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Wolverine: essential reading

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Wolverine by Claremont & Miller
Arma X
Lupo Ferito
Wolverine e la Tigre
Wolverine: Origini
Nemico Pubblico
Wolverine: Logan

 

Wolverine - testi di Chris Claremont, disegni di Frank Miller

La miniserie in quattro parti intitolata semplicemente Wolverine, nel 1982, fu la prima esperienza editoriale a solo del personaggio. Scritta dall’autore mutante per eccellenza, Chris Claremont, e disegnata da un Frank Miller in ottima forma, la storia fu un’occasione per concentrarsi su Logan “senza distrazioni”, portando in luce alcuni degli aspetti più interessanti della sua interiorità, destinati a divenire in seguito l’approccio classico (ma non per questo sempre abusato) a Wolverine.

Nel contesto di un Giappone in sospeso tra la modernità e il suo più antico retaggio, Logan si trova coinvolto in una vicenda dal sapore intimo e personale, che al contempo si intreccia ad un intrigo criminale di ampie proporzioni. Spinto a ritrovare l’amata Mariko, Wolverine si trova infatti ad affrontare il padre di lei, Shingen Yashida, potente capo della malavita nipponica. Ma Shingen si rivelerà una temibile controparte anche sul piano personale, impedendo a Logan di ricongiungersi con Mariko e spingendolo verso le regioni peggiori del suo essere. Finché Logan non sarà costretto a confrontarsi con se stesso, e ad avviare una ricerca di riscatto morale.

Nell’epopea di Wolverine, forse proprio a partire da questa storia, l’ambientazione giapponese è diventata il luogo per eccellenza della ricerca di umanità. La ricerca dell’onore e l’impegno a migliorarsi fungono in qualche modo da via di fuga rispetto al “pericolo” che accompagna perennemente il personaggio: lo scivolamento definitivo verso quella bestialità sfrenata che, una volta estratti gli artigli, rischia di non ritrarsi insieme ad essi. Per quanto sulla base di espedienti non troppo originali, Claremont è abile nell’evidenziare questa continua oscillazione “tra bene e male”, tra il fascino della perdizione e il desiderio necessario di un rispetto per sé.

Buone anche le caratterizzazioni poste in atto dallo scrittore, a partire da un Logan “chiassoso” e letale, fino a personaggi che riescono a dar vita a un Giappone che sente tutto il peso di una tradizione forte e non sempre facile da sopportare. A dominare sull’intera vicenda è una atmosfera vagamente tragica, fatta di tensioni, predestinazioni e nemesi storiche, per la quale non è però scontato un finale amaro.
Decisamente a suo agio Frank Miller, che oltre all’ambientazione giapponese a lui tanto cara, con tanto di combattimenti ninja e scenari metropolitani al neon, ha l’occasione di misurarsi con un personaggio che in seguito diventerà per l’artista un canone (fino alla macchietta): un uomo duro e pericoloso, attratto dalle donne e ricambiato, in lotta contro tutti e alla fine dei conti comunque vincitore. Miller rivela in queste pagine il suo aspetto migliore, soprattutto nell’organizzazione della tavola e nell’impostazione dell’azione, mostrando al contempo uno stile già solido, seppure ancor privo delle sue spinte più personali e sperimentali.

Wolverine è in definitiva il buon ritratto sintetico di un personaggio che, nel corso degli anni e a partire proprio da questa storia, è stato via via approfondito, espandendo il proprio ruolo di pari passo alla sua fama.

Valerio Coppola

100% Marvel Best - Wolverine: Arma X (Panini Comics, brossurato, 144 pagine a colori, € 12,00) testi e disegni di Barry Windsor-Smith

100% Marvel Best - Wolverine: Arma X Una delle ragioni del duraturo e crescente successo di Wolverine è, con ogni probabilità, il mistero che lo circonda, quella sensazione che si ha di non conoscerlo mai del tutto. La Marvel sembra averlo ben capito, tanto più che anche da quando ha iniziato a narrare le lunghe origini del personaggio è sempre stata attenta a non dare mai spiegazioni chiare e nette che non contenessero nuovi enigmi e segreti. Così, ogni volta che si sa qualcosa in più sul passato dimenticato di Wolverine, si risponde a una domanda per ritrovarsene una nuova subito dopo.
Il prototipo di questa "narrazione a ritroso" è costituito da Arma X, uno dei primi tentativi di riscoprire e raccontare in maniera sistematica il percorso di provenienza di Logan. Con questa miniserie dei primi anni ’90, lo scrittore e disegnatore Barry Windsor-Smith svelava cosa era avvenuto durante l’Esperimento X, nel quale un progetto congiunto USA-Canada aveva stravolto il corpo e la mente di Logan, impiantandogli l’adamantio sull’apparato scheletrico e rendendolo la perfetta macchina per uccidere.

