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Cento anni di Corrierino: cenni storici

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Il signor Bonaventura, Corto Maltese, Valentina Melaverde, Zorry Kid: personaggi che attraversano le generazioni, icone della cultura popolare italiana. Figure conosciute non solo ai cultori o agli appassionati, ma riconosciute da un immaginario collettivo tutto italiano che non si crede ancora in grado di generare icone simili.
Si tratta di fumetti che devono la propria esistenza alle pagine del celebre “Corriere dei Piccoli”, che il 27 dicembre 2008 ha compiuto 100 anni. Un traguardo che per convenzione è stato assimilato al centenario del fumetto italiano, che nel “Corrierino” vede la prima esperienza duratura e (ci azzardiamo a dire) l’asse centrale del proprio sviluppo nel corso di diversi decenni. Tanto da spingere le istituzioni a festeggiare il ragguardevole traguardo della testata, in questi mesi, con mostre, volumi e anche un francobollo celebrativo.

Che il Corriere dei Piccoli avesse una vocazione di autorevolezza era quasi scontato sin dai suoi primi gemiti. L’idea di affiancare al Corriere della Sera un supplemento settimanale per bambini fu del direttore Luigi Albertini, alle redini della testata dal 1900 al 1925. Albertini, uno dei primi giornalisti italiani a importare fondamentali lezioni dagli USA, riuscì con le sue idee a imporre il “Corrierone” come il principale quotidiano d’Italia. Oltre al già diffusissimo La “Domenica del Corriere”, Albertini propose ai lettori altri supplementi, come “La Lettura” (1901) e “Il Romanzo Mensile” (1903). È in quegli anni che affida alla pedagoga Paola Lombroso Carrara, figlia del noto antropologo, l’ideazione della testata. La direzione viene però affidata al giornalista Silvio Spaventa Filippi: si racconta che Albertini non se la sentisse di affidare l'impresa ad un direttore donna: “Le famiglie non capirebbero e non gradirebbero”, avrebbe detto.
Erano altri tempi: gli stessi balloon erano considerati diseducativi, e la leggenda narra che fu il disegnatore Antonio Rubino a suggerire di sostituirli con le più rassicuranti ottave in rima baciata. E così i vari Arcibaldo & Petronilla, Fortunello e Bibì & Bobò furono rimaneggiati e gli venne conferita una “dignità letteraria”. Dopotutto, il Corrierino nella sua storia ha ospitato anche racconti in prosa (spesso a puntate, come dei veri feuilleton) di autori del calibro di Grazia Deledda, Dino Buzzati e Gianni Rodari. E anche gli autori di fumetti italiani chiamati a lavorare sulla testata, specialmente nei primi tempi, provenivano dal mondo della cosiddetta cultura “alta”. Antonio Rubino, Attilio Mussino e Sergio Tofano, rispettivamente papà di Quadratino, Bilbolbul e il Signor Bonaventura, erano considerati artisti a tutto tondo e personalità rispettate per la loro poliedricità.
I lettori del Corriere della Sera accolsero favorevolmente il supplemento indirizzato ai loro figli, e il successo della testata fu immediato: preventivamente, di quello storico primo numero furono stampate 80 mila copie.

Anche negli anni del fascismo, il Corrierino ebbe un notevole successo, ma come avvenne per la testata madre, dovette incorrere nelle censure e negli aggiustamenti di rotta richiesti dal Min Cul Pop di Galeazzo Ciano, tra cui la riduzione dello spazio dedicato ai fumetti, mal visti dal regime. Una serie di correzioni che hanno forse contribuito a creare, nella coscienza popolare, un pregiudizio negativo verso il fumetto.

E le rime baciate erano ancora protagoniste nella prima storia repubblicana. La direzione dell’umorista Giovanni Mosca (già alle redini di un’altra testata storica, Il Bertoldo) proseguì fino al 1961 sul filone spiccatamente pedagogico e quasi paternalista.
Ma i giovani lettori restavano attenti alla qualità della testata, e il gradimento calò al punto che arrivò un nuovo direttore, Guglielmo Zucconi. Lentamente, quasi cautamente, il celebrato giornalista emiliano reintrodusse i fumetti guardando alla scuola inglese e franco-belga.
Ma fu il direttore che lo seguì, Carlo Triberti, ad aprire le porte a una nuova generazione di fumettisti, moderni e a tratti anche sofisticati. È nel corso della sua gestione, a cavallo tra gli anni ’60 e i ’70, che approdano sulla testata autori come Jacovitti, Hugo Pratt e Grazia Nidasio, ma anche Sergio Toppi e Dino Battaglia. Ma lo stile dei fumetti e i contenuti delle rubriche non sembravano più diretti a un target di “piccoli”: e così la testata si scisse, affiancando al Corrierino un “Corriere dei ragazzi”, pur mantenendo in entrambi i casi un approccio quasi educativo e pedagogico. Se i genitori avevano fiducia nel Corrierino, in effetti, forse lo si doveva anche al suo essere “rassicurante” e “educativo” anche nel momento ludico (come, ad esempio, con i soldatini di carta disegnati da grandi maestri del fumetto come Pratt e Toppi).

Nei due decenni successivi la testata ha visto diversi cambiamenti di formato e di impostazione, oltre che un costante e irrefrenabile calo di vendite. I direttori si susseguivano con poco tempo per imprimere un segno, capire che direzione dare alla rivista, e soprattutto, forse senza le competenze adatte, ma scelti in base a logiche editoriali. E le ricadute, inevitabilmente, si avvertirono sulla qualità delle storie, degli editoriali e delle vendite.

L’avventura del Corriere dei Piccoli si è conclusa il 15 agosto 1995. I computer e le consolle erano diventati i compagni di giochi per molti potenziali lettori, e la direzione non riusciva a intercettare i gusti di quella generazione per certi versi ancora misteriosa.
Una nuova versione telematica del Corrierino, non aggiornata da anni, si trova tra le pagine web del Corriere della Sera, un papà che negli ultimi anni si è un po’ dimenticato di quello che a lungo è stato il suo figliol prodigo. E che forse farebbe bene a riscoprire.


Marco Rizzo
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