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Lo Spettacolare Spider-Man, recensione: i graphic novel ante-litteram di Lee e Romita

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Quando il successo della Marvel superò ogni aspettativa, la Casa delle Idee si svincolò dall’accordo distributivo stretto con la DC Comics che imponeva un limite di testate mensili a 8. Siamo nel 1968, Stan Lee - all’epoca editor in chief - e il suo staff decisero così di espandere il loro parco testate anche con proposte diversificate. Una di queste fu The Spectacular Spider-Man che, nelle intenzioni originali, avrebbe dovuto affiancare ogni 3 mesi la classica Amazing, rivolgendosi però a un pubblico più maturo e consapevole, proponendo racconti auto-conclusivi (oggi diremmo graphic novel) e con un numero di pagine maggiore, formato gigante 24x28 e prezzo, naturalmente, maggiorato. La proposta forse era troppo in anticipo sui tempi, tanto che l’editore Martin Goodman, poco convinto dell’idea, la chiuse con il secondo numero. Panini Comics ha raccolta la breve, ma interessante, vita della testata in un unico volume della collana I Grandi Tesori Marvel.

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Il team artistico di The Spectacular Spider-Man era composto dai due autori di Amazing dell’epoca, ovvero Stan Lee e John Romita Sr. La prima avventura si intitola Ecco a voi… Il Mostro (che tempo dopo verrà riadatta e pubblicata anche sul mensile classico di Spidey) e vede il candidato sindaco di New York Richard Raleigh favorito per la vittoria finale grazie al suo carisma. La sua battaglia alla criminalità lo rende vittima di diverse attentati pubblici, in particolare ad opera di un gigantesco uomo con una forza disumana. Tuttavia, quest’ultimo è al soldo dello stesso Raleigh e tutti i vari attacchi alla sua figura non sono altro che macchinazioni dello stesso politico per sostenere la sua stessa candidatura. Nonostante l’appoggio incondizionato di Jonah Jameson, Spider-Man e il capitano Stacy, vittima del “mostro”, capiscono ben presto che sotto c’è del marcio.
Comprimari della storia troviamo tutto il cast di Amazing dell’epoca, da Gwen Stacy, fidanzata di Peter Parker, a Mary Jane, passando per Harry Osborn, fino all’immancabile zia May.
La storia si contraddistingue per la scelta del bianco e nero e per le splendide tavole di Romita. Lee, al suo solito, rende il tutto piacevole grazie a una buona dose di mestiere e ironia, tuttavia Ecco a voi… Il Mostro non è certo la sua migliore prova sul personaggio e la figura di Raleigh appare troppo stereotipata e lo stesso sviluppo della trama fin troppo prevedibile.

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A seguire, troviamo la storia breve L’inizio, che a distanza di 6 anni, rinarra l’origine di Spider-Man per presentarlo al pubblico della testata. Al fianco di Lee troviamo alle matite suo fratello Larry Lieber che ha il compito di ridisegnare quanto fatto da Steve Ditko in Amazing Fantasy #15. La storia, rispetto all’originale, ha una narrazione più veloce e moderna, oltre che un tono più drammatico, e seppur la sua resa è inferiore a quella originale, assolve il suo compito di recap per i nuovi lettori.

Il vero gioiello, però, arriva dal numero 2 di The Spectacular Spider-Man. In Goblin vive! Lee e Romita riportano in scena quella che è la nemesi per eccellenza di Spider-Man: Goblin. In Amazing Spider-Man 39 e 40, avevamo scoperto l’identità del folletto verde che altri non è che Norman Osborn, il padre di Harry. L’uomo, a sua volta, conosce l’identità segreta dell’Uomo Ragno e questo è un grave pericolo per il nostro eroe. Fortunatamente, la battaglia finiva con la perdita di memoria da parte di Norman che iniziava, da lì, un lungo periodo di travaglio.

