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The Complete Cyberforce Vol. 1, recensione: questa forza scatenata

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Il 1992 è un anno spartiacque per la storia del fumetto americano. La nascita della Image Comics è l’evento che cambia per sempre i rapporti di forza tra editori e autori, che acquisiscono un potere mai avuto prima. Quando si parla di Image Comics la mente va a subito agli esponenti allora più in voga di quel roster pazzesco di artisti che si unirono per fronteggiare le eterne “Big Two” del fumetto a stelle e strisce: Jim Lee, Rob Liefeld e Todd McFarlane, le superstar assolute di quel momento storico. In seconda battuta, però, non si può ignorare il contributo che venne portato alla causa della Image da un altro artista, un solido professionista che poteva vantare più anni di carriera rispetto ai suoi più giovani soci: Marc Silvestri.

Silvestri comincia la sua carriera giovanissimo, realizzando nei primi anni ‘80 disegni per collane secondarie Marvel come Shang-Chi, Master of Kung-Fu e King Conan. A metà del decennio, disegna alcuni albi di Web of Spider-Man e il graphic novel Revenge of the Living Monolith, che lo fanno notare al grande pubblico. Ma la grande occasione della sua carriera arriva nel 1987, quando a Silvestri viene assegnato l’incarico all’epoca più prestigioso ed ambito dell’intero settore: le matite di Uncanny X-Men, la collana Marvel più venduta di tutti i tempi. Per tre anni, in coppia con un Chris Claremont al top della forma, Silvestri accompagna gli uomini X attraverso grandi cambiamenti, sia di atmosfere che di formazione: celebri saghe come The Fall of the Mutants e Inferno cementano la reputazione dell’artista come penciler moderno e dinamico, deliziando i lettori con l’abilità con la quale disegna in particolare le ragazze del gruppo. Tempesta, Rogue e le new entry Psylocke e Dazzler guadagnano in sensualità grazie alle matite di un Silvestri che sembra ispirarsi alle seducenti donne di Milo Manara. L’impatto epocale dello stile muscolare di Jim Lee sulla scena fumettistica statunitense alla fine degli anni ‘80 determina, in poco tempo, la nascita di una pletora di imitatori non altrettanto dotati. Anche un professionista affermato come Silvestri non può fare a meno di assistere alla rapida ascesa dell’artista coreano e di esserne influenzato. L’ammirazione per il collega è evidente soprattutto nella seconda fase del successivo incarico di Silvestri, il ciclo di Wolverine realizzato su testi di Larry Hama. I corpi da lui ritratti diventano sempre più muscolosi, le donne di una avvenenza fisica sempre più prorompente, le tavole sono attraversate da azione sempre più esplosiva. Quando Lee, McFarlane e Liefeld cominceranno a pensare ad un “casting” di eventuali soci per l’avventura della Image Comics, quella di Silvestri è una scelta tanto naturale quanto scontata.

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Nei primi anni ’90 i personaggi più popolari dell’industria sono i mutanti di casa Marvel: gli X-Men e le loro collane ancillari sono salde ai primi posti delle classifiche di vendita, esercitando un forte ascendente sulle altre testate della Casa delle Idee e non solo. È inevitabile quindi che anche le prime testate della neonata Image siano fortemente influenzate dal predominio dei mutanti sull’intero settore. Esclusi infatti i “solisti” Spawn di Todd McFarlane e Savage Dragon di Erik Larsen, sia gli Youngblood di Rob Liefeld che i Wildc.a.t.s. di Jim Lee presentano non pochi punti di contatto con gli X-Men della Marvel. Ma se c’è una collana Image dove questa influenza è assolutamente evidente, questa è proprio la Cyberforce di Marc Silvestri.

La miniserie di lancio datata 1992 dedicata al gruppo di eroi cibernetici, che apre il voluminoso omnibus pubblicato da Panini Comics, è indicativa di quanto all’epoca Silvestri, coadiuvato dal fratello Eric ai testi, fosse ancora immerso nelle atmosfere tipiche delle avventure dei Mutanti Marvel. I componenti della squadra vengono addirittura presentati come mutanti, termine del quale la Marvel non detiene il copyright, braccati dagli emissari della malvagia corporazione Cyberdata che li vuole catturare e trasformare in agenti al proprio servizio tramite l’innesto di componenti cibernetici.

