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Iron Man: Essential Reading

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Iron Man: Il demone nella bottiglia
Iron Man: Extremis
Civil War 7
Iron Man Direttore dello S.H.I.E.L.D.

Iron Man: Il demone nella bottiglia
testi di David Micheline e Bob Layton, disegni di John Romita Jr. e Carmine Infantino

Di tanto in tanto ci sono alcune storie che hanno un’importanza oggettiva, a prescindere dalla loro qualità. Negli anni ’70, David Micheline e Bob Layton scrissero sulle pagine di Iron Man una di queste storie, che chiamò in causa direttamente il tema dell’alcolismo: Il demone nella bottiglia.

In effetti la storia in sé, soprattutto riletta oggi, non è niente di eccezionale e non si risparmia qualche ingenuità. La trama e l’intreccio sono semplici e lineari, mentre la prosa di Micheline risulta solida e scorrevole. La vicenda in generale è una spy-story condita con elementi del mondo politico e finanziario, ma rimane pur sempre una storia di supereroi come molte altre del periodo. Ai disegni, John Romita Jr. non è certo il particolarissimo autore a cui oggi tanto, e a ragione, si rende omaggio. In particolare, seppure sia ben visibile la valida tecnica di cui già dispone, non sono infrequenti imprecisioni dal punto di vista anatomico o nelle proporzioni. E anche lo storytelling e la costruzione delle tavole non sono ancora quelli per cui oggi Romita è tanto apprezzato. In definitiva, la storia in sé risulta piacevole e ben realizzata, ma non si distingue da tante altre del periodo ugualmente ben fatte.

Tuttavia, come si è detto, Il demone nella bottiglia è una storia importante. La sua rilevanza deriva non tanto dal fatto che introduce il tema della dipendenza: lo si era già visto negli anni precedenti in diverse occasioni, dall’Uomo Ragno a Lanterna Verde/Freccia Verde. Piuttosto, questa storia è importante perché vede confrontarsi con il problema dell’alcolismo non un comprimario, ma direttamente il protagonista, l’eroe. Dunque chi, in quel contesto, dovrebbe rappresentare il “bene” assoluto. È, in un certo senso, il tassello che congiunge il “supereroe con superproblemi” a quel processo di “revisionismo” del supereroe che si dispiegherà del tutto nel decennio successivo. In tal senso, va sottolineato come in questo caso l’alcolismo non sia un problema accessorio, un effetto collaterale: è bensì un problema che per Tony Stark risulta inestricabile rispetto al suo essere Iron Man. Per riprendere un’altra metafora pop, è il suo lato oscuro. L’essere Iron Man lo sdoppia, lo porta a non poter più conciliare le sue due vite e ad isolarsi dal resto del mondo in questo affannoso cercare una coerenza. E più la vita lo mette a dura prova, più Tony Stark cerca rifugio, coraggio e senso in un più facile mondo etilico. Allo stesso tempo non può smettere di essere Iron Man: da un certo punto di vista, anche questa è una dipendenza.

Alla fine della vicenda, Tony Stark/Iron Man vince la sua battaglia personale, il suo demone. Ma, per le sue storie successive, fino a quelle odierne, la questione rimarrà un punto di riferimento imprescindibile: già questo, oltre i motivi appena richiamati, basterebbe a render conto dell’importanza di questo ciclo, che è uno snodo necessario per comprendere la psicologia del personaggio.

Valerio Coppola


Iron Man: Extremis testi di Warren Ellis, disegni di Adi Granov

Extremis avrebbe la stoffa del masterpiece.