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Nelle prime tavole della nuova avventura, troviamo alcuni dei comprimari della serie, fra cui Peter e Norman, assistere a una conferenza tenuta dal capitano Stacy in cui, fra le altre cose, vengono mostrate foto di lotta fra Spider-Man e Goblin. La visione delle immagini scuote Norman che esce dalla sala con Peter che monitora, visibilmente preoccupato, la situazione. Il ragazzo ricorda, tramite dei flashback, il suo ultimo scontro con Goblin sopracitato. Tra l’altro, è la stessa storia che ha segnato l’esordio di Romita su Amazing al posto di Ditko che abbandonò proprio per contrasti con Stan Lee sull’identità di Goblin.
Norman ricorda ora tutto ed è deciso a prendere la sua vendetta su Spider-Man che vivrà momenti d’ansia e preoccupazione dovendo affrontare un uomo, non solo pericoloso, ma che conosce la sua identità e che, per giunta, è il padre del suo migliore amico.

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L’avventura, questa volta a colori, è un po’ la summa degli anni ’60 di Spider-Man, un vero classico che, in un certo senso, rappresenta la storia tipo perfetta dell'Uomo Ragno. A partire dalla presenza di Norman Osborn/Goblin, nemesi capace di scuotere l’animo di Peter come nessun altro. Sono presenti i dilemmi tipici del protagonista - super-eroe con super-problemi -, dall’identità segreta all’intreccio familiare. È presente il cast storico nel momento più iconico di Spider-Man, nonché il team artistico più amato: Lee/Romita. Tutto è perfetto, dall’intreccio narrativo alla resa dei personaggi, fino alla tavole splendide di Romita che esplodono in alcune splash-page psichedeliche tipiche del periodo.

L’edizione cartonata Panini Comics, con tanto di copertina-poster, rende giustizia alle storie grazie al formato gigante e alla carta lucida. Il libro, per questo, è consigliato sia a chi possiede già il materiale sia a chi vuole un volume di Spider-Man nel suo momento più iconico.

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Seven to Eternity 1: Il Dio dei Sussurri, recensione: un fantasy dai toni shakespeariani

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C’era una volta il pianeta Zhal, un mondo fantastico illuminato dalla magia e protetto dai Cavalieri Mosak, un ordine di guerrieri dotati di straordinari poteri che li connettono al piano spirituale. La vita scorreva tranquilla e le diverse razze vivevano in pace e prosperità fino all’arrivo dell’autoproclamatosi Dio dei Sussurri, un essere dagli incredibili poteri. Costui un tempo era il Cavaliere Mosak di nome Garlis Sulm e il suo dono era quello di accedere ai sensi degli altri uomini, riuscendo a vedere e a sentire tutto quello che questi vedevano o sentivano. Ma l’animo di Garlis era tenebroso e covava desideri di conquista, così cedette al suo “lato oscuro” e usò il suo potere per lusingare il prossimo con promesse e offerte, col risultato che ben presto quasi tutta la popolazione di Zhal gli offrì la sua anima per avere ricompense e benefici. Gli occhi e le orecchie del Dio dei Sussurri erano ormai dovunque, mentre intere città e villaggi venivano sedotti dalle proprie subdole lusinghe. Gli animi degli uomini vennero corrotti e diffamazione e delazione divennero pratiche comuni per colpire coloro che non si sottomettevano all’oscuro signore. Un solo uomo non volle mai ascoltare le offerte del dittatore: Zebediah Osidis.

