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Vecchio Occhio di Falco 2 - Giustizia Cieca, recensione: la fine del viaggio

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Nel 2008 usciva nelle fumetterie americane Old Man Logan, pubblicato in Italia col titolo di Vecchio Logan, saga futuristico – distopica di grandissimo successo per i testi di Mark Millar e i disegni di Steve McNiven. Nel futuro desolato immaginato dallo sceneggiatore di Kick-Ass e Kingsmen, i supercriminali si sono alleati tra loro e hanno sconfitto tutti gli eroi, uccidendone la maggior parte, così da spartirsi gli Stati Uniti d’America. Tra i pochi sopravvissuti c’è Logan, l’uomo un tempo conosciuto come Wolverine, che conduce una modesta vita di agricoltore nell’area una volta corrispondente alla California, ora proprietà della terribile gang degli Hulk. Il mutante verrà coinvolto suo malgrado dall’amico ed ex collega Vendicatore Occhio di Falco, ormai cieco, in una ultima avventura on the road attraverso ciò che resta degli USA, in un disperato tentativo di rovesciare il governo del Teschio Rosso, insediatosi alla Casa Bianca dopo la caduta degli eroi. Mad Max in salsa superoistica, Old Man Logan fu una delle “hit” di maggior fortuna della Marvel dello scorso decennio, ispirando in parte uno dei migliori cinecomic mai realizzati, quel Logan vincitore di un Oscar per la miglior sceneggiatura non originale.

La stessa Casa delle Idee è tornata più volte a visitare la distopia immaginata da Millar e McNiven, prima facendo arrivare nell’universo Marvel regolare lo stesso Vecchio Logan a seguito degli eventi del cross-over Secret Wars, poi con un “prequel” ufficiale dedicato stavolta al vecchio Clint Barton e realizzato dal duo composto da Ethan Sacks e Marco Checchetto.

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Uscito in Italia in occasione della scorsa mostra mercato di Lucca, il primo volume di Vecchio Occhio di Falco aveva stupito i lettori per la disinvoltura dimostrata dal quasi debuttante Sacks nel costruire un western distopico avvincente e nel giocare con la vasta continuity Marvel, riuscendo a sfuggire abilmente al confronto con l’ingombrante prototipo; ma il vero fiore all’occhiello di quei primi sei numeri era costituito dai disegni al fulmicotone del nostro Checchetto, alle prese col lavoro che lo collocava definitivamente tra i più grandi talenti del mercato fumettistico a stelle e strisce. Tavole spettacolari e dirompenti, cariche d’azione, unite ad un restyling ispirato di alcuni tra i più classici eroi e criminali del cosmo Marvel.

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Nel secondo volume della maxiserie ritroviamo il vecchio Clint Barton, l’uomo che un tempo era conosciuto come il vendicatore Occhio di Falco, intento a riprendere il suo viaggio in compagnia della sua vecchia amica ed aiutante Kate Bishop, che in passato aveva sostituito proprio Clint nel ruolo di arciere. Barton, ormai reso quasi cieco da un glaucoma, sta attraversando gli Stati Uniti d’America per andare a caccia dei vecchi membri dei Thunderbolts, squadra di ex-criminali solo apparentemente redenti, che si erano resi responsabili del tradimento e del massacro della squadra di Avengers guidata da Clint, compresa l’amata Natasha Romanoff, la Vedova Nera. Come nelle rese dei conti dei migliori film western, Clint somministrerà una vendetta implacabile ai suoi avversari, fino ad arrivare allo scontro finale col Barone Zemo, il leader dei Thunderbolts. Come se non bastasse, i due arcieri sono tallonati da Bullseye, la spietata nemesi di Daredevil, ora “sceriffo” al soldo del Teschio Rosso, che ha provveduto a  potenziarlo con innesti cibernetici alla Deathlok.

