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Reborn, recensione: il paradiso fantasy di Mark Millar e Greg Capullo

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Fin dall’antichità l’uomo si è interrogato su cosa ci sia dopo la vita. Correnti filosofiche e religioni hanno dato molteplici risposte e, ognuno di noi, crede in un destino differente. Mark Millar con Reborn fornisce una singolare visione dell’oltretomba. Per lo sceneggiatore scozzese, infatti, ci ritroveremo dopo la morte ad Adystria, un mondo fantastico popolato dai nostri parenti, amici o vicini, nonché dai nostri animali domestici.

La storia parte dalla vicenda di Bonnie Black, una donna anziana che è costretta a passare gli ultimi giorni della sua vita in un ospedale. Mentre sta lasciando la nostra terra, davanti agli occhi le passano la sua infanzia, il suo matrimonio, la nascita di sua figlia. Il tempo di riaprire la palpebre ed eccola ad Adystria, nel bel mezzo di una battaglia. Il suo arrivo mette in fuga i nemici, è lei infatti la predestinata tanto attesa in grado di fermare il perfido Lord Golgotha, quest’ultimo in attesa del sacrificio di Bonnie per aprire un varco verso la nostra terra. Ad accogliere la protagonista, di nuovo giovane, è suo padre che la introduce in questo nuovo mondo. Ma il primo pensiero di Bonnie è quello di ricercare suo marito, scomparso anni prima vittima di una sparatoria da parte di un folle omicida.

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Reborn propone una visione dell’aldilà abbastanza basilare, una seconda vita in cui raccogliere quello che avevamo seminato nella precedente. Anche in questo caso esiste una divisione simile a quella fra Paradiso (Adystria, appunto) e Inferno (Terre Oscure): buoni e cattivi vivono infatti in regioni distinte e il ruolo affidatoci in questa nuova realtà si basa sulle azioni fatte nella vita precedente. Le nostre ossessioni, il nostro credo, la nostra bontà d’animo o cattiveria, tutto ciò ci definisce in questo nuovo piano esistenziale.
Tuttavia, Adystria è un luogo di passaggio, in cui si può anche morire per finire poi in un nuovo aldilà di cui non sappiamo nulla. La visione di Millar, dunque, è perfettamente conciliabile con quella cristiana o di qualsiasi altra religione.

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A livello narrativo, invece, Reborn è un fantasy classico con tutti gli elementi: avventura, un predestinato che salverà il mondo, draghi, fate e quant’altro. Come già sottolineato in altre recensioni, Millar ha un’abilità unica a presentare personaggi e situazioni in poche pagine e, dunque, subito si entra nel racconto. La storia funziona bene, forse fin troppo, apparendo per questo abbastanza lineare e prevedibile, tuttavia non mancano momenti riusciti e intensi anche dal punto di vista emotivo, come i capitoli di apertura e chiusura. In generale, in Reborn c’è tanto mestiere, ma ci si diverte non poco a leggerlo.
Non fatichiamo a immaginarne una trasposizione cinematografica o un sequel fumettistico.

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Dal punto di vista visivo, ad affiancare Millar troviamo in questa nuova opera del Millaworld Greg Capullo, super-star nota per il suo lavoro su Spawn e Batman su tutti. Chi ne apprezza l’arte non resterà deluso da questa sua prova in cui riesce a donare grande umanità ai protagonisti nei momenti più intensi e spettacolarità nelle scene più epiche. In un’opera del genere, la creazione di un mondo immaginario è fondamentale, e Capullo, pur rifacendosi a canoni visivi abbastanza classici, mette su carta un mondo credibile e convincente.

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Per quanto riguarda l’edizione Panini Comics, invece, ci troviamo di fronte alla solita veste cartonata classica di alta qualità. Tuttavia, in questa occasione, dobbiamo segnalare un paio di pecche. Se su un piccolo refuso possiamo pure soprassedere, è sulla qualità delle tavole del primo albo che dobbiamo segnalare un problema abbastanza singolare: le suddette tavole, infatti, appaiano di bassa qualità, dunque sgranate e con una colorazione meno brillante. Il fatto che poi la resa del lettering risulti invece perfetta, ci fa comprendere come sia un problema dovuto ai file di lavorazione originali. Ciò non compromette la lettura, ma è comunque evidente se confrontato con le tavole dei restanti 5 albi che sono, invece, perfetti.