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Con questa prima miniserie Silvestri tastò l’indice di gradimento dei suoi personaggi presso il pubblico, e pur presentando alcune delle tavole più esplosive della carriera dell’artista, la trama è appena abbozzata e la caratterizzazione dei personaggi è solamente accennata. Veniamo catapultati fin dall’inizio in pagine scoppiettanti di azione, che ci danno appena il tempo di capire che c’è una guerra in atto tra due fazioni, la malvagia Cyberdata con i suoi agenti potenziati e la Cyberforce, gruppo di eroi trasformati in cyborg proprio dalla Cyberdata a cui poi si sono ribellati per contrastarne i piani di dominazione planetaria.

I membri del gruppo sembrano modellati sugli stereotipi fumettistici più in voga ai tempi, che sono stati precisati in modo puntuale da Grant Morrison nel suo saggio Supergods. In un team di supereroi degli anni ’90, ci dice lo sceneggiatore scozzese, deve esserci sempre un leader sul campo, l’intrepido capo che dirige la squadra senza sbagliare nulla; il killer artigliato e tormentato il cui passato è avvolto nel mistero; l’indispensabile forzuto; la bad girl, elemento imprescindibile del periodo; la rookie, la giovane inesperta capitata nel gruppo per caso e che funge da punto di vista per il lettore. Se non ci credete, provate a mettere a confronto la Cyberforce con gli X-Men e a sovrapporre Heatwave a Ciclope, Ripclaw a Wolverine, Impact a Colosso, Cyblade a Psylocke, Velocity a Jubilee o a Kitty Pryde. O Striker a Cable, eroi tamarri armati da capo a piedi, figli della nota ossessione per le armi made in U.S.A. sublimata, all’epoca, nei film action di Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e dei loro emuli.

Altra grande influenza fu il movimento cyberpunk, esploso nella cultura popolare a partire dagli anni ’80 grazie a romanzi come Neuromante di William Gibson, che aveva poi esercitato la sua influenza in ambito cinematografico con film che hanno anticipato i tempi a venire come Il tagliaerbe (datato proprio 1992) e manga come Ghost in the Shell. Di queste influenze, però, Silvestri prende solo la superficie, contaminandola con i sopracitati action americani alla Terminator. Da notare che il secondo capitolo della saga del cyborg assassino venuto dal futuro ideata da James Cameron è il più grande successo cinematografico del 1991, anno in cui Silvestri sta ideando la sua Cyberforce.

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La miniserie di lancio è un grande successo ma l’artista si rende ben conto dei suoi limiti come sceneggiatore, a cui non può certo sopperire il fratello. Per questo, quando si tratta di lanciare la serie regolare, si rivolge a scrittori ben più consolidati come Chris Claremont, il demiurgo indiscusso degli X-Men, che ne firma alcuni numeri. Un'altra mossa di marketing azzeccata è far coincidere la partenza della collana con un crossover con i Wildc.a.t.s. del socio Jim Lee, che rivela il passato comune di alcuni membri dei due team e pone le basi per le trame successive, incentrate sulla lotta tra la Cyberforce e la Cyberdata guidata dal malvagio Emil Zadrok. Le storie della “Forza Cyber” cominciano qui a farsi più interessanti, con importanti rivelazioni portate alla luce, approfondimento dei personaggi, colpi di scena con cliché dal sapore claremontiano come il controllo mentale e il conseguente “salto della barricata” di alcuni protagonisti.

Altre chicche contenute nel volume sono l’interessante Cyberforce #0, disegnato da Walter Simonson, leggenda del fumetto americano le cui tavole spettacolari avevano esercitato una forte influenza sui ragazzi terribili della Image, e il numero 8, disegnato in via straordinaria da Todd McFarlane, nell’ambito di un'iniziativa speciale in cui, per un mese soltanto, i soci fondatori della Image si erano scambiati le loro collane. Il volume testimonia anche il debutto di giovani allievi dello studio di Silvestri che diventeranno grandi star del tavolo da disegno, come David Finch e il compianto Michael Turner.

