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Hulk: Essential Reading

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Hulk: Ground Zero
Hulk – Futuro Imperfetto
L’Incredibile Hulk - All’ombra dell’aids
Hulk: Banner
Hulk: the End – L’ultimo Titano
The Incredible Hulk (Vol II) 34-76
Hulk: Grigio
World War Hulk 1

Hulk: Ground Zero testi di Peter David, disegni di Todd McFarlane e Erik Larsen
Pubblicato originariamente su The Incredible Hulk ##340-346 (febbraio 1988 - agosto 1988)
Pubblicato in Italia sul volume Hulk: Ground Zero (1998)


Erano i tempi dei furgoncini kitsch, delle orrende capigliature anni ’80, e di Bruce Banner che diventava Hulk solo di notte, ma in versione grigia e, su per giù, intelligente. La scusa era scovare le bombe gamma del governo per distruggerle. Peccato che a cercarle fosse anche Samuel Sterns, il Capo. Il quale, guarda caso, aveva anche intenzione di vendicarsi di Hulk con un espediente da giustizia poetica. Partiva così un viaggio lungo l’America alla ricerca delle bombe, e un conflitto a distanza tra i due antagonisti destinato a risolversi nel classico confronto finale.

Peter David costruisce la storia su una solida struttura, ricca di rimandi interni e basata su diversi piani narrativi. Ma oltre questo, non c’è molto altro. La storia è nel complesso piuttosto mediocre: un susseguirsi di scazzottate teleguidate dal Capo, autore di un piano barocco e inutilmente macchinoso che poco lascia alla suspense. Il tutto inframezzato da pesanti riflessioni di stampo psicologico, condotte attraverso monologhi pedanti e una prosa tanto invasiva che le parole riescono in alcuni casi a occupare metà della pagina. E non aiuta troppo la caratterizzazione dei protagonisti: psicologie tagliate con l’accetta, personaggi che cambiano idea come e quando capita, basta che la storia vada dove deve andare.
Lo stesso Hulk “intelligente” è un personaggio che non funziona affatto: David pretende di mantenerlo la brutale creatura tutta istinto che essenzialmente dovrebbe essere, ma allo stesso tempo gli fa psicanalizzare chiunque gli capiti a tiro, oltre che se stesso. Il risultato è una sorta di sbruffone saccente e lunatico che poco ha a che fare con ciò che è Hulk.

Sul fronte dei disegni, Todd McFarlane offre una prova senza infamia e senza lode. Buona in generale la costruzione della tavola, ma alquanto confusionarie le chine, piene di elementi superflui che vanno a sommarsi all’handicap di una colorazione obsoleta e mai aggiornata, con un effetto finale davvero poco riposante per gli occhi: un’orgia di dettagli minuscoli che appesantisce di molto la lettura. La situazione migliora in misura sensibile con Erik Larsen ai disegni, che con chine più pulite e un tocco più aggraziato riesce a dare maggiore piacevolezza all’ultima parte della saga.

Ma nonostante tutto, possiamo considerare questa una storia importante per Hulk. Perché? Innanzitutto, l’Hulk grigio è un tassello che è entrato a far parte integrante della mitologia del personaggio (al di là del fatto che grigia fosse la prima versione del mostro). Vale a dire che, di fatto, questa storia è rappresentativa di un periodo della vita di Bruce Banner che è impossibile ignorare. In secondo luogo, è proprio qui che viene introdotto nel mondo di Hulk un approfondimento psicologico assente in precedenza. Un approfondimento che, come si è detto, arriva a essere quasi invadente e tutt’altro che ben calibrato; ma che ha comunque il merito di aver dischiuso al personaggio nuove direzioni, nuove possibilità di sviluppo.
Insomma, per usare un gioco di parole, una storia che ha fatto storia, ma che a differenza di altre anche più vecchie non è riuscita a rimanere fresca nel tempo, e che sente tutto il peso degli anni passati, senza riuscire a guadagnarsi l’appellativo di “classico”.

