinamismo della serie originale, il viaggio on the road con la dinamica padre-figlio ricca di echi de La Strada di Cormac McCarthy, optando per una unità di luogo rappresentata essenzialmente dal bunker sotterraneo. Ciò non toglie la possibilità ad un narratore sopraffino come Lemire di sorprendere il lettore con twist di sceneggiatura che lo faranno sobbalzare sulla sedia. Come nella collana originale, Lemire si assume anche l’onere delle matite oltre a quello dei testi. Conosciamo ormai molto bene il suo stile semplice ma non grossolano, memore delle origini indie dell’artista, il suo tratto grezzo ma non dozzinale, fortemente empatico, antitesi della spettacolarità ma proprio per questo capace come pochi di trasmettere emozioni che vanno dritte al cuore del lettore.

Panini Comics propone Sweet Tooth – Il Ritorno nella sua ormai consolidata linea di cartonati "Black Label" dedicata alle proposte DC Comics d’autore, un formato di prestigio per un’opera che farà felici i fan della serie originale, ma che potrebbe spiazzare i nuovi lettori ignari degli avvenimenti precedentemente narrati.

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Un'estate crudele, recensione: la nuova gemma dell'arazzo noir di Brubaker e Phillips

un estate crudele 

Nella sua postfazione al volume che raccoglie l’intero arco narrativo di Un’estate crudele (pubblicato in origine nei numeri uno e dal cinque al dodici della nuova serie di Criminal targata Image), Ed Brubaker accomuna l’opera che gli ha fatto vincere tre premi Eisner a un arazzo. Una metafora utile a evocare il complesso e preciso lavoro di tessitura necessario a portare alla luce i disegni ricchi di dettagli dei maestosi teli che, fino a qualche secolo fa, abbellivano le pareti di molti palazzi nobiliari. In Criminal, Brubaker sostituisce i fili dell’ordito con le vicende di vari personaggi, in qualche modo tutti legati tra loro e quasi tutti coinvolti in attività malavitose, a costituire un’imponente saga corale che vede spesso protagonisti i membri di due famiglie, i Lawless e i Patterson. Ogni nuovo capitolo è, quindi, un altro frammento che va ad aggiungersi a quel grande affresco noir che lo scrittore americano e il disegnatore Sean Phillips hanno cominciato nel 2006 e che - fortunatamente per noi lettori – sembra ancora lontano dall’essere completato.

La nuova storia inizia nella primavera del 1988, quando il sedicenne Ricky Lawless, aiutato dall’amico Leo Patterson, si intrufola nella casa di una vecchia leggenda del wrestling, per rubare una collana molto preziosa, la cui vendita servirà a ottenere i soldi necessari a pagare la cauzione di suo padre Teeg. Quest’ultimo riesce effettivamente a uscire di prigione, ma il furto fa arrabbiare Sebastian Hyde, signore del crimine di Center City, con cui Teeg ha avuto dei rapporti in passato. Nel frattempo, facciamo la conoscenza di Dan Farraday e di Jane Hanson, due personaggi a prima vista secondari, ma in realtà fondamentali a innescare gli eventi che condurranno la vicenda verso il suo drammatico epilogo.

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Se già le uscite de I miei eroi sono sempre stati tossici e di Un brutto weekend, pur narrando di avvenimenti e di personaggi collaterali alla storia principale, non avevano per nulla smorzato il nostro entusiasmo verso il mondo di Criminal, l’arrivo in libreria di Un’estate crudele (in un volume cartonato confezionato con la consueta cura da Panini Comics), che ha riportato sotto la luce dei riflettori i veri protagonisti dell’opera, ha ulteriormente accresciuto la nostra ammirazione verso il lavoro di Brubaker e Phillips. Ben consapevoli dell’evento, i due autori scelgono di mostrare un fondamentale tassello della saga dei Lawless e dei Patterson attraverso una trama ad ampio respiro, necessaria a far emergere importanti dettagli riguardanti personaggi finora appena abbozzati o rimasti nell’ombra nei precedenti capitoli. Oltretutto, per quanto Un’estate crudele sia perfettamente godibile come racconto a sé stante, Brubaker non ne nasconde i legami con il resto dell’opera, accennando subito al destino finale di alcuni protagonisti, teoricamente noto solo ai lettori di lunga data. Una rivelazione che a prima vista potrebbe sembrare un torto verso chi ha appena cominciato a familiarizzare con i bassifondi della fittizia Center City, ma che in realtà rappresenta un omaggio ai classici del noir, nei quali non è infrequente vedere la vicenda partire dalla sua conclusione. L’abilità di uno scrittore sta proprio nel saper mantenere la storia appassionante, pur perdendo l'effetto sorpresa, facendo intendere che alla fine qualcosa di inaspettato avverrà comunque (una qualità che a Brubaker non manca di sicuro).