Se dal punto di vista della scrittura le storie contenute nell’omnibus denunciano gli evidenti limiti degli albi Image degli albori, nulla da dire sul comparto grafico: quando si tratta di realizzare tavole spettacolari, Marc Silvestri è secondo dietro solo al collega e amico Jim Lee. Splash-page  strabordanti che si dispiegano su due ante, eroi dalla bellezza scolpita e impossibile, eroine dal fisico mozzafiato (e stereotipato, direbbe qualcuno oggi), pagine straripanti di azione. Basta sfogliare questo strepitoso tomo per essere storditi dall’adrenalina che ne fuoriesce, dalla costruzione della tavola votata alla grandiosità, all’avvenenza dei protagonisti, elementi ancora più evidenti nei capitoli dedicati al crossover con i personaggi di Jim Lee, che scodella qui alcune delle pagine più iconiche della sua straordinaria carriera (come la famosa splash-page pieghevole a 4 ante di Wildc.a.t.s. #5). Una visione del fumetto che, seppur contestata a posteriori, ha fatto scuola ed esercita ancora oggi la sua innegabile influenza sul fumetto americano.
Panini Comics propone The Complete Cyberforce Vol. 1 in un prezioso omnibus ad alta foliazione dal costo importante, ma imprescindibile per comprendere appieno una stagione dei comics che, nel bene e nel male, ha fatto epoca.

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Chris Claremont scrive una storia del passato degli X-Men

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Chris Claremont tornerà a scrivere una storia per i mutanti nel numero 12 della serie antologica X-Men Legends in uscita a febbraio.

Claremont sarà affiancato dall'artista Scot Eaton mentre Alan Davis realizzerà la cover. La storia sarà in continuity con le vicende narrate nel 1988 su Uncanny X-Men prima del lancio di Excalibur, che non a caso è stata disegnata da Davis.

La nuova storia vedrà protagonisti i membri originali di Excalibur Nightcrawler e Kitty Pryde insieme a Mystica e Destiny. Sulla scia dell'evento "La caduta dei mutanti" del 1988, il mondo crede che gli X-Men siano morti e Mystica cerca Forge per vendicare la morte di Rogue. Destiny recluta un Nightcrawler ferito e Kitty (che ha formato Excalibur credendo che gli X-Men fossero morti) per aiutare il suo partner a non commettere un grave errore.

"È sempre divertente tornare indietro lungo i percorsi esistenti e soprattutto avere l'opportunità di colmare un paio di interessanti lacune che sono state inizialmente saltate lungo la strada, chiudendo un arco narrativo significativo e accendendo il fuoco che dà vita alla serie che segue", dichiara Claremont nell'annuncio diffuso dalla Marvel

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Cofanetto X-Men: The Classic Collection, recensione: la nascita di una leggenda

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Quando nel fatidico 1975 fece la sua comparsa nelle edicole americane Giant Size X-Men 1 nessuno, compresi i lettori e i creativi coinvolti, avrebbe potuto immaginare quale impatto profondo avrebbe avuto questo albo speciale di lunghezza extra sulla storia del fumetto e della cultura popolare in genere. Tra tutte le serie Marvel create da Stan Lee e Jack Kirby nei favolosi anni ’60, X-Men era stata quella di minor successo, soprattutto per il repentino abbandono della coppia di creatori che aveva preferito concentrare i propri sforzi su titoli come Fantastic Four e The Mighty Thor. Nonostante alcuni numeri di straordinaria qualità realizzati da geni come Jim Steranko e Neal Adams, la serie sospese la pubblicazione di materiale inedito col numero 66 del 1970 trasformandosi in una collana di ristampe, con i mutanti di Xavier che si specializzarono in ospitate nelle testate di altri eroi. Ma l’ambizione di rilanciare il gruppo non aveva mai abbandonato le menti del Bullpen, il mitico ufficio creativo della Casa delle Idee.

L’occasione propizia si presentò nel 1975 quando Albert Landau, presidente tanto della Cadence, società allora proprietaria della Marvel, quanto della Transworld, agenzia che trattava i diritti di pubblicazione dei personaggi della casa editrice all’estero, suggerì a Stan Lee e a Roy Thomas di creare un gruppo con personaggi di diverse etnie, in modo da allargare il bacino di lettori a livello internazionale. Il compito venne affidato a Len Wein, giovane sceneggiatore allora in forze alla Marvel che, su The Incredible Hulk 181, aveva appena fatto debuttare un canadese dal carattere scontroso destinato ad una straordinaria carriera: Wolverine. Wein pensò bene di recuperarlo, e di inserirlo nella nuova squadra internazionale di X-Men insieme ad altri personaggi che avrebbero fatto epoca come l’africana Ororo Munroe, Tempesta, il tedesco Kurt Wagner, Nightcrawler, il russo Piotr Rasputin, Colosso, ed altri. La fortuna dello scrittore e della Marvel fu quella di trovare l’artista in grado di tradurre in immagini la fucina di idee partorite da Wein. Dave Cockrum era un disegnatore dalla fervida immaginazione, insuperabile nell’ideare il look dei personaggi, e quello dei suoi X-Men diventò iconico. Fu il lavoro della sua vita, quello per cui verrà sempre ricordato.