Valerio Coppola


Hulk – Futuro Imperfetto

Pubblicato originariamente nella miniserie Hulk : Future imperfect ##1-2 (gennaio 1993 - febbraio 1993)
Prima edizione italiana: Star Magazine #35-36 (1993)
Ultima ristampa: Hulk Futuro Imperfetto (1997)


A circa novanta anni dal 1993 la Terra sembra un altro pianeta. La Terza Guerra Mondiale ha cambiato il volto del mondo e l’olocausto nucleare ha prodotto innumerevoli vittime nonché annientato tutti i super esseri che ben conosciamo.
Eccetto uno, che adesso regna incontrastato.
Hulk infatti è immune alle radiazioni, anzi proprio l’esplosione di una bomba gamma ha decretato la sua nascita. Ma, a partire dal nome, in questo essere che si fa chiamare “Maestro” è rimasto ben poco dell’Hulk che conosciamo. Il Golia Verde potrà essere irascibile, infantile, arrogante, ma mai è stato crudele e raramente si è approfittato del suo potere per ottenere vantaggi personali.
Il Maestro è esattamente l’opposto: lasciando ogni remora ha assoggettato la popolazione regnando come un terribile despota, e solo uno sparuto gruppo di ribelli, con a capo un vecchissimo Rick Jones, porta avanti una flebile resistenza.
Non avendo altre alternative Rick si decide a interpellare e far intervenire l’Hulk del passato, l’unico in grado di fronteggiare e (forse) sconfiggere il Maestro.
Il confronto tra i due “Banner” sarà cruento e all’ultimo sangue, nonostante la volontà del Maestro di provare a portare Hulk dalla sua parte.

La miniserie in due parti, lungi dall’essere un what if? ma incastonandosi appieno nella continuity di Hulk, è scritta da Peter David e disegnata da un George Perez in stato di grazia, e riserva momenti memorabili.
Ad esempio l’incontro con il vecchio Rick nella “stanza dei trofei” non può lasciare indifferenti, così come la tremenda caratterizzazione del Maestro.
La profonda conoscenza che David ha del personaggio e del cast di comprimari fa il resto, con dialoghi e immagini ricchi di riferimenti.
Un “must have” assoluto per i fan del pelleverde.

Andrea “Zio-P” Poli


L’Incredibile Hulk - All’ombra dell’aids
testi di Peter David, disegni di Gary Frank
Pubblicato originariamente su The Incredible Hulk 420
Prima edizione italiana: Devil & Hulk n. 27
(giugno 1996)
Ultima ristampa: I Classici del fumetto di Repubblica, Hulk (2003)

Ci sono scrittori che, nella loro carriera di sceneggiatori di fumetti, si sono legati indissolubilmente ad un personaggio, o ad un team in particolare. Tessendone le trame per anni, ne sono rimasti uniti per tutta la vita.
Peter David è LO scrittore di Hulk.
Inizialmente il dualismo del protagonista, benché figlio del Mr. Hide di stevensoniana memoria, era solo accennato. Lui ne ha rivoluzionato l’immagine, scavando nella sua psicologica complessa e legata alle emozioni represse del dottor Banner.
Tra le oltre cento storie scritte dal geniale autore, questa “All’ombra dell’aids” è certamente quella più ricordata e ristampata.

In verità Hulk e David avevano già toccato l’argomento AIDS in The Incredibile Hulk #388 (nella storia “Non è acqua”, apparsa in Italia in Devil & Hulk 7).
Qui faceva la sua (ri)comparsa Jim Wilson, nipote di Falcon, e vecchia spalla di Hulk negli anni ’70, che si scopre essere affetto dalla Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita.
Passeranno quasi altri tre anni, però, prima che lo scrittore svisceri a dovere il difficile argomento, con il numero 420 della collana del Gigante Verde, e nella storia dal titolo, appunto, “All’ombra dell’AIDS”.

