Un anno dopo il successo dell’esordio dedicato al capitano Fishleg, la collana Color Zagor prosegue il progetto – interessante quanto astuto dal punto di vista editoriale – di dedicare ciascun numero a uno dei personaggi storici delle avventure dello Spirito con la scure. In attesa quindi di riabbracciare, secondo le anticipazioni del curatore Moreno Burattini, i vari Guitar Jim, Rochas, Metrevelic e Winter Snake, ecco "il ritorno di Guthrum".
La trama sfrutta la leggendaria vicenda dei primi insediamenti vichinghi nel Nord America: Zagor e Cico accompagnano quindi l’amico Guthrum e una banda di dieci eroici vichinghi in una spedizione archeologica sulle tracce del tesoro e delle armi di Erik il Rosso. L’intreccio fra passato e presente – che non può che essere l’elemento narrativo tipico della collana – viene in questo caso gestito attraverso l’espediente narrativo di Molti Occhi, già di per sé abusato, e in questo contesto particolarmente inutile e dannoso, sia perché moltiplica e ingarbuglia i livelli del racconto, sia perché toglie ulteriore spazio a una storia già in se stessa troppo densa. La debolezza di quest’albo, scritto da Jacopo Rauch e disegnato da Gianni Sedioli, consiste proprio nel voler mettere troppa carne al fuoco. Gli elementi narrativi si intralciano fra loro, introducendo con troppe parole molti soggetti che, nella dinamica degli eventi, scompaiono nel giro di poche pagine. Non c’è spazio per sviluppare dignitosamente i Salteaux Wendigo né i Draugar (pericolosi deja vu col tesoro maledetto del n. 200). Allo stesso modo, il tentativo di caratterizzazione dei compagni vichinghi si risolve in una presentazione a parole di Guthrum tronfia quanto inefficace, al punto che quando i nostri “eroi” spariscono – in un batter d’occhio – quasi non riusciamo a distinguerli.
Ma non sono gli unici elementi a stonare. Sterili sono le figure di Lena e soprattutto di Sven, il quale si presenta pettinato, con barba curata e senza neppure un’ammaccatura dopo essere stato imprigionato diversi giorni in un dirupo. Insipido il ruolo dello stregone Ragnar, i cui presagi dovrebbero caricare di suspance e invece spoilerano il finale. Infine, si rilevano alcuni comportamenti anomali persino nello stesso Zagor, il quale dapprima tratta Cico come un bambino tenendolo all’oscuro del loro viaggio, poi accetta in diverse circostanze che i propri compagni si sacrifichino per il bene del gruppo.
Una considerazione finale: Re Guthrum – in quanto capo di una tribù vichinga che vive nell’America dell’Ottocento – è un personaggio nolittiano appassionante quanto delicato, perché capace di rappresentare la predominanza della pura componente immaginativa-surreale dell’avventura zagoriana. Il tentativo di riproporre il tono epico delle prime apparizioni (specie l’odissea dei nn. 170-172) stona con la mancanza di spazio: Zagor, come Tex, necessita di lungo respiro e non si può pretendere di condensare tutte le dimensioni dell’avventura in 128 pagine. Il Color Zagor estivo è un albo leggero, pensato per una lettura da spiaggia.