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Wein & Cockrum posero le basi per quella che diventerà la saga a fumetti più amata di tutti i tempi, grazie a soprattutto a Chris Claremont che prese il posto, fin dal secondo numero, di un Wein promosso ad editor in chief della Marvel. Nella sua gestione della serie, durata sedici anni, Claremont scriverà un lungo feuilleton a fumetti popolato da personaggi indimenticabili, caratterizzati in modo realistico e tridimensionale, attraversato da trame avvincenti e sottotrame portate avanti per mesi, se non anni, prima di deflagrare davanti agli occhi del lettore. Un’epopea dei nostri tempi, che Panini Comics celebra con X-Men: The Classic Collection, un cofanetto che contiene due volumi imperdibili.

Il primo, Tributo a Wein & Cockrum, è il remake del mitico Giant Size X-Men 1 offerto per gentile concessione di alcuni dei migliori talenti in forze attualmente alla Marvel. Un team di disegnatori “all-star” illustra la sceneggiatura originale di Len Wein, disegnandone una pagina a testa. Riviviamo così la prima avventura dei nuovi X-Men, reclutati dal Professor Xavier per correre in soccorso del gruppo originale, disperso durante una missione sull’isola di Krakoa. Una storia classica in cui, per la prima volta, si intrecciano i destini di reclute che diventeranno pietre angolari del team, come i già citati Wolverine, Tempesta, Nightcrawler e Colosso, e di membri fondatori come Ciclope, Marvel Girl, Angelo e Uomo Ghiaccio. Il motivo d’interesse principale del volume è costituito dalla parata di artisti accorsi per fornire il loro contributo ai festeggiamenti. Una rappresentativa dei migliori talenti oggi in forze alla Marvel: si va da maestri come Alex Ross e Kevin Nowlan a veterani come Leinil Francis Yu, Chris Samnee e Phil Noto, da giovani star come Pepe Larraz, R.B. Silva e Mike Del Mundo ad una folta schiera di artisti italiani che da anni collaborano con la Casa delle Idee come Emanuela Lupacchino, Valerio Schiti, Marco Checchetto e Matteo Lolli. Ciascuno di loro, e i molti altri presenti in una lista troppo lunga da elencare, apporta il proprio talento donando nuova vita e uno storytelling fresco allo script di Wein.

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A seguire, viene riproposta anche la versione originale, disegnata da Cockrum, per stimolare un confronto tra classico e moderno. Pagine talmente iconiche da meritare l’esposizione in un ideale museo del fumetto, che ancora oggi colpiscono per la vitalità a loro conferita da un’artista alle prese col lavoro della sua vita. Chiudono il volume un commovente ricordo degli scomparsi Wein & Cockrum da parte delle rispettive vedove e un pezzo scritto dallo stesso Chris Claremont, che rievoca l’inizio di una leggenda a cui avrebbe contribuito in maniera determinante.

Ad X-Chris sono dedicate invece tutte le luci della ribalta del secondo volume presente nel cofanetto, la versione estesa di un altro classico che non ha bisogno di presentazioni: Dio ama, l’uomo uccide. Si tratta di una delle storie più celebri degli X-Men e di una prova d’autore di qualità assoluta da parte di Claremont, giunta al culmine di una fase importante della vita degli Uomini X. Sulla serie regolare, infatti si stava consumando la fine del secondo ciclo di Dave Cockrum come disegnatore, tornato su Uncanny X-Men dopo l’addio della superstar John Byrne che, in coppia con Claremont, aveva lanciato la testata verso vette qualitative inarrivabili grazie a classici come la Saga di Fenice Nera e Giorni di un futuro passato. Il ritorno di un Cockrum meno ispirato coincise con un momentaneo calo qualitativo del comparto grafico, che riprese quota grazie all’arrivo del giovane e talentuoso Paul Smith.

