Gli anni ’90, nella storia del fumetto americano, sono spesso considerati sinonimo di cattivo gusto e di prodotti che, nonostante abbiano goduto di una certa popolarità al momento della loro uscita, non sono riusciti poi a superare la prova del tempo. Emblematica, in questo senso, è la parabola di Rob Liefeld, artista che ha suscitato controversie tra i lettori fin dai suoi primi lavori: amato da chi vedeva nel dinamismo delle sue matite e nelle distorsioni anatomiche dei suoi personaggi una rivoluzione estetica, per quanto estrema, odiato e deriso da chi considerava le sue storie piene di antieroi violenti e armati fino ai denti semplice spazzatura. Eppure il buon Rob la sua impronta nella storia del fumetto l’ha lasciata, per almeno un paio di motivi. Il primo è quello di aver contribuito alla nascita della Image Comics, casa editrice indipendente (e attuale terzo editore negli States) che ha conferito ai creativi un potere decisionale impensabile prima. Il secondo, è quello di aver creato, durante la sua permanenza in Marvel, due eroi diventati fin da subito beniamini del pubblico: Deadpool e Cable. Soprattutto quest’ultimo sarà il prototipo per la nuova generazione di eroi che segneranno il decennio: soldato dal passato nebuloso, è ritratto da Liefeld come un tank umano, corredato da armi da fuoco e appendici robotiche che lo rendono, per citare una famosa saga cinematografica, un riuscito amalgama tra il salvatore dell’umanità proveniente dal futuro Kyle Reese e la sua nemesi Terminator. Non citiamo a caso l’opera più celebre di James Cameron: è stato lo stesso regista, avido lettore di fumetti in gioventù, ad aver affermato più volte che l’ispirazione decisiva per la sua pellicola è arrivata da Giorni di un futuro passato, il momento più significativo insieme alla Saga di Fenice, della gestione Chris Claremont/John Byrne degli X-Men. Con l’arrivo di Cable si chiude un cerchio ideale: se la saga degli X-Men è essenzialmente la storia di una “famiglia” di emarginati condita da avventura, romanticismo e frequenti viaggi nel tempo e in dimensioni parallele, il guerriero creato da Liefeld ne rappresenta uno degli esempi più emblematici.
Rileggere Cable: Sangue e Metallo, a 25 dalla sua prima uscita, è come compiere uno dei balzi temporali di Nathan (Nate per gli amici) Summers. Siamo nel 1992 e Claremont ha lasciato le serie mutanti nell’anno precedente, dopo averle trasformate nel più grande successo commerciale nella storia della Marvel, grazie ad un mix di avventura, soap-opera e di trame a lunga gittata, i cui semi vengono piantati in sordina per esplodere poi anche a distanza di anni. Poco dopo se ne sono andati anche Jim Lee, la superstar della matita la cui importanza nell’economia delle storie degli Uomini X aveva finito per eclissare quella dello scrittore, costretto da questa e altre circostanze all’abbandono, e Rob Liefeld. Superato lo shock iniziale, la perdita di questi creativi finisce paradossalmente per favorire i piani della casa editrice per un’espansione senza limiti della sua linea editoriale di maggior successo. Senza figure ingombranti che possano pretendere controllo creativo, la Marvel è libera di incrementare esponenzialmente il numero di iniziative legate agli X-Men e al loro mondo, compresi i comprimari che fino a quel momento non avevano ancora avuto il loro posto al sole. Nella pletora di serie regolari, miniserie e one-shot che inondarono il mercato in quei primi anni ’90, una delle migliori fu senza dubbio Cable: Blood & Metal, miniserie in 2 ad opera di Fabian Nicieza e John Romita Jr..
La storia riprendeva il filo del lungo conflitto tra Cable e Stryfe che si era dipanato sulle pagine di X-Force, svolgendosi su due piani temporali. In una serie di flashback tratti da un passato recente, assistiamo alle missioni del Six Pack, gruppo di mercenari creato da un Cable arrivato da poco nella nostra epoca. Formato dallo stesso Cable, la sempre fedele Domino, Garrison Kane, G.W. Bridge, Hammer e Grizzly, si tratta di uno “sporco sestetto” in soldo al miglior offerente, ma creato da Nathan allo scopo di poter abbattere Stryfe quando se ne presenterà l’occasione; nel presente Bridge, ora uomo forte dello S.H.I.E.L.D. e Kane, che è stato trasformato nel cyborg Arma X a seguito delle gravi ferite riportate durante uno scontro con Stryfe, si alleano per dare la caccia a Cable, il loro vecchio compagno reo, a parer loro, di averli traditi. Il palcoscenico si allargherà con l’arrivo di Stryfe e la resa dei conti tra quest’ultimo e Nathan costituirà il piatto forte del finale, in cui Kane sarà costretto a rivedere le sue posizioni.
