Un anno senza te è il nuovo volume Bao Publishing, in uscita il 25 maggio e presentato in anteprima all'ARF! Festival, scritto da Luca Vanzella, un autore ormai affermato da anni nel panorama del fumetto italiano, sui disegni di Giovanni Pota, in arte Giopota, ottimo illustratore e fumettista italiano, qui al suo primo graphic novel. Il fermento generale che si è creato attorno a quest'opera negli ultimi tempi ci ha spinti a indagare meglio il potenziale contenuto in questo lavoro e, per farlo, abbiamo deciso di dare la parola ai creatori stessi, che ringraziamo per la disponibilità.
Innanzitutto cominciamo con una domanda rituale: come è nato questo volume?
G: Luca voleva fare un libro a fumetti ed è capitato che volessi farlo anche io. L’ho tampinato un po’ perché mi facesse da lettore per dei soggetti che volevo proporre a un editore, nel frattempo lui mi ha chiesto se mi andava di fare qualche pagina per una storia che aveva scritto. Così è nato uno dei capitoli del libro, l’abbiamo fatto vedere a Bao a cui è subito piaciuto. Non ho esitato a mettere da parte i miei progetti per questo libro a quattro mani perché ho empatizzato subito con il soggetto e sapevo sarebbe stata la migliore scuola per cominciare a fare libri a fumetti.
Su Preview #17 è stato presentato per la prima volta il vostro graphic novel Un anno senza te, ma ancora poco si sa riguardo a quest'opera. Potete dirci qualcosa di più a riguardo, relativamente alla trama?
LV: la trama in sé e semplicissima: a settembre Antonio viene lasciato dal suo ragazzo, Tancredi, e gli strascichi si protrarranno per gli undici mesi seguenti. Questa è l’impalcatura, che più classica di così non si può, ma ogni capitolo (che corrisponde a un mese) è la sua piccola storia e il suo piccolo mondo dove vediamo Antonio non solo destreggiarsi con un cuore infranto ma con gli amici, il futuro, sé stesso, raffiche di flashback, dirigibili, draghi…
Una domanda a Vanzella: relativamente alla storia narrata, sono presenti delle influenze autobiografiche o comunque personali? Questa rielaborazione sofferta ha radici nell'esperienza o non è così strettamente legata alla tua vita?
LV: Risposta breve: è tutto inventato. Risposta lunga: è tutto vero, anche se non materialmente; non c’è nessuno specifico fatto o aneddoto da cui ho attinto ma rimane comunque un lavoro molto personale. Il bello della fiction è proprio quello di poter andare oltre sé stessi, in ricerca di qualcosa di più… vero? Universale? Non vorrei andare troppo sul pretenzioso adesso…
Come si è sviluppata la collaborazione per questo fumetto e come si sono strutturate le varie fasi? Ci sono state occasioni in cui una soluzione proposta dallo sceneggiatore è stata rivista e modificata in corso d'opera da un suggerimento, un'idea nata dal disegnatore o viceversa? Quanto si sono sovrapposti i ruoli?
LV: Abbiamo lavorato in modo non cronologico, diciamo così, facendo i vari capitoli in ordine sparso per assicurarci un omogeneità di stile per tutto il libro. Poi il vantaggio di essere non solo nella stessa città ma nello stesso quartiere ha fatto sì che abbiamo lavorato letteralmente spalla a spalla durante i layout, influenzandoci ad ogni passo.
G: Lavorare con Luca è stata piacevole e istruttivo. È capitato che io gli proponessi delle immagini che lui poi ha egregiamente elaborato in sceneggiatura, ma lo facevo solo quando sapevo di poter andare incontro a quelle che erano le sue esigenze narrative. Abbiamo accettato di buon grado ogni reciproca proposta che funzionava nel rispetto della storia e della regia e rifiutato con sincerità tutte quelle che poco ci convincevano.