un estate crudele 2

Lo scrittore del Maryland sfrutta il maggior numero di pagine a disposizione per introdurre nuovi personaggi, utili sia a rallentare la trama in attesa dei passaggi di maggiore tensione, sia a rispolverare con intelligenza un autentico cliché del genere crime, mostrando come l’ineluttabilità del destino sia spesso determinata da avvenimenti apparentemente insignificanti. Poi, come d’abitudine, Brubaker non si limita a presentare questi nuovi attori delineandone semplicemente le caratteristiche essenziali, ma scava in profondità nel loro passato, per provare a dare un senso alle (discutibili) scelte che ne segneranno l’esistenza. Lunghe digressioni che a volte appaiono come una naturale valvola di sfogo all’inesauribile voglia dell’autore di raccontare nuove storie e di allargare sempre di più il mondo in cui si muovono le sue figure tormentate. Tali sequenze, tuttavia, non danno assolutamente l’impressione di essere una mera ripetizione di quanto già scritto da Brubaker in passato o - peggio - una banale narrazione di maniera e vengono portate avanti senza tradire mai i tratti essenziali dell’opera. Tra questi, a imporsi è soprattutto il pessimismo di fondo che avvolge la vicenda fin dalle prime pagine e che si riversa inesorabile su tutti i protagonisti, i quali, per quanto descritti nella loro umanità, restano indiscutibilmente dei criminali. È proprio sulla base di questa argomentazione che lo sceneggiatore americano (a parte qualche rara eccezione, come la breve rievocazione delle sevizie subite dal giovane Ricky in riformatorio) evita situazioni ambigue, che alla lunga potrebbero portare a una sorta di empatia con il lettore, o a favorire una vera e propria fascinazione del male. In effetti, non c’è alcuna spettacolarizzazione nelle scene violente, che vengono sempre rappresentate nella loro brutale essenzialità o con una crudezza mai sproporzionata.

A livello prettamente “tecnico”, Brubaker conferma di essere riuscito a creare una connessione perfetta tra dialoghi e didascalie, la cui convivenza nelle stesse vignette è così priva di forzature, da far pensare che lo scrittore di Kill or Be Killed e Dissolenza a nero abbia finalmente scoperto il segreto per rendere la Nona Arte il trait d’union tra cinema e letteratura. Questo merito va senz’altro condiviso con il britannico Sean Phillips, autentico disegnatore feticcio di Brubaker, il cui tratto semplice e sporco, ma mai scialbo o confuso, contribuisce in maniera determinante ad accrescere il realismo dei testi del suo partner creativo e a rendere i personaggi molto più che delle semplici figurine di carta. Inoltre, per assecondare il ritmo lento della narrazione, la costruzione delle tavole non mostra virtuosismi grafici di alcun tipo, preferendo mettere in evidenza il fumo delle sigarette (quasi onnipresente), l’ennesimo drink ai banconi dei bar o, molto più spesso, i volti dei protagonisti, le cui espressioni, valorizzate da un impeccabile gioco di ombre, sono di frequente più eloquenti della sceneggiatura. Un ruolo decisivo nel rendere tangibile il clima cupo voluto da Brubaker o nel mostrare l’animo inquieto dei personaggi lo svolgono anche i colori di Jacob Phillips (figlio di Sean) sempre pronti a virare su tonalità fredde e buie o ad accendersi di rosso quando gli eventi subiscono un’inevitabile svolta drammatica.

un estate crudele 3

Di fronte a un’opera come Un’estate crudele non si può che ripensare con amarezza a quello che i due autori avrebbero potuto realizzare con Marvel e DC se le due major avessero concesso loro un po’ più di libertà creativa. È bene ricordare, infatti, che Brubaker, oltre che per aver ideato – assieme a Steve Epting – un personaggio come il Soldato d’Inverno nella sua celebre gestione di Captain America, è entrato di diritto nella storia dei comics grazie all’ormai storica Gotham Central e a lunghi cicli di Batman, Catwoman e Daredevil. Non bisogna neanche dimenticare che Criminal nasce come collana della Icon, un imprint della Casa delle Idee concepito proprio con l’intenzione di evitare la fuga dei suoi migliori talenti, concedendo loro la possibilità di detenere i diritti di ogni creazione estranea a Spider-Man e soci. Il successo del Marvel Cinematic Universe, tuttavia, deve aver convinto la Disney a puntare solo su personaggi più mainstream (e di cui sia possibile mantenere il controllo totale), rendendo così superflua l’esistenza della Icon (per la quale non esce più nulla da tempo, sebbene l’etichetta non sia stata ancora ufficialmente chiusa) e quasi impossibile - almeno nell’immediato - il ritorno in pianta stabile sui suoi albi di autori del calibro di Brubaker e Phillips. Un vero peccato, perché se il valore artistico del disegnatore britannico è ormai fuori discussione, con Un’estate crudele lo scrittore americano riesce probabilmente a fugare i dubbi residui di quei pochi che ancora fanno fatica ad accomunarlo ai grandi autori noir del passato e a elevare l’intera saga di Criminal non a “semplice” capolavoro della letteratura disegnata, ma a capolavoro e basta.