Negli anni Sessanta Stan Lee rivoluzionò l'intero universo supereroistico introducendovi semplicemente l'elemento umano: spogliati della maschera i veri eroi erano loro, gli uomini.
La maschera come orpello o semplice strumento di autodifesa è sempre stata la caratteristica fondante dell'universo Marvel: l'approccio della Casa delle Idee era orientato sull'uomo, quello DC sul costume; il risultato ultimo di questa diversità era - ed è - perfettamente visibile, e nonostante si voglia ricondurre l'intero genere supereroistico a un unico fascio indistinto, è necessario anche rimarcare le profonde divergenze stilistiche che ne caratterizzano l'evolversi nel tempo.
Le riletture dei personaggi Marvel, dunque, sono forse ancora più necessarie e conseguentemente frequenti di quelle DC: l'uomo dietro la maschera ha bisogno di essere aggiornato alla mutevole sensibilità dei diversi periodi storici, mentre il costume, laddove rimane simbolo, può tranquillamente solcare i secoli senza perdere di credibilità.

Warren Ellis è così a suo agio con il medium che, in Extremis, rilegge Iron Man a ritroso, mostrandone le origini attraverso l'utilizzo di flashback: all'inizio della storia Tony Stark è già l'embrione dell'eroe che tutti conosciamo; è un uomo alle prese con il costante perfezionamento della sua armatura, cioè di un "superpotere" fragile, contingente, semplice espressione del progresso tecnologico e quindi cristallizzazione di un istante fugace.
Più che il passato, a Ellis interessa il futuro, il superamento di questa empasse che Tony sembra non riuscire più a gestire: migliorare costantemente l'armatura senza perfezionare l'uomo che vi si nasconde è un processo infinito e sterile.
Un ragazzo qualunque in cerca di vendetta, contagiato da un potente virus bioelettronico, metterà a nudo tutte le incongruenze e le debolezze di un supereroe fino a quel momento manchevole.

Paradossalmente, il perfezionamento dell'uomo dietro la maschera a cui Ellis aspira è, purtroppo, un processo unicamente fisico: l'autore accenna solamente alla controversa psicologia di Tony Stark e ne rilegge unicamente il simbolo, vale a dire Iron Man.
Questo non significa che l'uomo sia lasciato in disparte per fare spazio all'eroe, anzi: Ellis inscena un vero e proprio processo a Stark presentandone contraddizioni, sofferenze, ambiguità, lasciando che sia il lettore a trasformarsi temporaneamente in giudice e giuria allo scopo di giustificarne o meno la condotta.
La sensazione, però, è che la solida caratterizzazione del personaggio espressa nella prima parte dell'opera vada progressivamente alleggerendosi, fino a una risoluzione finale che appare sbrigativa e un po' finta: l'idea che il singolo gesto eroico permetta a Stark di razionalizzare e giustificare le proprie ambiguità morali ed etiche appare una forzatura.

Ciò nonostante, Extremis si presenta come un'opera solida, colta, a suo modo introspettiva, arricchita dall'iperrealismo pittorico di Adi Granov che riesce a dare un'interpretazione nuova del vendicatore di ferro.
Pur con tutti i limiti dell'iperrealismo a livello fumettistico, Granov compone delle tavole un po' stucchevoli ma suggestive, impreziosite da colori tenui e realistici che ritraggono un Iron Man più hi-tech che supereroistico.
In più, gli autori ci regalano alcuni dei più entusiasmanti scontri fisici che si siano mai visti in un fumetto.

Extremis avrebbe la stoffa del masterpiece, si diceva.
Ellis ha provato a confezionare un'opera di rottura, estrema a livello di contenuti, illustrazioni, struttura narrativa.
Se avesse scavato ancora più a fondo nella psiche controversa e ambigua di uno dei personaggi più estremi e realistici della Marvel, ci sarebbe davvero riuscito.

Luca Baboni



Civil War 7 testi di Mark Millar e Paul Jenkins, disegni di Steve McNiven e Steve Lieber

Civil War 7Con questo numero si conclude Civil War, evento che per sette mesi ha monopolizzato l’attenzione dei Marvel Fan e non solo.