Viaggiando su tre binari differenti, la trama illustra differenti punti di vista sulla malattia; Jim Wilson lotta fino alla fine, rifiutando di arrendersi alla malattia e combattendola con ogni mezzo possibile; Chet, scopertosi sieropositivo, cerca l’aiuto di un telefono amico, che lo possa ascoltare mentre prende l’unica decisione per lui possibile: il suicidio.
In sottofondo, la paura e la discriminazione che la società provava (e forse prova ancora) verso i malati di AIDS, siano essi adulti o bambini.
Hulk e Betty Banner si impegnano con tutte le loro forze per dare un barlume di speranza ai propri interlocutori… ma, l’happy ending sarebbe stato troppo facile, e sicuramente meno d’effetto per una storia come questa che colpisce soprattutto per il suo essere reale.

Cris Tridello


Hulk: Banner
testi di Brian Azzarello, disegni di Richard Corben
Pubblicato originariamente su Banner ##1-4 (luglio 2001 - ottobre 2001)
Pubblicato in Italia su 100% Marvel - Hulk: Banner (2002)


Hulk: Banner è una storie rude. Figure, paesaggi, personaggi, dialoghi, avvenimenti: nulla è gentile, o delicato. Tanto meno Hulk.
Nella sua fuga continua e disperante, non si capisce bene chi Banner stia cercando di evitare: quelli che lo inseguono, oppure se stesso e la spirale di rabbia e pulsioni represse che animano il suo Mr. Hyde personale.

La trama imbastita da Brian Azzarello è quanto di più convenzionale per Hulk: l’esercito a caccia di Bruce Banner e del mostro che contiene. Un susseguirsi di esplosioni, distruzione, morte e botte da orbi. Ma nonostante questo combattere forsennato, questa lotta continua e senza esclusione di colpi, Azzarello fa passare qualcosa di più: ci racconta il rapporto tragico e ambiguo tra Banner e Hulk, un rapporto di odio reciproco tra due persone che non sono realmente due, ma piuttosto un unico individuo. Indivisibile: una parte non potrebbe essere senza l’altra. Tutto questo, narrato senza tante parole, senza ampollosi monologhi psicologisti. Tutto è dipinto attraverso la rabbia cieca di Hulk, e la rassegnazione di un Banner pronto anche a farla finita, pur di trovare un po’ di pace.

Sotto questo profilo, fondamentali sono le illustrazioni di Richard Corben, capaci di raccontare, in buona parte da sole, l’intera vicenda proposta dallo scrittore. Le scelte stilistiche, le inquadrature, la costruzione della tavola, sono tutte funzionali a questa narrazione, e sono quelle che solo un maestro è capace di realizzare. Ma a creare un vero valore aggiunto è l’estetica di Corben: quelle forme brulle e ruvide che tanto bene si adattano non solo allo scenario desertico degli avvenimenti, ma soprattutto alla brutalità diretta che, come si diceva, è il tono di questa storia. Il tutto sottolineato da colori spenti, tristi, claustrofobici, e dalla presenza pesante di un nero che in certa misura esclude tutto ciò che non è essenziale.

Banner è una storia che si legge in un soffio, che si presenta in modo secco e immediato. Ma, quando se ne va, lascia l’idea di non poter comprendere a fondo il suo protagonista. Lascia un’idea di inconcludenza che non è negativa, ma dona vita e tridimensionalità a un personaggio che non può essere racchiuso in due pagine e quattro vignette.

