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Mark Millar si arrende al fumetto digitale

Il mercato digitale dei comics è in continua espansione e il piazzamento di ComiXology come prima app no game del 2013 è la prova del nove del successo di questo nuovo formato di lettura. All’interno del mondo dei fumetti, però, c’è una voce fuori dal coro, qualcuno che ancora non si arrende alla continua ascesa del digitale, qualcuno “che odia essere in errore”. Stiamo parlando di Mark Millar che, in una dichiarazione rilasciata a CBR, ci illustra una sua attenta analisi sul mercato del fumetto e il perché della sua ritrosia nei confronti di questo canale di distribuzione.

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“Non mi aspettavo che la gente passasse interamente al digitale” attacca subito così l‘autore “perché l'esperienza della lettura di un fumetto è unica. Sfogliare le pagine e rovistare in uno scaffale è molto più intenso del download, mentre per la musica e i film la forma e il gusto sono quasi identici in entrambi i formati. La mia grande preoccupazione, e non riesco ancora a credere che non si sia rivelato essere un problema, è che il venti, dieci o anche solo il cinque per cento dei tradizionali lettori che leggono su carta non è scomparso quando è diventata la norma per gli editori pubblicare i fumetti digitali il giorno dell’uscita ufficiale e un numero molto considerevole di persone ha iniziato a leggerli proprio online. Quei lettori digitali devono venire da qualche parte e la mia paura è una semplice combinazione di micro e macro-economia dove ho sospettato che anche un modesto dieci per cento che passa dal formato su carta al digitale significherebbe per tutti quei comic-shop ritrovarsi in difficoltà e potrebbero subire lo stesso colpo mortale di tanti negozi di dischi, passati improvvisamente da un piccolo profitto a una perdita”.

I motivi iniziali per i quali Millar è avverso al digitale sono due, e ce li spiega così. “Numero uno: io amo le fumetterie. Sono cresciuto in una città incantevole, ma era difficile essere un fan di fumetti perché ero letteralmente l'unico che conoscevo per una buona parte della mia infanzia. Quando ho scoperto AKA Books and Comics avevo 13 anni ed è stato come per Robin sbirciare nella sede della Justice League. Questo è ciò che volevo essere quando sono cresciuto e un negozio di fumetti è più confortevole per me di un bagno caldo. Non volevo vederli andare via”.

Continua l’autore “Numero due: Noi dobbiamo tutto ai rivenditori. Ricordate quei boom negli anni Ottanta, Novanta e Duemila? Beh, ognuno di loro è stato preceduto e sostituito da un fallimento e le persone che sono sopravvissute attraverso gli alti e bassi del mercato, di solito non guadagnando molto denaro e alimentati solo dall’amore del mezzo, sono stati proprio loro. Come artista, devo loro tutto, dalla tastiera con cui sto scrivendo al pigiama che indosso. La nostra prima responsabilità è rivolta ai nostri lettori, ma ciò è indissolubilmente legato ai rivenditori che sono quasi sempre gli uomini e le donne che suggeriscono i tuoi albi ai fan”.

Qualcosa però è successo che ha insinuato il dubbio nelle convinzioni dell’autore. “Mi sono ricordato di ciò che è successo quando abbiamo lanciato la linea Ultimate della Marvel qualche anno fa in formato digitale. Nessuno era in grado di fornire una spiegazione, ma tutte le uscite disponibili sul server Marvel da leggere gratuitamente, hanno riscontrato nei fatti un aumento delle loro vendite in formato cartaceo. Ancora una volta, non posso pretendere di capire la logica, ma parlando coi rivenditori, parlando con altri professionisti, parlando coi lettori, parlando ai distributori, discutendo online e con ogni altro mezzo di indagine che ho fatto da quando le campane hanno suonato a morte due anni e mezzo fa, la conclusione clamorosa è che il digitale è stato indiscutibilmente un bene per i fumetti in generale”.

Nonostante la verifica dell’utilità di questo nuovo strumento, Millar resta fortemente legato al piacere, un po’ anacronistico, della fumetteria, al piacere di sfogliare un albo, sentirlo con mano e ha imposto una sua scelta alle diverse case editrici dei suoi lavori. “La Image mi ha chiesto questo [l'uscita in contemporanea dell'albo su carta e in digitale] prima che io e Frank Quitely lanciassimo Jupiter’s Legacy, lo scorso anno, ma ho detto che volevo una differenza di tre mesi tra la pubblicazione cartacea e l’esordio nella versione digitale, per dare alle fumetterie un vantaggio. La Icon mi ha detto la stessa cosa l'anno prima, quando io e Johnny Romita Jr. eravamo pronti al lancio di Hit-Girl, ma ho esternato la mia volontà di non veder compromessa l’uscita dell’albo su carta in alcun modo dal digitale e ho chiesto loro di mantenere quella stessa distanza di uscita”.
 
Ciò non è bastato e anzi “l'unico effetto netto della mia politica del ritardo di tre mesi è che le persone che vogliono leggere il tuo fumetto e non vivono vicino a un negozio di fumetti sono state punite. Mark Waid, e lui è un tipo saggio con venticinque anni in più di esperienza in tutti gli aspetti del settore, ha dichiarato che il fumetto digitale sta diventando la versione moderna dell’espositore da edicola, e lui ha assolutamente ragione. È il modo perfetto per avere un’anteprima di un fumetto se sei un nuovo fan, il modo perfetto per leggere i tuoi comics preferiti se il tuo negozio locale ha chiuso nel 1994 e, dal momento che gli albi hanno lo stesso prezzo di stampa di quando vengono diffusi, allora non c’è concorrenza o profitto in un negozio di comics”.
 
In conclusione, anche il "die-hard" Millar è costretto a soccombere all’evidenza. “Così, quando i tuoi lettori, il tuo rivenditore, i tuoi amici, il tuo editore, i tuoi artisti e ognuno presentano queste prove e dichiarano che la pubblicazione in simultanea della versione su carta e in digitale è un successo clamoroso, tu sei costretto ad ascoltarli o essere preso per uno stupido”.
 
È doveroso ricordare che è previsto per il prossimo mercoledì 5 marzo l’esordio della nuova serie scritta da Millar, Starlight, per i disegni di Goran Parlov. L’albo sarà disponibile, nello stesso giorno, sia su carta che in formato digitale.

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