Si inizia col sorriso, quando nella prima pagina Cap esordisce con un “Vendicatori Uniti!” mentre già divampa la battaglia tra il suo esercito e quello di Iron Man. Eppure non c’è molto da ridere, Cap è convinto di essere dalla parte giusta, come Tony Stark d’altronde, ed i due non esitano a tirare fuori tutte le risorse che hanno a disposizione per vincere la guerra. Mark Millar fa altrettanto: tutti i maggiori protagonisti che abbiamo visto durante CW e nei vari tie-in hanno il loro puntuale ruolo in questa battaglia campale, chi in prima linea, chi nelle retrovie. Steve McNiven ce la mette tutta alle matite, i coloristi lo aiutano, la forma (o i tempi, chissà?) un po’ meno, ed in qualche vignetta non risulta ai livelli eccellenti dei primi numeri.

Tra battute fulminanti (come quella tra l’Uomo Ragno e Reed Richards), rese dei conti finali (in particolare quella tra Ercole ed il finto-Thor) e qualche sorpresa, si arriva alla conclusione, quella che, se non te l’hanno raccontata, in cuor tuo già conosci.
La conosci perché è l’unica possibile, la più realistica e conveniente in effetti. Una vittoria per coloro che stavano dalla parte di chi ha prevalso, una cattiva medicina da buttare giù per gli altri, nella speranza che faccia bene al fisico se non al morale.

L’ultimo episodio della Guerra Civile lascia moltissimi spunti per il futuro, alcuni ben chiari, altri per ora misteriosi. È lo stesso vincitore della Guerra, la cui identità non vi vogliamo svelare, ad affermare che ciò che è accaduto fino ad ora “è solo l’inizio”.
Ma ancora più emblematico è l’episodio finale di Civil War: Frontline, in cui Paul Jenkins e Steve Lieber (prova sufficiente, la sua) portano a termine la metamorfosi, o meglio la trasfigurazione, di Speedball. A questo ragazzo, una volta allegro supereroe saltellante, non è rimasto niente, non la famiglia, non gli amici.
Niente, fuorché il dolore per l’errore commesso.
Quindi nella volontà di espiarlo, Speedball muore e risorge, e con lui un’epoca dell’Universo Marvel, quella in cui era ben chiaro quali erano gli eroi, quali no e fin dove ci si potesse spingere per portare avanti le proprie idee.

Andrea "Zio-P" Poli

Iron Man Direttore dello S.H.I.E.L.D. testi di Daniel e Charles Knauf, disegni di Roberto De La Torre

Iron Man Direttore dello S.H.I.E.L.D.Civil War ha sicuramente il merito di aver aperto scenari totalmente inediti per il M.U. con altrettanto numerosi spunti narrativi.
Uno dei principali è quello che riguarda Iron Man, premiato con la massima carica dello S.H.I.E.L.D. grazie al totale sostegno verso il registraction act.

Nei primi episodi dell'albo gli autori (Daniel e Charles Knauf, padre e figlio) hanno buon gioco a mettere a confronto la gestione di Tony Stark con quella di Nick Fury, cioè i metodi di un direttore d’azienda (per quanto illuminato) con quelli di un militare. Dopo questo spunto interessante, la storia si avvinghia però in un intreccio di “relazioni pericolose” tra i vari comprimari: Jim Duggan, il segretario alla difesa Jack Kooning, il fido consulente Sal, la sfuggente scienziata Maya Hansen nonché il più pericoloso (e redivivo) nemico di Iron Man. Il tutto condito da combattimenti vari come da prassi.
Ai disegni Roberto De La Torre ci viene presentato come una nuova promessa dei comics, ma in realtà sembra risentire parecchio delle volubili chine di Jonathan Sibal.

Un volume “di passaggio” in definitiva, non imperdibile a meno che non siate fan duri e puri del Vendicatore rosso e oro.

Andrea "Zio-P" Poli


Redazione Comicus
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