Valerio Coppola


Hulk: the End – L’ultimo Titano
testi di Peter David, disegni di Dale Keown
Pubblicato originariamente su Hulk: The End (2002)
Pubblicato in Italia su Marvel Graphic Novel - Hulk: The End (2003)


I personaggi storici della Marvel, quelli nati agli inizi degli anni ’60, per mano di Stan Lee, Steve Ditko e Jack Kirby, sono tutti figli dell’atomica, arma definitiva degli Stati Uniti, tramite la quale è stata messa la parola “fine” al secondo conflitto mondiale.
Tra tutti, Hulk è il personaggio nel quale questo legame è più evidente.
Peter David e Dale Keown, autori del ciclo che ha ridefinito il Gigante di Giada e l’ha riportato in cima agli indici di gradimento sia del pubblico che della critica, nel 2002 tornano sul personaggio che li ha resi famosi, e ne creano la storia finale, legandosi proprio all’idea che stava alla base del personaggio.

Bruce Banner è l’ultimo uomo rimasto sulla terra, resa deserta da un conflitto atomico che ne ha ucciso tutti gli abitanti. Rimasto solo, ormai vecchio, intrattiene conversazioni solo con se stesso e con il suo alter ego, nell’attesa che la morte lo reclami. Il problema è che Hulk non ne vuol sapere di morire, e continua a lottare per sopravvivere ad un mondo che continua ad essergli ostile. Questa storia è un lungo monologo di Bruce Banner/Hulk che, pagina dopo pagina, prende coscienza del proprio ruolo come ultimo titano rimasto nella terra. Come Prometeo fu punito dagli dei dell’Olimpo per aver fornito il fuoco agli uomini, così Bruce Banner, e Hulk con lui, paga per l’invenzione della bomba atomica da parte dell’uomo. Così come il titano della mitologia greca, Hulk è condannato ad essere ciclicamente divorato tra atroci dolori, per poi rigenerarsi nell’attesa che il ciclo si ripeta.
Alla fine Hulk troverà la pace tanto agognata per tutta la propria esistenza, anche se il prezzo per essa sarà, forse, troppo alto.

Con il senno di poi, ed in pieno World War Hulk, è logico pensare che fosse questa la fine che “gli Illuminati” volevano dare al Gigante di Giada.

Cris Tridello


The Incredible Hulk
testi di Bruce Jones, disegni di Mike Deodato jr., John Romita jr., Lee Weeks, Stuart Immonen, Leandro Fernandez, Darick Robertson, Doug Braithwaite
Pubblicato originariamente su The Incredible Hulk (vol. II) ##34-76 (gennaio 2002 - ottobre 2004)
Pubblicato in Italia su Devil & Hulk ##91-112 (giugno 2003 - aprile 2005)


La doppiezza, quando più quando meno, è sempre stata una caratteristica dei supereroi. Per alcuni è una vera essenza. Per Hulk, è tutto.
Nella triennale gestione di Bruce Jones, la doppiezza non è stata solo protagonista delle storie: è stata la loro forma, il loro tono. Dalla ovvia dicotomia Bruce Banner/Hulk, alle scatole cinesi di misteri e segreti, doppi fini, interessi sovrapposti, emozioni contrastanti. Fino a trovarsi di fronte una realtà sempre coperta, nascosta da almeno uno strato d’apparenza.

La lunga e frenetica fuga di Banner, braccato dalle forze dell’ordine e da una fantomatica organizzazione segreta, è disseminata di ambiguità, di scenari che cambiano di continuo, di personaggi che scivolano via da definizioni e inquadramenti netti e duraturi. Jones riesce a dar forma a una saga ricca di suspense, sempre protesa in avanti in vista di una soluzione che continua a sembrare lì, a portata di mano, e invece non è mai raggiungibile. In questo senso, doppie sono anche la fuga e la caccia, in cui entrambe le parti giocano allo stesso tempo il ruolo di preda e predatore.