Quella messa in scena da Windsor-Smith è l’anatomia di una tortura, la cronaca di come il corpo e la mente di Logan vengano letteralmente smontati e dissezionati, riempiti di innesti e umiliati. È la storia di come la bestia dentro l’uomo sia stata liberata una volta per tutte, di come la furia animale abbia trascinato l’umanità già precaria nel buio che Wolverine tenta sempre di fuggire. E proprio in questo senso, Arma X è la storia in cui nasce Wolverine come lo conosciamo. Tutto l’Esperimento X non è altro che l’orribile travaglio di una creatura informe che tenta di scavarsi con gli artigli l’uscita da un utero crudele, che lo vuole invece soffocare con i suoi tessuti metallici e con la sua freddezza cibernetica.

Windsor-Smith è magnifico nel trasmettere il tormento. Non solo con la spietatezza della storia in sé, ma anche con la disconnessa cacofonia di voci, commenti, urla che formano la composita voce narrante della vicenda. Ma il pregio artistico dell’autore esprime la sua grandezza anche sul fronte grafico: pure qui regna l’angoscia grazie a pagine claustrofobiche, chine pesanti e luci violente. Come in un rovo di spine, la figura martoriata di Logan è straziata da cavi e macchinari, è una mappa geografica disegnata col sangue, una tensione muscolare senza requie. Evidente anche la maestria con cui Windsor-Smith gestisce il racconto per immagini: la composizione della tavola costringe spesso a un ordine di lettura non lineare, mentre l’organizzazione degli spazi non conosce costanti e varia in ogni pagina, restituendo la soluzione di più alto effetto ai fini della narrazione. La composizione della vignetta, le inquadrature e le pose non sono mai scontate, ma sempre eleganti e sofisticate, pur nella loro brutalità.

Il risultato finale è un thriller che alterna e mescola toni action e psicologici, senza mai perdere mordente e trascinando il lettore nel racconto disumano che è la lacerante permanenza di Logan in Arma X. Ma questa miniserie è anche il primo mattone di un intero edificio narrativo che i successivi autori, negli anni, hanno costruito intorno a Wolverine. Un passaggio imprescindibile per comprendere questo personaggio oggi, e probabilmente la spiegazione definitiva della sua ragion d’essere e del suo cammino interiore. Una storia che risponde a una domanda e ne pone innumerevoli altre, tracciando l’avvio di un percorso che ancora oggi, ben lontano dall’esaurirsi, rivela la sua vitalità.
 
Valerio Coppola



Lupo Ferito - Testi di Chris Claremont, disegni di Barry Windsor-Smith.
Prima pubblicazione italiana: "Gli Incredibili X-men" 19 (Star Comics)

A volte una serie vive di veri e propri fenomeni inaspettati. Per gli X-men di Claremont, il fenomeno fu quello di trovarsi un personaggio dalle sorprendenti potenzialità: Wolverine.
Per quanto sia poi stato abusato in seguito, Logan ebbe un'enorme crescita di popolarità negli anni '80, grazie anche all'abilità di Claremont nel farlo evolvere da semplice litigioso e violento del gruppo, fino a ergerlo a vera e propria anima degli X-Men.
Uno dei racconti emblematici della crescita di Logan è Lupo Ferito, in cui Claremont è coadiuvato da un grandioso Barry Windsor-Smith ai disegni.
La storia è piena di particolari interessanti: Logan per gran parte dell'albo è dominato dai suoi istinti bestiali, e solo la piccola Katie Power riesce a far riemergere l'uomo che è in lui.
Ma chi è Logan? E' un uomo pronto ad uccidere il nemico, eppure è un samurai, un uomo d'onore che rifiuta di arrendersi a se stesso.
In questo senso la lotta con Deathstrike è soprattutto simbolica: una contrapposizione tra due modi di pensare, di essere; tra chi subisce una trasformazione e chi è disposto a tutto pur di arrivare al potere ultimo.
L'apporto di Windsor-Smith è essenziale, i suoi personaggi con quegli occhi "sfatti", il cui dolore profondo può essere avvertito dal lettore.
Sono tavole semplici, ma al tempo stesso con una grande cura dei dettagli dei personaggi, in un esercizio di storytelling praticamente perfetto.
Se davvero volete conoscere quale sono le vere potenzialità di Wolverine, questo racconto ve le farà conoscere tutte.