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Anche il vecchio Zeb era stato un Cavaliere Mosak da giovane e aveva conosciuto Garlis Sulm. Quando quest’ultimo cominciò a corrompere e a compromettere l’ordine, Zeb lo denunciò ma nessuno gli credette, perché l’influenza del malvagio era troppo forte. Garlis tentò di infettare anche l’anima di Zeb con le sue offerte ma non ci riuscì: troppo forte l’integrità morale del patriarca della casata Osidis, convinto che il degrado di ogni principio inizi con un singolo compromesso. Un furibondo Dio dei Sussurri, adirato per il rifiuto di Zeb, ne calunniò il nome e la rispettabilità, causando l’esilio del Cavaliere e della sua famiglia. Il Clan Osidis si ritirò per vivere ai margini della civiltà, sulle montagne sacre che avevano ospitato gli antichi spiriti. Una vita dura e piena di stenti, durante la quale Zeb e la moglie avevano dovuto provvedere ai due figli, i piccoli Adam e Peter, quest’ultimo gravemente malato. La ferma volontà di Zeb di non venire meno ai propri principi morali non vacillò neanche di fronte alla malattia di Peter: quando quest’ultimo morì, Adam cominciò a covare del risentimento nei confronti del padre per la vita difficile a cui aveva condannato la sua famiglia, pur ammirandone l’integrità. “Mai ascoltare le offerte del Re di Fango”, il mantra ripetuto da Zeb al figlio per tutta la vita. Gli anni passano e anche Zeb muore, ucciso dagli emissari di Garlis. Ora spetta ad Adam guidare la sua famiglia, ma soprattutto affrontare un dilemma morale: continuare sullo strada del padre, improntata allo stoicismo, o ascoltare ed eventualmente accettare le offerte del Dio dei Sussurri per proteggere la sua famiglia, ristabilire il buon nome della sua casata e farsi guarire dalla malattia che lo sta lentamente uccidendo?

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Seven To Eternity è la nuova serie creator-owned di Rick Remender, sceneggiatore tra i più prolifici del settore con altre brillanti serie di sua creazione come Deadly Class, Low, Tokyo Ghost e Black Science. Nonostante l’elevata qualità dei progetti precedenti, è proprio quest’ultima serie, illustrata dal fido Jerome Opeña, a rappresentare la summa del lavoro di Remender: la capacità di creare mondi fantastici e una mitologia propria, il gusto per il racconto, la naturalezza nel focalizzarsi sui sentimenti e sulla psicologia dei personaggi, evitando la tentazione di una metatestualità che possa appesantire e distogliere l'attenzione del lettore dalla narrazione. Una predisposizione già messa in evidenza durante gli anni in Marvel con serie straordinarie come Uncanny Avengers, e, soprattutto, quell’ Uncanny X-Force che ha rappresentato l’ultimo, grande tassello dell’epopea mutante prima del declino attuale, con una sarabanda di amori, tradimenti, e colpi di scena che hanno certificato la destrezza del Remender narratore, incoronandolo come unico possibile erede dell’indimenticabile Chris Claremont.

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In Seven To Eternity ritroviamo tutti gli elementi tipici dello scrittore, tra rimandi e citazioni ad altre saghe chiave della cultura pop come Star Wars e Lord of the Rings, che si saldano però a riflessioni importanti sulla natura umana. È giusto evitare ogni tipo di compromesso, elemento fondante della società fin dall’alba dei tempi, quando non c’è altro modo di salvare la propria famiglia? E se si sceglie di scendere a compromessi, quale prezzo si paga? Come restare integri in tempo di guerra? A cosa può portare il potere assoluto, se non si ha il rigore per gestirlo? Non mancano anche metafore della situazione sociale del mondo reale, quando la guerriera Mosaico racconta l’ascesa al potere di Garlis Sulm e di come la colpa della crisi che ne derivò venne attribuita alle minoranze e agli stranieri. Un passaggio che fa riflettere, soprattutto in tempi socialmente e politicamente convulsi come i nostri. Questi sono i temi alti al centro di Seven to Eternity, uniti ad una prosa assolutamente avvincente.

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All’eccellente risultato finale partecipano senza dubbio anche le tavole mozzafiato di Jerome Opeña, collaboratore storico di Remender fin dai tempi di Fear Agent e della succitata Uncanny X-Force. Le illustrazioni del disegnatore filippino rappresentano la perfetta sintesi tra il dimanismo tipico del fumetto a stelle e strisce e l’autorialità del fumetto europeo, approdo naturale della sua ricerca stilistica. È impossibile non cogliere l’influenza di Moebius nella rappresentazione del mondo incantato di Zhal, anche se l’abilità esibita nell’uso del tratteggio per levigare corpi e volti rivela l’attenzione con la quale Opeña ha studiato l’opera del nostro grande e indimenticato Sergio Toppi. I disegni dell’artista si fondono alla perfezione con le brillanti scelte cromatiche del colorista Matt Holligsworth, abile nel blandire la pupilla del lettore con i colori accesi e vivaci con i quali raffigura gli spiriti e gli elementi magici.