Protagonista assoluto di questa vicenda dai continui rivolgimenti e costellata di deviazioni, è Bruce Banner, così presente da rubare la scena al suo alter ego anche per lunghi periodi (fatto questo che a suo tempo procurò più di una critica a Jones). In effetti, a fuggire è più Banner che Hulk. Il Gigante di Giada è piuttosto una presenza sullo sfondo, che compare in modo improvviso e deflagrante quando serve. Ma, tanto uno quanto l’altro, sono pedine sulla scacchiera del manovratore, come lo sono gli innumerevoli comprimari coinvolti nella vicenda. Ognuno di essi svolge una funzione precisa nel dispiegarsi degli eventi. Nessun elemento, nessun filo narrativo, è abbandonato a se stesso o lì per caso. E soprattutto, ogni elemento, ogni personaggio, è utile a far emergere ulteriori ambiguità, sfumature, contraddizioni.

Nel suo insieme, Jones costruisce una trama ben ponderata che non lascia spazio a momenti gratuiti, immersa in un’atmosfera oscura e a tratti horror. E se la saga da questo punto di vista è riuscita, bisogna rendere merito al fondamentale apporto del principale tra i tanti e validi artisti che le hanno dato forma, Mike Deodato Jr.. I suoi disegni costituiscono davvero un complemento indispensabile ai testi: la carnalità del segno conferisce alla vicenda il realismo di cui anche lo scrittore è alla ricerca, mentre il suo Hulk è una massa di pura potenza fisica sempre sul punto di esplodere. Ma di grande impatto è lo stile in generale, con le ombre nette e onnipresenti che, oltre a materializzare quell’aura orrorifica di cui si diceva, sono il perfetto riscontro grafico della doppiezza, della segretezza e dell’inafferrabilità che sono la cifra dell’Hulk di Bruce Jones e Mike Deodato Jr..

Valerio Coppola


Hulk: Grigio
testi di Jeph Loeb, disegni di Tim Sale.

Il primo Hulk, quello apparso nel 1962 in “The Incredible Hulk” e scomparso dopo appena sei numeri, non si trasformava quando saliva la rabbia.
Il primo Hulk, era grigio.
E' di questo Hulk che Jeph Loeb e Tim Sale si occupano in questo terzo capitolo dei loro “libri colorati” (gli altri due sono stati “Spiderman: Blue” e “Devil: Yellow”), reinterpretando le origini del futuro gigante di giada e omaggiando allo stesso tempo quelle scritte da Stan Lee e Jack Kirby.
Come nei precedenti volumi Loeb e Sale puntano i riflettori sulla nascita dei protagonisti, arricchendo sempre la trama con il ricordo triste delle rispettive amate perdute. Ma mai come in questo caso è altamente riduttivo prendere in considerazione solo il rapporto tra Bruce Banner e Betty Ross (o forse sarebbe meglio dire tra Hulk e Betty) dato che in questo volume ogni personaggio, a partire da Thunderbolt Ross (generale dell'esercito e padre di Betty) fino ad arrivare allo stesso Rick Jones (il ragazzo che si era intrufolato nella zona della detonazione della bomba), diventa lo specchio in cui la mostruosità si riflette.

Tutta la storia è narrata da Bruce al dottor Samson durante una nottata, come fosse una sorta di visita psichiatrica atta a renderci partecipi della nascita di Hulk e delle sue prime e problematiche avventure. Ricordi frammentari che rievocano l'esplosione della bomba gamma e il salvataggio di Rick Jones, la prima trasformazione e il primo incontro tra Hulk e Betty, il nascondiglio sotterraneo dove contenere il mostro, uno scontro mai narrato contro il primo Iron Man e lo scontro finale con il generale Ross: tutti episodi in cui crescono i personaggi e interagiscono dando man mano lo spunto per molte riflessioni inerenti a Hulk. Chi è il mostro? Cosa vuole? Perchè distrugge? Questioni che riecheggiano per tutta la durata della narrazione e che si fanno sempre più opprimenti e dense mentre paziente e dottore discutono le loro posizioni. Jeph Loeb ci offre dei buoni dialoghi e una ricercata voglia di confondere il lettore confrontando i comportamenti di Hulk con quelli degli altri comprimari e mescolando le carte in tavola sovrapponendo modi di pensare e sensazioni. Tim Sale invece, rifacendosi al grande Re Kirby e alla versione “Bulkiana” di Marie Severin, ci offre una stupenda interpretazione del gigante: goffa ma piena di energia, forte e senza controllo ma allo stesso tempo docile e tenera, che ci permette di visualizzare appieno il disagio della situazione del mostro. L'unica costante che rimane fissa e chiara è solo una: il grigio. Il grigio di Hulk rispecchia assolutamente la sua instabile condizione e ne delinea la sconvolgente modernità. Il non limitarsi ad una semplice distinzione tra bene e male, bianco o nero. Le mille sfacettature del suo carattere: bambino, gigante incontrollabile e distruttivo, creatura bisognosa di affetto o assalita dal senso di colpa. Ecco quindi che la carica innovativa del personaggio, incompresa agli esordi della sua “carriera”, riemerge prepotentemente, mantenendo però costante in ogni tavola il senso di inadeguatezza da cui Hulk è pervaso.