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Il viaggio di Vecchio Occhio di Falco arriva alla sua conclusione, purtroppo, circondato da un’imprevista atmosfera di disimpegno: la resa dei conti finale tra Clint, Zemo e Bullseye risulta piuttosto di maniera e non all’altezza delle aspettative suscitate dal primo, ottimo volume. Ma le noti dolenti arrivano soprattutto dal reparto grafico: Checchetto realizza solo tre dei sei numeri contenuti nel volume, in quanto scelto dalla Marvel come illustratore del nuovo corso di Daredevil (dove sta svolgendo un lavoro egregio), e i sostituti scelti non sembrano all’altezza del talento dell’artista veneto. L’episodio chiave, quello contenente il lungo flashback sul massacro degli Avengers da parte dei criminali, viene affidato al brasiliano Ibraim Roberson, un discreto artigiano del tavolo da disegno e nulla più, che con le sue tavole dalla composizione piuttosto semplice non riesce a trasmettere il pathos di un momento così doloroso e determinante per l’intera vicenda. Gli episodi conclusivi sono opera della matita dell’italiano Francesco Mobili, qui al suo primo incarico per Marvel Comics. Pur lasciando intravvedere qualità interessanti per quanto riguarda il  dinamismo e la struttura della tavola, l’artista toscano è al momento un buon prospetto di disegnatore che ha bisogno di crescere e ogni paragone col lanciatissimo Checchetto ci sembra al momento improponibile e ingeneroso. Lo aspettiamo con curiosità alle prossime prove.

Vecchio Occhio di Falco conclude la sua corsa con un secondo volume che non risponde del tutto alle aspettative suscitate, lasciando nella bocca del lettore il gusto amaro di un’occasione sprecata.

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Punisher Collection 10: Polvere bianca, recensione: l'esordio della serie a fumetti del Punitore

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La collana antologica Punisher Collection edita da Panini Comics sta alternando saghe moderne a classiche dell’anti-eroe Marvel Comics. Con “Polvere bianca”, l’editore modenese ci ripropone quello che è l’esordio effettivo della prima serie a fumetti di Frank Castle.

Come noto, il personaggio nasce nel 1974 sulle pagine di The Amazing Spider-Man, creato da Gerry Conway, Ross Andru e John Romita Sr. Dopo una decina di anni vissuti da character secondario, nel 1986 il Punitore ebbe la sua prima miniserie da protagonista ad opera di Steven Grant e Mick Zeck. Con i tempi ormai maturi, il successo della mini porterà l’editor Carl Potts a dar finalmente vita una testata regolare intitolata - ovviamente - The Punisher. Da questo momento, l’ascesa del Punisher sarà inarrestabile, tanto da arrivare ad essere protagonista di ben tre serie regolari contemporanee nella prima metà degli anni ’90.

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Potts, per la prima serie regolare del personaggio, piuttosto che confermare il team della miniserie “Circle of Blood” si affiderà per questa nuova avventura ai testi di Mike Baron e alle matite di Klaus Jason. Baron è un autore giovane, ma la sua opera indipendente Nexus, realizzata insieme a Steve Rude, è apprezzata e premiata dal pubblico e critica. Il 1987 per l’autore sarà un anno fondamentale: la DC Comics gli offre la testata di The Flash e la Marvel, contemporaneamente, quella del Punitore.

Come possiamo leggere dal volume Panini Comics, questo primo ciclo di avventure del personaggio è composto da storie dalla durata di uno o due albi massimo, quasi del tutto indipendenti l’una dall’altra. Castle si troverà a lottare contro trafficanti e malavitosi in avventure mature realizzate con uno stile asciutto che risulta ancora oggi moderno e dotato di ottimo ritmo narrativo.

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Klaus Jason, che in quegli anni affiancava Frank Miller nei suoi seminali Daredevil e Batman: Il ritorno del Cavaliere Oscuro, con il suo tratto ruvido e nervoso, ci restituisce un Punitore massiccio e rude inserito in tavole dall’efficiente regia. Tuttavia, gli episodi 4 e 5 presentano un tratto fin troppo poco rifinito e all’apparenza frettoloso.
Le ultime due storie sono disegnate dal modesto David Ross il cui lavoro ci appare come senza infamia e senza lode e non all’altezza di quello di Jason.