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Strange Fruit, recensione: dispersi nella Storia, il razzismo secondo J.G. Jones e Mark Waid

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« Southern trees bear a strange fruit,
blood on the leaves and blood at the root,
black body swinging in the Southern breeze,
strange fruit hanging from the poplar trees. »

« Gli alberi del sud danno uno strano frutto,
sangue sulle foglie e sangue sulle radici,
un corpo nero dondola nella brezza del sud,
strano frutto appeso agli alberi di pioppo. »

Stranger Fruit, Billie Holiday

L’alluvione del Mississippi del 1927 è stata uno dei peggiori disastri naturali della storia degli Stati Uniti d’America che portò alla morte di 256 persone. Questo dramma è il pretesto per J.G. Jones, affiancato dallo sceneggiatore Mark Waid, per narrare la loro storia ambientandola a Chatterlee, una comunità la cui forza lavoro proviene principalmente dalle braccia dei lavoratori neri sfruttati e sottopagati che, giustamente, sono in fermento. Per arginare il fiume, tuttavia, questi uomini sono indispensabili considerando che la comunità bianca non vuole saperne di sporcarsi le mani. In questo scenario tristemente razzista, tanto da annoverare la presenza dei cappucci bianchi del Ku Klux Klan, dal cielo arriva un salvatore, un uomo con poteri assurdi in grado di poter risolvere tutti i problemi. “Peccato” che sia un nero.

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La forza di Strange Fruit non consiste tanto nell’intreccio, abbastanza lineare nel suo svolgimento, quanto nel rappresentare fedelmente uno spaccato di vita reale, nonché di storia d’America, mettendo in scena un dramma umano. I due autori riflettono non solo sul razzismo, tema centrale del racconto che mostra chiaramente lo scenario sociale della prima metà del ‘900, con la popolazione nera trattata come bestiame dai privilegiati bianchi, ma anche sul valore stesso della vita umana: quanto valeva la vita di un nero? E quante vite sono finite nel dimenticatoio della Storia?
Alla fine della lettura del volume non possiamo che chiederci cosa rimanga di quelle vite di cui abbiamo letto. Chi si ricorderà di loro, dei loro sacrifici? Chi si ricorderà dei potenti bianchi benestanti? Cosa rimarrà di loro una volta lasciata questa Terra?

L’opera mette in scena un’umanità varia, fra padroni e lavoratori, gente perbene e gente disonesta. Le loro azioni, le loro gesta vili o eroiche, i loro valori, per quanto giusti o sbagliati che siano, verranno messi fortemente in discussione dalla potenza inaudita della natura.

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La storia di Waid e Jones è naturalmente opera di fiction, ma è talmente verosimile da risultare reale. Nonostante un piccolo elemento sovrannaturale (la natura dei poteri di questo misterioso gigante e la sua superforza), la storia non devia verso il genere supereroistico e questo aspetto rimane assolutamente marginale. I poteri di quest’uomo hanno una valenza simbolica per la sua popolazione, incarnano una proiezione sociale, un’identità che si manifesta, un’ideale che si concretizza.

Le tavole di J.G. Jones sono, poi, la vera forza di tutto il progetto. Dal taglio fortemente cinematografico, lo storytelling dell’artista è impeccabile e da manuale e il racconto per immagini rasenta la perfezione. Il fotorealismo delle sue matite, unito a una colorazione pittorica ma altamente fedele nel delineare forme e colori, ci fa spesso dubitare di essere davanti a dei disegni. La cura per i dettagli è maniacale e la ricostruzione dello scenario dell’epoca è assolutamente precisa e realistica. Le espressioni dei personaggi sono incredibilmente naturali e la loro recitazione efficace. Le ricchezza di dettaglio rende le tavole estasianti, in particolare quelle affollate o in contesti urbani e privati, che vi ritroverete a contemplare per diversi minuti.

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L’edizione Panini Comics propone Strange Fruit, edito in patria dai BOOM! Studios, nella collana 100% HD, caratterizzata da cover cartonata soft touch e alta qualità di stampa. Oltre ai 4 albi americani che compongono la mini-serie, sono presenti anche un’introduzione di Elvis Mitchell, una post-fazione degli autori e una gallery con sketch, studi, cover e altro.

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Asterix e la corsa d'Italia, recensione: da Monza a Napoli, uno sguardo ironico sugli italiani

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In contemporanea mondiale arriva in Italia il 37° albo di Asterix, serie nata nel 1959 dalle geniali menti di René Goscinny e Albert Uderzo. Dopo la morte dello sceneggiatore, Uderzo prese in carico la serie nella non semplice veste di autore unico, fin quando non ha deciso di lasciare le redini a Jean-Yves Ferri e Didier Conrad, rispettivamente autori dei testi e dei disegni, che giungono ora alla loro terza prova. Eguagliare i testi di Goscinny, riconosciuto unanimemente come uno dei maggiori autori europei, di certo non è facile, ma questa nuova storia rappresenta un cambio di rotta rispetto alle ultime prove non esaltanti di Uderzo.