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Intanto, la Marvel aveva varato una linea di graphic novel, albi di grande formato ispirati al modello francese che ospitavano storie di maggiore ambizione autoriale rispetto a quelle che apparivano nella gran parte delle testate regolari. Gli X-Men, all’epoca, erano il più grande successo dell’editore, quindi apparve del tutto logico dedicare anche a loro un’uscita speciale della nuova linea a vocazione d’autore. Claremont, suggestionato dall’ondata conservatrice e reazionaria portata dal governo Reagan e dalla proliferazione di predicatori televisivi retrogradi e bigotti che cominciavano ad imperversare nelle emittenti tv americane, scrisse l’opera che meglio di ogni altra definisce la grande metafora della lotta all’intolleranza che è alla base della saga degli Uomini X. In Dio ama, l’uomo uccide, i pupilli di Xavier non affrontano robot sterminatori come le Sentinelle o nemesi venute dallo spazio come la Guardia Imperiale Shi’ar, ma avversari dotati del peggiore dei poteri: l’odio. Odio puro, quello distillato dal reverendo William Stryker nelle sue dirette televisive, nei confronti dei mutanti presi a paradigma di tutto ciò che è diverso e che, quindi, suscita paura nell’uomo della strada. Una paura cavalcata da Stryker e dal gruppo di assassini da lui segretamente finanziato, i Purificatori, che non esitano ad uccidere bambini che hanno la sola colpa di essere mutanti. Un confronto che dovrà essere risolto dagli X-Men non tanto sul piano fisico quanto su quello filosofico, in un finale drammatico che vedrà Ciclope, Wolverine e soci allearsi col nemico di sempre, Magneto, per mettere fine alla minaccia rappresentata da Stryker.

Si prova un senso di forte disagio a rileggere dopo tanti anni Dio ama, l’uomo uccide. Se all’epoca della sua uscita  rappresentava un monito affinché alcune pagine buie della storia non si ripetessero, oggi il capolavoro di Claremont risulta attuale più che mai. Attraversato da una narrazione tesa, cupa e a tratti disperata, questa classico del fumetto sembra ora solo un pallido riflesso del rigurgito di intolleranza che popola il nostro tempo, segnato da crisi di ogni tipo che favoriscono l’ascesa di seminatori d’odio e di cattivi maestri. Opera senza tempo, al cui risultato finale contribuì anche il tratto grezzo di Brent Anderson, costretto ad una sintesi del suo stile dai tempi di consegna molto stretti. Ne scaturirono invece pagine suggestive, dominate da un’energia nervosa che si sposò perfettamente con la sceneggiatura vibrante di Claremont. Dal 1982, anno della sua uscita, Dio ama, l’uomo uccide è una delle storie degli X-Men più celebri e ristampate, grazie alla sua capacità di riassumere nell’arco della sua durata le qualità migliori della grande epopea mutante di Chris Claremont. Non a caso è la fonte d’ispirazione principale per una delle migliori pellicole dedicate agli X-Men, il secondo capitolo della saga cinematografica mutante firmata da Bryan Singer.

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Il volume presente nel cofanetto ne presenta una versione estesa, con una cornice aggiuntiva firmata dagli autori originali che non aggiunge però nulla a un’opera che era già perfettamente compiuta. Molto interessanti sono invece gli extra, che presentano interviste agli stessi Claremont e Anderson, e le pagine a matita, mai mostrate prima, disegnate dall’artista originariamente previsto per la graphic novel, il grande Neal Adams. Adams completò solamente sei pagine prima di abbandonare il progetto, e la loro pubblicazione contribuisce a fare del volume una chicca imperdibile, come il cofanetto che lo ospita, per tutti gli appassionati della saga leggendaria degli X-Men.

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La Marvel pubblica una storia classica di Wolverine in 3D

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La Marvel farà uscire a gennaio una ristampa in 3D del classico albo Wolverine #10 del 1989 di Chris Claremont, John Buscema e Bill Sienkiewicz

L'albo si intitolerà Wolverine VS. Sabretooth 3D #1, ecco la sinossi:

"Una classica storia di Wolverine di Chris Claremont, John Buscema e Bill Sienkiewicz ora in un sesazionale 3D! È il compleanno di Logan a Madripoor - e come ogni anno, sta riflettendo su un compleanno precedente e su un capitolo cruciale della sua lunga e sanguinosa rivalità con Sabretooth! Preparati per un viaggio nel selvaggio passato di Wolverine, in un periodo in cui i suoi ricordi erano spariti e la sua storia era avvolta nel mistero - e con uno dei combattimenti più tesi e personali tra Wolverine vs Sabretooth che tu abbia mai visto! Ora, Logan e Creed balzeranno dalle pagine davanti ai tuoi occhi - fai attenzione ai loro artigli!"

Questa è la seconda ristampa Marvel 3D di quest'anno, Amazing Spider-Man #300 è stato presentato nel mese di agosto.
Di seguito la cover di Wolverine VS. Sabretooth 3D #1.

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