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Grazie a Punisher Collection: Polvere bianca i lettori italiani possono leggere per la prima volta queste storie a colori. La prima (e, fino a poco fa, unica) uscita italiana di questo ciclo era infatti in bianco e nero e in formato bonelleide 17x26. La Star Comics, che all'epoca deteneva i diritti del personaggio, pensò di differenziare la pubblicazione della serie in quanto più matura rispetto a quelle tradizionali Marvel e, solo dal numero 13, passare alla sua pubblicazione a colori. Questo particolare, dunque, rende ancora più gustoso questo volume per i vecchi fan, mentre quelli nuovi potranno leggere le prime avventure in solitaria di Frank Castle: una lettura magari non imprescindibile, ma solida e soddisfacente.

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Come verranno pubblicate in Italia House of X e Powers of X

  • Pubblicato in News

Nicola Peruzzi, Editorial Coordinator presso Panini Comics, ha spiegato in un post sul sito Panini come verranno pubblicate le due serie mutanti House of X e Powers of X, scritte da Jonathan Hickman e illustrate da Pepe Larraz e R.B. Silva, in arrivo da noi a novembre.

Ecco le sue parole:

"Proporre queste due serie a cadenza mensile al ritmo di quattro storie alla volta, vista la lunghezza, sarebbe stato impensabile e probabilmente riduttivo. Di conseguenza abbiamo scelto di puntare su due quindicinali alternati. Le due serie saranno quindi pubblicate, al ritmo di un albo alla volta, all’interno dell’ammiraglia Gli Incredibili X-Men e nella gemella I Nuovissimi X-Men, che per l’occasione verranno ribattezzate rispettivamente House of X e Powers of X.
In questo modo, dal primo al quarto giovedì del mese, ogni settimana avrete una dose di X, proprio come accade con le vostre serie TV preferite (e no, non quelle che vi guardate in 10 ore di seguito di bingewatching). Fidatevi, l’attesa tra un numero e l’altro sarà comunque spasmodica, anche se si tratterà di appena sette giorni.
I primi due albi saranno sovra-paginati, 56 pagine ciascuno, gli altri invece di 32 (ma non posso ancora avere la certezza che sul finale non possano arrivare altri albi a 56 pagine).
Ricapitolando, avrete due serie quindicinali che si comporteranno come una serie unica composta di dodici albi in totale a cadenza settimanale, una storia alla volta. Direi che c’è di che stare allegri, X-fan.

LA PROSSIMA ERA MUTANTE È ADESSO!

C’è ovviamente un MA in arrivo. Con HOX & POX abbiamo dovuto applicare una logica nuova ai nostri piani editoriali, dato che l’ordine di lettura delle due serie HOX e POX non è sempre sequenziale.
Seguitemi, perché qui diventa complicato.
Ci sarà un momento, intorno a dicembre, in cui le due serie non si altereranno l’una all’altra come all’inizio (HOX 1, POX 1, HOX 2, POX 2...), ma avranno due numeri in sequenza della stessa serie: a POX 2 seguirà POX 3, cui succederà HOX 3 e poi HOX 4. E l’ordine di lettura, come menzionavo in apertura, non è prescindibile.
Di conseguenza, per la prima volta nella nostra storia editoriale, ci troveremo a dover prescindere il contenuto dal contenitore. Per fare un esempio pratico: Gli Incredibili X-Men 358 (che di regola conterrebbe House of X) conterrà il numero 3 di Powers of X, mentre I Nuovissimi X- Men 75 (di regola casa di POX) conterrà House of X 3. Dal numero successivo, tutto tornerà regolare.
Sento già arrivare le critiche dei collezionisti non completisti, ma fidatevi: questa è la migliore modalità di lettura possibile.
Spero di essere stato abbastanza chiaro. Ma se così non fosse, non abbiate timore di chiedere delucidazioni nella pagina Facebook Panini Marvel Italia, dove io stesso o la redazione provvederemo a fugare ogni dubbio.
Non vedo l’ora che possiate leggere in italiano House of X e Powers of X, Marvelliani. È l’inizio di tante, tantissime cose a venire, e della prossima grande era degli X-Men."

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Kick-Ass: La nuova tipa 2, recensione: la "nuova gestione" senza Millar e Romita Jr.