Dopo aver esordito con Asterix e i Pitti, il duo di autori ripropone nella loro terza avventura una delle tipologie di storie di Asterix più amate, ovvero quella delle trasferte nelle diverse nazioni del mondo. E, in particolare, questo albo si presenta ancor più interessante per noi in quanto la meta è la nostra cara Italia.
La storia vede il senatore Lactus Bifidus, che si occupa della viabilità, difendersi dalle accuse di scarsa manutenzione delle strade (visto che i fondi ingrassano invece le sue tasche) e indire una gara di carri che percorra tutta l’Italia per dimostrare la falsità di queste accuse. Cesare, accoglie di buon grado l’idea di una corsa con tutte le popolazioni barbariche, a patto che vinca il corridore romano Corovavirus. Naturalmente, la partecipazione dei galli con Asterix e Obelix, manderà all’aria il piano dei romani.

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La gara farà percorrere ai partecipanti, fra cui si possono notare vecchie conoscenze dei lettori della saga, un tragitto che dall’attuale Monza porterà a Napoli con tappe a Parma, Siena, Roma e altre città del nostro territorio, mostrando le varie popolazioni italiche autoctone incontrate in questo viaggio.
Così come da tradizione della serie, questi viaggi di Asterix e Obelix sono un modo per poter giocare con i luoghi comuni dei posti visitati, un po’ come accade attualmente con i Simpson, ma con in più un gioco umoristico che si basa sul raffronto fra passato e presente. In pratica, oltre a ironizzare sul periodo storico, ci sono strizzatine d’occhio nonché richiami ad abitudini e personaggi del nostro presente.

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Ferri costruisce una vicenda molto semplice che serve principalmente a dare il la alle gag ambientali, sebbene non particolarmente efficaci o originali, riuscendo tuttavia a scrivere un episodio simpatico e sufficientemente divertente. Anche Conrad sembra sempre più a suo agio nelle vesti di disegnatore della serie, ritagliandosi pian piano una sua strada sotto l’ingombrante ombra di Uderzo.

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Asterix e la Corsa d’Italia è, dunque, un lavoro solido che ci mostra un duo di autori sempre più affiatato e a loro agio. Pur lontano dai picchi della serie, l’albo ha una sua dignità, ma serve ancora qualcosa per fare il salto di qualità definitivo. Panini Comics propone la storia sia nella classica edizione cartonata che in veste deluxe per gli appassionati irriducibili della serie con quasi il triplo delle pagine e tanti extra.

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Panini-Disney: le novità di gennaio

  • Pubblicato in News

Sul nuovo numero di Anteprima sono state annunciate le novità Panini/Disney per il mese di gennaio. Iniziamo segnalando l'uscita dell'ultimo numero di Tesori Made in Italy dedicato a Giorgio Cavazzano. Le altre altre novità, sono:

- Topolino 3237 vede il ritorno di Fantomius di Marco Gervasio.
Topolino 3238, previsto per il 13 dicembre, oltre a presentare l'ultima parte de La nuova Storia & Gloria della Dinastia dei Paperi, proporrà una storia celebrativa di Vito Stabile e Alessandro Perina per i 70 anni di Zio Paperone.
Topolino 3239, numero natalizio, presenterà la storia Zio Paperone e il nuovo Canto di Natale di Marco Bosco e Silvia Ziche.
Da Topolino 3240, previsto per il 27 dicembre, partirà invece la saga in 5 episodi Donald Quest, prodotta da Disney Publishing Worldwide, scritta da Stefano Ambrosio e disegnata da Andrea Freccero.

- Uack!, la collana dedicata a Carl Barks e ai suoi epigoni, riparte ancora una volta con un numero 1. Da gennaio il titolo sarà Uack! presenta Vita da Paperi dove, leggiamo, "proseguono in cronologia le storie di Walt Disney’s Comics and Stories e degli altri comic book". Ecco le info tecniche: 17 x 24, B., 128 pp., col. • Euro 5,00

- Disney Tesori International 11, non sarà più "Pippo nella storia", come annunciato in precedenza, ma sarà invece dedicato alle storie di Carl Barks che hanno ispirato la serie animata DuckTales. Info tecniche: 13,8 x 20, B., 226 pp., col. • Euro 6,90.

- Disney Legendary Collection, dopo Wizards of Mickey e di X-Mickey, ospiterà dal numero 20 la saga de I mercoldì di Pippo di Rudy Salvagnini e Lino Gorlero. Info tecniche: 17 x 24, B., 128 pp., col. • Euro 4,50.

- Al via la collana Mickey Superstar (ospitata su Super Disney). Ogni numero vede un'antologia di storie con Topolino insieme a un altro personaggio. Nel primo albo, avremo una selezione di storie con Pippo. Info tecniche: 13,8 x 20, B., 384 pp., col. • Euro 5,90.

- Previsto per gennaio anche il nuovo volume antologico Invernissimo (Disney Time 83). Tra le storie presenti: “Topolino e la neve spazzastoria” di Casty, “Paperino e l'inverno ai Tropici”, di Ennio Missaglia e Luciano Bottaro e “Pippo e gli amichevoli pupazzi di neve” di Davide Costa e Ottavio Panaro. Info tecniche: 13,9 x 18,5, B., 240 pp, col. • Euro 3,50.

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