Seven to Eternity viene proposto da Panini Comics nel consueto formato 100% HD da cartonato soft-touch, scelta vincente per una serie che, ne siamo certi, si avvia a diventare un classico moderno.

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Cage!, recensione: il folle divertissement di Genndy Tartakovsky

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Dopo 9 anni dal suo annuncio (10 per l'Italia), arriva finalmente Cage!, miniserie in 4 albi scritta e disegnata da Genndy Tartakovsky, geniale cartoonist americano (di origine russa) che ha dato vita a serie tv come Il laboratorio di Dexter, Superchicche, Samurai Jack nonché al franchise cinematografico di Hotel Transylvania. La mini, lanciata sulla scia della serie Netflix dedicata a Luke Cage con protagonista Mike Colter, in realtà si differenzia dal telefilm per toni, tematiche ed epoca, lasciando così al fumettista la piena libertà creativa.

Il risultato è un folle divertissement ambientato negli anni '70, periodo in cui esordisce l'eroe e in cui la Marvel attua una politica di differenziazione sociale introducendo nuovi eroi, spesso di diverse etnie. Tartakovsky gioca molto con l'epoca di riferimento, proponendo bizzarri personaggi agghindati in sgargianti abiti tipici del periodo, corredando il tutto con un'atmosfera molto camp. Tuttavia, come vedremo più avanti, l'autore non ricorre al classico Marvel style anni '70, sia a livello grafico che narrativo, ma, adoperando il periodo storico unicamente come setting temporale, sfoggia appieno il suo stile personale, per intenderci, alla "Cartoon Network".

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La trama, che vede Luke Cage sulle tracce di alcuni eroi scomparsi, catturati dal perfido Professore Soos,  scorre veloce e ha un tono volutamente scanzonato e surreale, offrendo all'autore il pretesto per tutta una serie di situazioni e gag sopra le righe. Il suo lavoro, però, non è da intendersi come una parodia, quanto invece come una rivisitazione autoriale e personale di un personaggio e di un periodo da lui molto amati.

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Di sicuro è l'aspetto visivo la parte più importante del lavoro di Tartakovsky. Il fumettista ricorre spesso a splash-page e a vignette molto grandi, proponendo un ritmo elevato, grazie anche a dialoghi veloci, che ricorda più quello di un cartone animato che di un fumetto. D'altronde Cage! è una storia d'azione pura.
Il tratto spilogoso e cartoonesco di Tartakovsky, dà vita a tutta una serie di personaggi spesso dai tratti animaleschi, dalle espressioni deformate iper-caricaturali che ricordano appunto i suoi lavori nel campo dell'animazione.
I colori di Scott Wills puntano a conferire un'atmosfera psichedelica, tipica dall'arte hippie, con toni acidi e contrasti netti. Memorabile la sequenza di ben 7 spash-page nell'albo #2 dovuta al trip di Cage dove Tartakovsky e Wills danno sfogo a tutta la loro follia creativa.

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L'edizione Panini Comics adopera lo stesso formato utilizzato per la serie Hip Hop Family Tree di Ed Piskor, dunque un volume di grosse dimensioni (23,4X33 cm), brossurato con copertina rigida. Un libro di pregio, arricchito da un'ampia gallery di cover che, grazie al formato grande e alla carta lucida, propone questa folle opera in maniera degna.

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Panini Comics, annunciato il primo volume dell'Omnibus Marvel del Daredevil di Bendis e Maleev

  • Pubblicato in News

Panini Comics ha presentato su Anteprima il primo volume dell'omnibus dedicato al Daredevil di Brian Michael Bendis e Alex Maleev, lo storico ciclo che a inizio millennio segnò uno dei punti più alti del personaggio Marvel.

Il tomo, di 816 pagine, dal prezzo di 75€, contiene i numeri di Daredevil (1998) 16/19, 26/50 e 56/60, oltre a numerosi extra. Di seguito trovate tutti i dettagli.

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