Danilo Guarino

 

Wolverine e la tigre Testi di Chris Claremont, disegni di John Buscema

Già nell'ormai lontano 1988 era chiaro agli editor della Marvel che il nome e l'inconfondibile faccione peloso di Wolverine avrebbero aiutato nelle vendite di una testata. Dunque non c'erano dubbi su quale personaggio avrebbe fatto da capofila nell'antologico Marvel Comics Presents, memorabile testata che raccoglieva storie da una manciata di pagine suddivise tra personaggi e autori di serie A, B, C e dilettanti. Ben prima del noto Arma X, a inaugurare la lunga sequenza di storie wolveriniche sulla testata fu la saga nota in Italia come Wolverine e la Tigre. Ricollegandosi alle ultime vicissitudini australiane degli X-Men, Logan si trova nella famigerata megalopoli indocinese di Madripoor tra omicidi misteriosi, gangster senza scrupoli, lame affilate (non le sue, ma quelle del supercriminale Razorfist).
E al centro di tutto, femme fatale da sogno, come solo Wolverine riesce ad attirarle: la letale Sapphire e, appunto, la "Tigre", la cui parabola sarà fondamentale per la storia del mutante canadese.

Grazie all'impeccabile caratterizzazione dell'autore che l'ha definito, Chris Claremont, Logan è un Callaghan con un senso dell'onore d'altri tempi, un supereroe urbano nella tradizione milleriana, un cavaliere oscuro e sagace, violento e romantico allo stesso tempo. Toni e dialoghi a volte cadono nella pomposità involuta dell'epica firmata Claremont, ma grazie anche alla struttura da fogliettone (ricordiamo che ogni episodio era di circa otto pagine), il ritmo è molto veloce e i colpi di scena si susseguono uno dopo l'altro.
Ma non si può citare questa storia, da troppo tempo non ristampata nel nostro Paese, senza parlare di John Buscema. Anche se spesso viene considerato uno dei suoi lavori "minori", l'interpretazione che il Michelangelo dei fumetti offre di Logan è cupa e azzeccata, tanto da segnare le generazioni a venire. Oltre che su queste pagine, è possibile in particolare vederlo all'opera sul personaggio nei primi 16 numeri della serie regolare Wolverine (e sui numeri 25 e 27) e nella graphic novel Wolverine: Bloody Choices. Ma mentre nelle altre interpretazioni Buscema è accompagnato ai pennelli da Al Williamson o inchiostra da solo le proprie matite, in questo caso è un altro grande artista ad occuparsi delle chine, Klaus Janson. Con il suo tratto nervoso e frammentato, Janson dà un valore aggiunto alle figure di Buscema, rendendole a loro agio nel contesto sporco, degradato e - non a caso - milleriano di Madripoor.

Una chicca ben scritta e ottimamente disegnata che ─ come buona parte della produzione di Buscema ─ meriterebbe una ristampa in Italia, visto che l'ultima edizione, targata Play Press, risale ormai al 1990.

Marco Rizzo

 