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Fra le opere del Millaworld, Kick-Ass è certamente la più popolare. Giunta alla sua naturale conclusione nel 2014 con il protagonista Dave Lizewski che appendeva il costume al chiodo per diventare un poliziotto, nel 2018 Mark Millar decide di rilanciare il progetto, dando vita a uno spin-off interamente dedicato a Hit-Girl e proseguendo le vicende di Kick-Ass con una nuova protagonista e uno scenario inedito.

L’idea alla base della serie non muta: dar vita a un “supereroe” che agisce nel mondo reale, dove i superpoteri non esistono. Dunque, persone comuni che decidono di indossare un costume e contrastare la criminalità.
Nel caso di Dave Lizewski ci trovavamo di fronte a un liceale che aveva letto troppi fumetti e che, anche per vanità e adrenalina, combatteva il crimine. Non era presente, dunque, il classico evento scatenante dei fumetti che porta all’origine dell’eroe, al limite solo il riscatto sociale di un nerd insicuro. Le premesse nobili, dunque, si confondevano con quelle puramente egoistiche.
Da questo punto di vista, Lizewski incarnava anche la figura tipica dell’alter ego dei supereroi dei fumetti classici: bianco, newyorkese, insicuro e in cerca di riscatto.

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Con la nuova serie, invece, Millar si rifà al più inclusivo fumetto contemporaneo. La protagonista è una donna afro-americana, Patience Lee, e le vicende si svolgono nel New Mexico. Patience è una ex militare congedata che lavora in una tavola calda per mantenere i suoi due figli dopo che il marito l’ha piantata in asso. Per far quadrare i conti la donna potrebbe lavorare col cognato Maurice per i locali di Hoops, boss della zona, ma Patience decide di prendere una strada alternativa: indossare il costume di Kick-Ass e, grazie alla sua preparazione militare, colpire le finanze di Hoops per distribuire le ricchezze ai più bisognosi.

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Il primo volume della serie si concludeva con Patience che uccideva Hoops e con il marito della sorella che scopriva la sua identità ma finiva in coma. Nel “Libro Due”, Kick-Ass è ora a capo di una gang di criminali che ha lo scopo di smantellare le bande rivali e ridistribuire i beni ai più bisognosi. Il nuovo obiettivo è Hector Santos che vuole occupare il vuoto lasciato dalla morte di Hoops, ma battere la sua gang non sarà semplice. Per Patience, inoltre, c’è un’ulteriore problema: la vita di Maurice è in bilico e lei non sa se sperare se il cognato sopravviva o meno. In ballo c’è non solo il rapporto con l’amata sorella, ma anche la sua identità segreta. D’altronde, i problemi morali sono al centro della saga: Patience, che trattiene dalle refurtive solo 800 dollari al mese per poter portare avanti la sua famiglia, si chiede se la strada intrapresa è giusta e fin dove può spingersi.

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Il primo volume della nuova serie vedeva all’opera i due creatori della saga: Mark Millar e John Romita Jr. Ora, così come per Hit-Girl, gli autori passano il timone a un nuovo team creativo composto, in questo caso, da Steve Niles ai testi e da Marcel Frusin alle matite.
Kick-Ass non ha mai brillato per profondità narrativa ed è sempre stato un fumetto molto action e caciarone, tuttavia sempre divertente e godibile e ciò possiamo dirlo anche per questa nuova incarnazione. Certo, la storia imbastita da Niles fila fin troppo liscia, risolvendosi in maniera semplice risultando, dunque, una lettura gradevole ma molto rapida, leggera e poco originale.
Le tavole di Frusin hanno un’ottima regia che ben si sposa alla natura action del racconto e il suo tratto sporco è ben valorizzato dal lavoro del colorista Sonny Cho che ben copre anche qualche tavola troppo spoglia.

Per l’edizione italiana curata da Panini Comics vale lo stesso discorso fatto per i volumi di Hit-Girl: ottima confezione e cura editoriale, ma avremmo preferito per la tipologia di serie un’edizione da edicola, magari seguita da una da libreria piuttosto che presentarla direttamente in formato cartonato.

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