In questa storia il protagonista, Antonio, è omosessuale e l'elaborazione della storia d'amore finita male con Tancredi è il punto di partenza dell'intero racconto. Non è il primo volume di Bao Publishing che tratta tematiche e personaggi del mondo LGBT, si pensi anche solo a La generazione di Flavia Biondi. Vi sono stati imposti dei paletti da non oltrepassare da parte dell'editore? Ce ne sono stati invece di autoimposti?
LV: Nessun paletto da parte dell’editore e anche nessun paletto da parte nostra! Se vi pare un po’ pudico date la colpa a me che sono io quello puritano...
G: Per quanto mi riguarda non penso che si possa etichettare esclusivamente come storia LGBT ma è sicuramente una connotazione che non passa inosservata (come invece secondo me dovrebbe, nel 2017). Credo che alla fine, leggendolo, ci si renda conto che il protagonista gay sia la cosa più normale di tutto il libro. E Bao, che non lo vende sbandierando arcobaleni ovunque, lo sa bene.
Nel trafiletto dedicato al volume riservato da Bao Publishing su Preview, ci ha colpiti la descrizione che date del volume, racchiusa nello slogan "Romanzo grafico di formazione e crepuscolare". Cosa intendete di preciso con queste parole?
G: Le storie di formazione non sono solo quelle che raccontano il passaggio da un’età all’altra. Le delusioni e gli errori ci cambiano, se ci va bene ci fortificano e inevitabilmente ci fanno crescere. I presupposti di questa storia sono tristi, comincia con una fine e racconta tutto il limbo che ne segue, in cui ci si sente inermi, fermi e legati all’idea di qualcosa che sarebbe potuto essere e non sarà mai. Ma questo è solo il sottotesto sul quale Luca ha costruito una storia che non fosse cupa. Antonio è il solo a non sapere di essere il protagonista della sua storia, in un mondo colorato che con effetti speciali e meraviglie cerca in tutti i modi di fargli capire che la vita non gira attorno alla persona che lo ossessiona. Alla fine starà solo a lui decidere di voler guardare avanti.
Passando alla parte artistica, una domanda per Giopota: Un anno senza te rappresenta il tuo primo approccio ad un lavoro di questa portata, un volume di quasi 200 pagine. Come ti sei trovato a gestire il carico di lavoro?
G: Siccome sono uno che non è tanto per le mezze misure, passare da un fumetto di 16 pagine (il più lungo che avessi mai fatto prima di Un anno senza te) a uno di 200 e più pagine è stato uno dei miei consueti salti nel buio. Sono una persona pigra e poco pragmatica, l’unico modo che ho per concretizzare idee che mi sembrano più grandi di me è intraprendere strade a senso unico. Firmando il contratto con un editore sapevo che non avrei avuto altra scelta che farmi carico della mole di lavoro e andare fino in fondo. Ci abbiamo messo due anni, tra marce indietro e deviazioni, appesantite da una costante ansia da prestazione, è stata un’odissea estenuante. Ma seppure sia consapevole di aver commesso qualche errore, sono riuscito a trovare un equilibrio all’interno di una routine e credo di aver fatto un buon lavoro per essere il mio primo libro.
La sceneggiatura è stata scritta pensandola proprio per il tuo stile oppure ti sei dovuto adattare tu alla storia? Come ti sei trovato a rappresentare graficamente la sceneggiatura di Vanzella?
LV: La sceneggiatura si è adattata sempre di più allo stile di Giovanni (e lo immaginavamo, uno dei motivi per cui abbiamo lavorato ai capitoli non in ordine), anche solo banalmente gli ho messo più cose che gli piace disegnare, come draghi, torri e cavalieri (ma è stata tutta una scusa per poi fargli fare le cose di cui aveva meno voglia, tipo le macchine).
G: Mi ricordo che quando me la propose, Luca mi disse che questa storia la vedeva bene disegnata da me. Forse è più il caso di chiedere a lui se si è dovuto adattare al mio estremo cambio di stile avvenuto in questi due anni! Ad ogni modo Luca mi ha dato la giusta libertà, e io credo di aver sempre rispettato la sua visione senza marciargli contro perché è prima di tutto il suo fumetto e sono contento di essere stato il mezzo per cui lui abbia potuto vedere realizzate le sue idee.
