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X-Men: Le Origini - Wolverine: la recensione

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Il passato di Wolverine è sempre stato uno dei più grandi segreti nell'universo Marvel, avvolto nel mistero per trent'anni e solo ultimamente inizia ad essere svelato gradualmente; dopo che il mutante canadese è diventato il protagonista di una trilogia cinematografica e ha affascinato tutto il mondo, è giunta l'ora di tornare indietro nel tempo e osservare attraverso un prequel gli eventi che hanno reso Logan potente e disilluso come l'abbiamo conosciuto.

Hugh Jackman, come nei film precedenti, è un perfetto Wolverine (non a caso è il secondo attore, dopo Christopher Reeves, a rivestire i panni dello stesso supereroe per ben quattro film) e la maggior parte della pellicola è sorretta dalla sua interpretazione, caratterizzata da quell'atteggiamento carismatico che ne hanno decretato il successo.
Ed evidentemente gli autori non volevano lasciare fuori scena Jackman per troppo tempo, dato che le vicende dell'infanzia di James Howlett (ispirate alla miniserie Origini) occupano una manciata di minuti, per procedere poi con una serie di balzi temporali che ci mostrano lo scorrere dei decenni con un Logan sempre in prima linea durante le più grandi battaglie del XX secolo. La storia poi prosegue seguendo Wolverine in maniera piuttosto frammentaria: tutta la pellicola infatti segue l'odissea del futuro X-Men artigliato come se fosse un telefilm condensato in un lungometraggio, con diversi "episodi" che si susseguono l'un l'altro, cambiando ambientazioni e comprimari ogni 10 minuti. E nel corso dell'avventura Logan incontra tanti (troppi?) compagni e avversari, in una carrellata di mutanti che sembra voler recuperare i principali esclusi dai precedenti tre film; quasi tutte le nuove entrate sono versioni in carne e ossa che rappresentano degnamente i personaggi cartacei, realizzati e contestualizzati in modo soddisfacente, ma il poco tempo dedicato ad ognuno non consente di affezionarsi davvero a qualcuno, come invece avveniva nei primi film dove i personaggi avevano più spazio. Insomma, il problema di fondo resta forse quello di X-Men 3, ovvero il desiderio (forse dietro pressioni della produzione) di inserire sempre più nuovi mutanti per mostrare più poteri possibili, ritrovandosi poi con troppa carne al fuoco; qui questo effetto si percepisce meno rispetto al film di Brett Ratner, dato che ogni mutante ha un suo "capitolo" nel quale ha un ruolo importante, senza più comparire o rimanendo comunque relegato a parti marginali. Unica eccezione a questo cast caratterizzato superficialmente è Sabretooth, rivale legato a doppio filo a Wolverine sotto tutti gli aspetti, il cui animo spietato viene portato sullo schermo da un Liev Scheiber che è riuscito ad entrare nella parte tanto quanto Jackman.

La frammentarietà del film si esaurisce prima del gran finale, la parte più interessante nella quale la storia ricollega quanto avvenuto fino a quel momento, sviluppando gli elementi in una maniera meno frenetica rispetto al resto della pellicola.
Purtroppo la sceneggiatura, oltre a non avere la profondità dei film precedenti (o successivi, secondo l'ordine cronologico), presenta alcune ingenuità e veri e propri buchi, accompagnate da alcuni momenti abbastanza banali e retorici, e passaggi che sembrano essere stati ispirati eccessivamente da X-Men 2. Le sequenze d'azione sono tutte ben fatte e offrono alcune trovate particolarmente interessanti; se la storia non brilla per la sua straordinarietà, di sicuro non si può dire che lo spettatore si possa annoiare, con un livello di adrenalina che viene costantemente alzato, fino all'esaltante scontro finale.

Qua e là sono sparse citazioni e frasi che strizzano gli occhi al fan del fumetto, ma non manca qualche cameo apprezzabile anche da chiunque abbia visto la trilogia cinematografica, trasponendo anche al cinema in modo sempre più massiccio il concetto di continuity che i fruitori di comics conoscono già bene.
L'avventura in solitaria di Wolverine soddisfa solo in parte, rivelandosi un onesto film d'azione con scene avvincenti da questo punto di vista, ma purtroppo la trama, un po' imperfetta, è priva delle tematiche più profonde e le riflessioni che comparivano nei capitoli precedenti; si potrebbe considerare questo prequel come la trasposizione più vicina alla struttura di una serie supereroistica mensile, nelle quali il protagonista si trova invischiato via via in avventure e scontri differenti, in un intreccio meno omogeneo rispetto alla media dei prodotti cinematografici.



Carlo Alberto "Deboroh" Montori
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