Fabian Nicieza è un artigiano della macchina da scrivere con una profonda etica del lavoro che lo portò, in quei primi anni ’90, a firmare mensilmente un numero considerevole di testate Marvel: X-Men, X-Force, New Warriors, Nomad, Cable, Deadpool e una miriade di miniserie e progetti speciali. Con Cable: Sangue e Metallo, Nicieza firma il corrispettivo a fumetti di un action movie alla Arnold Schwarzenegger come ne uscivano in quegli anni, un prodotto commerciale ma di qualità. Trama serratissima, azione e colpi di scena che all’epoca lasciarono di stucco, vedi la rivelazione dell’identità di Stryfe, senza trascurare la caratterizzazione dei personaggi e le loro motivazioni. Lo scrittore diede seguito, ma soprattutto sostanza, alle trame lasciate pendenti da Liefeld e tra X-Force, questa miniserie e la serie regolare che seguì, fece sempre più suo il personaggio di Cable, approfondendone la personalità, allontanandosi progressivamente dal violento guerriero delle prime apparizioni per arrivare a quello di un malinconico paria fuori dal suo tempo, che lotta per scongiurare un futuro distopico.
La miniserie viene ancora oggi ricordata per i disegni di John Romita Jr., l’artista che ha segnato trent’anni della storia della Casa delle Idee, che in quel periodo si scrollava definitivamente di dosso l’ingombrante eredità paterna. Dopo aver debuttato alla fine degli anni ’70, giovanissimo, Romita Jr. aveva attraversato gli anni ’80 proponendo, tra Iron Man, Amazing Spider-Man, Dazzler, Contest of Champions e una prima run su Uncanny X-Men, una versione aggiornata dello stile morbido e arrotondato del celebre padre. Una prima svolta nella carriera di Romita Jr. avviene alla fine del decennio, quando, disegnando un bellissimo ciclo di Daredevil su testi di Ann Nocenti, ha l’occasione di lavorare col veterano Al Williamson, formando un affiatato duo. Numero dopo numero le matite di Romita Jr. prendono una direzione nuova, verso un tratto squadrato e spigoloso che da quel momento diventa il suo marchio di fabbrica e che caratterizza la produzione successiva, tra cui la miniserie di Cable. È qui che lo stile dell’artista comincia ad assumere una dimensione monumentale: il suo Cable è un carro armato umano, enorme e inarrestabile, la tavola è affollata di personaggi e dettagli che ne riempono tutto lo spazio a disposizione, fino a straripare. È l’inizio di una sterzata verso una vocazione Kyrbiana della sua carriera, che esploderà in tutto il suo splendore sul finire degli anni ’90 sulle pagine di Thor. Le matite di Romita Jr. sono ottimamente rifinite dalle chine di Dan Green, solido professionista in forza alla Marvel tra gli anni’70 e ’90, e i colori di Brad Vancata sono ancora funzionali e gradevoli, nonostante i passi da gigante fatti nel campo della colorazione digitale dall’epoca in cui è uscita questa miniserie.
Panini Comics propone Cable: Sangue e Metallo in un bel cartonato della linea Marvel History, inserendovi anche New Mutants 87, la prima apparizione del personaggio per i testi di Louise Simonson e i disegni di Rob Liefeld: nonostante la sua importanza storica, l’episodio risulta estremamente datato sia per lo stile verboso e l’eccessivo uso delle didascalie da parte della Simonson, sia per le matite di Liefeld, appiattite dalle pesanti chine di Bob Wiacek. Detto questo, il volume è consigliato tanto ai nostalgici del periodo d’oro delle testate mutanti, quanto ai lettori più giovani che vorranno sperimentare uno dei migliori prodotti di un periodo storico del fumetto altrimenti vituperato. In attesa di ritrovare Cable anche al cinema, interpretato da Josh Brolin in Deadpool 2, previsto per il prossimo anno.