Come nasce una tua tavola? Come hai organizzato le diverse fasi del lavoro e quali spunti d'ispirazione ti hanno influenzato maggiormente? Come hai creato il character design? Ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
G: Come diceva Luca, abbiamo da subito deciso di non voler lavorare cronologicamente ai vari capitoli e di realizzarli in ordine sparso. È stata una scelta azzeccata in favore di una resa più omogena delle tavole, che abbiamo sempre costruito letteralmente fianco a fianco. Il mio stile è cambiato tanto dall’inizio della lavorazione e credo sia dovuto al mio istinto di sopravvivenza, ho semplificato il tratto e decostruito la colorazione utilizzando solo tinte piatte per velocizzare il processo. Mi sono ispirato tantissimo agli anime per questo. E anche i personaggi sono stati influenzati da questo cambiamento. Luca voleva un protagonista pacioccone e io, ritrovandomi molto sotto tanti aspetti nella sua storia, ho cercato di evitare di riflettervi la mia esperienza. Essendo io stesso “pacioccone”, provai a creare un protagonista sì morbido ma anche un po’ punk. E invece l’evoluzione del segno ha portato Antonio a diventare un ragazzotto acqua e sapone che mi dicono mi somigli, ma lui ha un sacco di capelli e poca barba, tutto il contrario di me!
Spesso i tuoi lavori sono stati paragonati a livello stilistico a Steven Universe, la serie animata di Cartoon Network ideata da Rebecca Sugar. Come si è evoluto negli anni il tuo stile e quali sono state le influenze principali che lo hanno formato? C'è stata una maturazione anche nel corso di questo volume?
G: Dal mio punto di vista, non credo di avere moltissimo in comune con lo stile Cartoon Network. Probabilmente questa è un’associazione indotta dal mio sbandierare ai quattro venti la passione che ho per Steven Universe, piuttosto che per una reale somiglianza stilistica. Certo, i cartoni animati sono da sempre la fonte primaria da cui attingo per espressività e sintesi. Prima di entrare nella fase avanzata di lavorazione del libro ero convinto che uno stile più disneyiano fosse la formula giusta per il mio disegno, ma poi mi sono reso conto che stavo soltanto remando contro quello che era il flusso evolutivo naturale del mio stile che è tutt’ora in viaggio verso un approccio da “anime moderato”.
La storia è ambientata a Bologna, una città magica intrisa d'arte e fucina di numerosi talenti. Che legame avete con questa città? Quanto è forte l'intreccio che correla la storia d'amore e i personaggi a questa città? Ma soprattutto: perché piovono conigli?
LV: con questo anno posso dire di aver vissuto più anni a Bologna che in qualsiasi altro posto, per cui era il posto più ovvio per me per ambientare una storia quotidiana, ecco poi la quotidianità è un po’ particolare perché siamo in una Bologna con molte più torri (e con i dirigibili che ci attraccano), c’è la musica che prende sostanza e ti finisce in tasca e sì, ci sono conigli che cadono dal cielo: perché? Perché sono bianchi come la neve e in questo mondo le metafore sono reali e nessuno ci fa davvero caso.
Parlateci un po' dei vostri progetti futuri: a cosa vi dedicherete ora che avete terminato il volume?
LV: Come libri sinceramente non lo so ancora di preciso, ho un bel po’ di cose nel cassetto che bramano di essere scritte… intanto comunque ci sono i lavori da edicola: uscirà presto un Battaglia per Cosmo Editoriale e Luca Genovese è al lavoro su un nostro Dylan Dog.
G: Io ho da finire il mio contributo a Melagrana, la nuova antologia di Attaccapanni Press in cui sarò presente con un fumetto di 16 pagine. E poi boh! Vorrei riprendere in mano uno dei soggetti che tengo da parte e provare a pensare a un libro di cui sono autore completo. Se Bao volesse fare uno sforzo di fiducia nei miei confronti sarei contentissimo di lavorare di nuovo con loro!