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Il Negozio di Peter, recensione: diventare adulti senza dimenticare di essere bambini

il negozio di peter

Non si deve mai fuggire dalla possibilità di tornare bambini specialmente se lo si può fare con quel pizzico di eleganza che, da adulto, cogli con gusto. Ed è proprio ciò che accade con Il Negozio di Peter, avventura a fumetti realizzata da Andrea Greppi, Maria Claudia Di Genova e Bruno Enna, pubblicato in edizione cartonata da Panini Comics.

Il Negozio di Peter è una piccola bottega per animali nella New York degli anni ’30, il cui proprietario e gestore è in gravi difficoltà economiche. Ma come potrebbe altrimenti? Pur di rimanere insieme, gli animali che vivono nel suo negozio, ogni volta che entra un cliente, cercano di fingersi malati o scalmanati, con buona pace per le finanze del povero Peter. Questi, difatti, si vede costretto a vendere il proprio negozio a dei tipi particolarmente loschi. Un evento del genere, costringerà gli animali del negozio a rivedere le loro posizioni troppo egoistiche mirando ad un “bene superiore”.

il negozio di peter 1

Il paragone più immediato che si può fare con l’opera è sicuramente con i classici Disney. Ma non i classici “contemporanei” alla Frozen, quanto piuttosto quelli a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 come Basil L’Investigatopo, Le Avventure di Bianca e Bernie oppure Gli Aristogatti.
Accostare Il Negozio di Peter a parte della produzione disneyana non nasce dalla sola presenza di animali come protagonisti e motore dell’azione ma, soprattutto, per il tono con cui il racconto viene trattato. I personaggi, infatti, sono capaci di modificazioni identitarie e di forte crescita personale seppur la brevità del racconto sembra costringere a veloci consecutio narrative. Nonostante vengano affrontate tematiche come il cambiamento personale, l’egoismo interpersonale, truffe e crimini, tutto è in perfetto equilibrio con la leggerezza della scrittura e il racconto avventuroso per bambini. Ed è proprio in questo equilibrio che risiede il punto di forza de Il Negozio di Peter: memore dei sopracitati classici Disney, affronta temi importanti spesso con venature (tanto narrative quanto grafiche) cupe e noiristiche senza mai dimenticare che il racconto è destinato a più livelli di lettura.

il negozio di peter 2

A contribuire, fortemente, è l’impianto visivo: la New York prebellica è tratteggiata con grande eleganza, tanto nelle matite, quanto nei colori, come nelle sfumature luministiche. Lo stesso si può dire con i personaggi. Sono messi in campo animali che parlano tra loro, fortemente caratterizzati nel design e nel modo di interloquire, che si bilanciano con la controparte umana: le scelte stilistiche adottate per raffigurare setting e personaggi (nonché la scelta del locus temporale) richiama ad un mood narrativo nostalgicamente affascinante, specie nelle produzioni destinate ad ampie fasce di pubblico. Greppi, Di Genova ed Enna lanciano una sfida: in un mondo culturale in cui, spesso e purtroppo, è cambiato lo stile grafico-narrativo dei prodotti per le fasce d’età più piccola, in cui si è impoverita la complessificazione tematica ed edulcorati i messaggi pedagogici, gli autori recuperano l’approccio di un passato artistico e lo adattano alle necessità del pubblico contemporaneo.

il negozio di peter 3

Coerente e con un pizzico di metanarratività è, perciò, la scelta del tema centrale del racconto: la difficoltà del cambiamento che, seppur necessario (voluto o subito, non cambia), non viene spesso accettato e, nostalgicamente spaventati, si cerca di rimanere ancorati al proprio status quo. Nulla di più perfetto per un bambino per comprendere, con i giusti toni, l’importanza di sapersi adattare alle sfide del futuro: ma per cambiare ed affrontare ciò che ci si parerà davanti nella vita, non si deve mai abbandonare ciò che ci ha formati. Per questa ragione, l’opera si pone anche come perfetto ponte tra generazioni di lettori in cui l’adulto ha la possibilità di far riemergere il proprio immaginario infantile di pomeriggi passati a guardare cartoni animati e a leggere Topolino attraverso la lente del bambino che è in lui. Se non cambia l’amore per certi prodotti, cambia sicuramente lo sguardo e la consapevolezza con cui ci si avvicina.
Il Negozio di Peter, invece, chiede all’adulto di tornare bambino e al bambino di aggiungere un altro piccolo mattone all’adulto che sarà.

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