Wolverine: Origini  Testi di Paul Jenkins, disegni di Andy Kubert

E' nella inquietante tavola finale del primo volume di Wolverine: Origini che si intuisce la bellezza di questo avvincente capolavoro fumettistico. E cioè che Paul Jenkins ha usato il suo talento, il suo enorme talento narrativo, non solo per farci calare in un vero e proprio romanzo, ma anche e soprattutto ingannarci, ed è l'inganno di Jenkins, oltre al suo innegabile impatto sui personaggi e sulla storia, a colpirci.
E' attraverso le bellissime tavole di Andy Kubert, che sembrano avvicinarsi al fascino di semplici pastelli, grazie anche alla ottima colorazione di Richard Isanove, che Jenkins ci fa entrare nella vita di Rose, una vita le cui situazioni vediamo descritte attraverso il suo diario, in cui conosciamo la ricca famiglia degli Howlett, una famiglia divisa tra il cuore generoso e aperto del Signor John, il lato riservato della moglie Elizabeth, l'aspetto innocente e malaticcio del figlio James, di cui Rose si dovrà prendere cura, e l'autorità burrascosa del padre del signor John.
Ma non è solo la famiglia Howlett e le sue vicissitudini a riempire le cronache del diario di Rose, nelle sue frasi facciamo la conoscenza di Dog, giovane ragazzino figlio di Thomas Logan, uomo dal volto aspro e maligno, impiegato presso la ricca famiglia.
Rose, James e Dog diventano amici, o più semplicemente compagni di gioco. Il rapporto tra i tre ragazzi sembra inizialmente sereno e solare, come solari, tra i prati di un luogo che Jenkins dapprima non vuole rivelare, ci appaiono le tavole di Kubert, un rapporto che però lo sceneggiatore non salda mai in un legame vero, non viene infatti mai trasformato in una vera e propria amicizia, visto che anche tramite i pensieri di Rose, sappiamo che alla fine della giornata trascorsa insieme, i tre ragazzi si dividono, con Rose e James che tornano nella loro fortezza dorata, ma "costruita sulle lacrime", e Dog alla sua "povera, triste vita".
Forse è solo la tristezza, che i testi di Jenkins fanno sottilmente emergere, intravedere, a unire i tre ragazzi, una tristezza che Rose è l'unica, forse, a percepire, assieme al pericolo, un pericolo che Rose identifica in Dog. Ed è qui che ha luogo l'inganno di Jenkins. L'attenzione che lo sceneggiatore, attraverso i pensieri della ragazza, dimostra verso il personaggio di Dog, le descrizioni che lo scrittore ci offre, tutto fa parte di un inganno che i lettori non riescono, per tutta la lettura a vedere, sentire. Un inganno che viene svelato solo nelle ultime pagine.
Ed è proprio nelle ultime pagine, tra il dramma e il caos, tra la morte e il sangue, che il lettore intuisce, grazie ad alcune veloci frasi, a cui si aggiunge una scioccante tavola finale, in cui non solo la visione del sangue sugli artigli, ma anche uno straziante grido di dolore, ci forniscono una verità sconvolgente.
Un origine che ci porta a conoscere la vera identità di Logan, di Wolverine, di un personaggi da anni diventato ormai un icona del mistero, moderno burbero dal cuore d'oro, a cui il James Howlett del primo capitolo non somiglia affatto, un origine che ci porta a conoscere i segreti degli Howlett, i rapporti tra Lady Elizabeth e Thomas Logan, che ci fanno ricordare e capire il perché dei richiami del vecchio Howlett a Padron John.
Il Wolverine/Logan/James che impariamo a conoscere è un ragazzo in fuga, impaurito, che pian piano diventa forte, serio, ma che però resta sempre dentro di sé un ragazzo. Gli sguardi incuriositi, gli occhi sgranati davanti a un candelotto di dinamite mostratogli da Smitty ne sono un esempio lampante.
James cresce, matura, e il suo percorso di maturazione è, pagina dopo pagina, cosparso di ostacoli, di lotte, di soprusi. Una maturazione che include la scoperta da parte di Logan della sua bestialità, un lato selvaggio e oscuro che questi scopre attraverso l'inseguimento di prede, la visione del sangue e il sudore della caccia nei boschi del Canada.
Una maturazione che comprende anche il sacrificio, il sacrificio di una vita, quella di Rose la donna che amava, una donna per la quale finge una sconfitta per far sì che possa vivere una vita normale. la donna che lo aveva protetto e da cui, dopo averla vista assieme a Smitty, si sente tradito, per poi cercare di rimediare, e alla fine, perderla. Una perdita che lo segna e che ne decreta l'isolamento tra i boschi, un isolamento che diviene mistero, una vita passata ormai dimenticata, e le cui uniche testimonianze, un diario contenente gli scritti di una bambina divenuta ragazza e poi donna, brucia lento nel fuoco di un camino, come brucia e così scompare la vita di James Howlett, ora divenuto, più che mai, Logan.

Carlo Coratelli


Wolverine: Enemy of the State
(Wolverine dal 20 al 33) Testi di Mark Millar, disegni di John Romita e di Karee Andrews