Da segnalare una chicca: Se badate attentamente vedrete come Hulk grigio appaia sempre durante ore notturne: questo fatto, anche se non menzionato da Loeb in didascalie o dialoghi, è dato dalla natura stessa del primo Hulk che si trasformava solo al calare delle tenebre.
Consigliatissimo a chi ha apprezzato le altre due opere a “colori”, a chi ha una particolare predilizione per il gigante “che spacca tutto!” e in definitiva a chiunque volesse leggersi una storia godibile.
Ricordatevi: “Hulk è Hulk!”

Andrea Gadaldi


World War Hulk 1
testi di Greg Pak, disegni di John Romita Jr.

World War Hulk 1L’antefatto: il gruppo segreto di super-esseri noto come gli Illuminati, formato da Iron Man, Dottor Strange, Mr. Fantastic e Freccia Nera, decide che è venuto il momento di farla finita con Hulk e di spedirlo con l’inganno su un pianeta remoto. Qualcosa però va storto, e il Golia Verde atterra su Sakaar sul quale, negli eventi narrati in Planet Hulk, viene prima reso schiavo, quindi da gladiatore si trasforma in capopopolo spodestando ed uccidendo il tiranno locale e trovando persino l’amore con la guerriera aliena Caiera. Ma l’ultimo regalo degli Illuminati è l’esplosione della navicella che ha trasportato Hulk con la conseguente distruzione di Sakaar stesso e la morte di Caiera. Cosa rimane da fare ad Hulk se non tornare sulla Terra con i suoi “fratelli di guerra” e farla pagare ai responsabili?

Con queste buone premesse parte Word War Hulk che ci porta ben presto nel vivo dell’azione. Prima tappa la Luna con obiettivo Freccia Nera, quindi rotta verso Manhattan ai cui abitanti Hulk dà 48 ore di tempo per evacuare l’isola dal momento che vuole quello come campo di battaglia contro gli Illuminati a cui viene dato lo stesso tempo per presentarsi.
Tra gli “interessati” si cerca di prepararsi e, alla scadenza dell’ultimatum, vari super-esseri attendono Hulk, tra cui esponenti dei due gruppi di Vendicatori che si riuniscono per l’occasione, ma è Tony Stark quello che sente più di tutti la responsabilità di ciò che sta accadendo e che per primo si offre di fermare la furia verde. Riuscirà l’armatura che Iron Man ha costruito appositamente per questa evenienza a resistere alla rabbia di Hulk?

Eccetto l’evidente soddisfazione di vedere il protagonista prendere a sberle gli Illuminati, la storia di Greg Pak non offre molto altro alle aspettative dei lettori e, anche se alcune tavole del collaudato duo John Romita Jr./Klaus Janson sono molto riuscite, altre risultano piuttosto deludenti, non aiutando a risollevare il giudizio globale su questo inizio saga.

Andrea "Zio-P" Poli


Redazione Comicus
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