La prima run di Mark Millar su Wolverine si contraddistingue per il recupero di svariati elementi che fanno parte della storia, classica e moderna, del personaggio.
Al centro di tutto c’è Logan, attorno a lui ci sono i vari personaggi dell’universo Marvel con cui ha sempre avuto rapporti complessi e sfaccettati, dagli X-Men, ai Fantastici Quattro, passando per Elekta, Devil e Nick Fury.
E poi ninja, spie, terroristi, sentinelle, morte e rinascita, il conflitto tra la razionalità dell’uomo e l’istinto omicida della bestia…
E’ una storia, questa di Millar, che va al nocciolo del personaggio, al suo cuore, lo ripulisce e lo mostra a lettore senza fronzoli, come fosse un grosso block buster hollywoodiano, con una storia lineare e per questo solida, dove si trascina il protagonista in un’avventura tutta azione.
Ma non traggano in inganno queste premesse, non è una storia da leggere a cervello spento, anzi. Millar, liberatosi dalla pretese autoriali di altre produzioni, riesce a scrivere una storia di puro entertainment dove non mancano i livelli di lettura e le intuizioni, basti vedere le ottime caratterizzazioni delle tante guest star, che anche con poche parole vengono perfettamente centrate, o gli originali spunti lasciati su Wolverine, come nella sequenza in cui, al cospetto di Marvel Girl, non può che notare la somigliare con la defunta Jean Grey.
Millar è forse qui a suo agio piu che in altre grosse saghe mainstream dove i personaggi a volte sembravano più seguire un copione che agire in maniera coerente.
Ai disegni, John Romita Jr. aggiunge l'ennessima pietra miliare al suo curriculum, realizzando alcune delle tavole piu maestose degli ultimi anni, con scontri pieni di personaggi e sequenze altamente adrenaliniche.
La storia finale della run, disegnata da Karee Andrews, è la perfetta conclusione alla gestione, di cui spezza il ritmo in maniera cacofonica. Dopo l'azione a go go, ci troviamo una storia più lenta, un soliloquio ambientato durante la seconda guerra mondiale, dove il sangue è solo il contorno al testo.
Una gestione che non possiamo che consigliare dunque, per la maniera onesta di approcciarsi al personaggio e presentarlo a lettore, che potrà riscoprirlo nelle sue radici piu profonde.

Gianluca Reina



Wolverine: Logan (Panini Comics, cartonato, 80 pagine a colori, 12 €) Testi di Brian Vaughan, Disegni di Eduardo Risso

Wolverine torna in Giappone per affrontare un fantasma del suo passato, in un luogo che 60 anni prima ha fatto da sfondo a drammatici eventi che hanno cambiato la sua vita, qui ripresi per narrare al lettore una storia mai raccontata del mutante canadese: Logan continua il suo vagabondare alla ricerca di qualche brandello della sua memoria scomparsa, giungendo nella terra del Sol Levante. Qui incontrerà il tenente Warren, un soldato americano con un'ideologia fondamentalista, e la vedova giapponese Atsuko, che porterà in superficie la sensibilità di uomo di Logan, finora rimasta nascosta sotto la corazza da guerriero mutante. I due amanti saranno però separati da una tragedia che segnerà pesantemente Wolverine, ma la minaccia più pericolosa da affrontare lo attende dietro l'angolo...
Wolverine: Logan è un nuovo tassello del grande mosaico che un po' alla volta ci racconta la storia dell'artigliato mutante, successivo agli eventi di Origini e Arma X; l'impressione che si ha però è quella di sta leggendo una storia già conosciuta, dato che i combattimenti e l'avversario di Logan hanno similitudini con corrispettivi già visti, mentre Atsuko potrebbe tranquillamente essere una versione antecedente (cronologicamente) di Mariko. A rendere però meritevole la storia è il modo in cui viene raccontata: Brian Vaughan tratteggia un Wolverine più umano del solito aggirando l'ostacolo di andare out-of-character, non lasciando però il lettore a digiuno di scene d'azione particolarmente cruente. L'alternanza tra passato e presente è affascinante ma (forse volutamente) alla prima lettura rende tutto poco chiaro, per poter svelare gradualmente gli eventi avvenuti nel 1945 che chiariranno tutti i punti inizialmente oscuri.
A rendere ulteriormente affascinante il racconto è l'ambientazione giapponese, per nulla casuale ma con una precisa posizione geografica e temporale che fornirà elementi in grado di arricchire la storia, sorprendendo il lettore. L'atmosfera viene tratteggiata alla perfezione dai disegni di Eduardo Risso, impreziositi dalla colorazione di Dean White che riesce a costruire una fotografia unica per gli ambienti e per i diversi momenti della giornata.
Azzeccata la scelta di orchestrare il racconto in soli tre episodi, anche se questo rende il numero di pagine un po' scarsino per giustificarne il prezzo, ma così consente alla storia di proseguire in modo fluido e omogeneo, evitando eventi o sottotrame inutili che avrebbero solamente allungato il brodo.

Carlo Alberto "Deboroh" Montori



Annamaria Bajo
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