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Persepolis: il film

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"A quei tempi, avevo una vita tranquilla. Amavo le patatine fritte con il ketchup, e Bruce Lee, indossavo le mie scarpe Adidas e avevo due ossessioni: depilarmi le gambe e diventare l'ultimo dei profeti."

Marjane è una bambina come tante, sognatrice, energica, fantasiosa. Ma tra lei e le sue coetanee nel resto del mondo, c'è una grossa differenza.
Marjane vive nel rigido Iran, terra di fermenti e di oppressioni, dove uno spirito inquieto come il suo difficilmente riesce a trovare la libertà di cui ha bisogno per sentirsi realizzato.
Temendo che la sua tempra possa causarle seri problemi con l'integralismo del suo paese, viene mandata in Europa: l'avventura che dovrà affrontare sarà riuscire a mantenersi fedele alle proprie origini, crescendo e maturando lontano da casa.

L’adattamento di un fumetto o di un libro per il grande schermo è forse uno dei compiti più ingrati che ci siano al mondo: sempre in bilico tra il dover mantenere la fedeltà all’opera originale, e il riuscire a dare al film dignità propria per non farlo sembrare una semplice copia del prodotto originale.
Il film di Persepolis esce vincitore su entrambi i fronti.
È assolutamente fedele all’opera originale; e non poteva che essere così, in fondo è una biografia della vita di Marjane Satrapi, una storia vera che di certo non può essere stravolta nel passaggio dalla carta al grande schermo.
Evita però di limitarsi a ri-raccontare la storia del graphic novel, rispetto alla quale aggiunge dettagli, ne trascura altri e ne approfondisce altri ancora.
Quello che viene fuori è un’opera "complementare" al fumetto che, pur non presentandone tutti gli aspetti, riesce a raccontare una storia completa.

La storia è appunto quella del "viaggio" di Marjane. Viaggio nel senso di crescita e maturazione: Marjane per trovare se stessa deve prima allontanarsi delle sue origini, conoscere un mondo diverso, per poi riavvicinarsi al proprio passato e rinunciarci di nuovo come scelta cosciente.
Punto di forza del film, come del fumetto, è di non cadere mai nello stucchevole e nel gratuito quando racconta i drammi della vita quotidiana di una ragazza iraniana, riuscendo invece a stemperare il tutto con della sana ironia.

Una delle figure preponderanti del film è quella della nonna, che diventa uno dei principali punti di riferimento di Marjane in tutti i momenti della sua vita: in particolare, in una sequenza molto ben riuscita, dopo aver "rinnegato" le proprie origini spacciandosi per francese, l'ombra della ragazza dialoga con un'ombra immaginaria della parente che le riporta alla mente le promesse fatte prima di partire.
Altra scena molto intensa è proprio quella dell’ultima notte passata in compagnia della nonna prima della partenza, che viene caricata di una forte valenza drammatica, tanto da essere ripresa nel finale prima dei titoli di coda con la sua significativa pioggia di gelsomini.

Dal punto di vista grafico, il lavoro è eccellente.
Lo stile essenziale della Satrapi viene riportato sullo schermo ripulito e ammorbidito, potenziato da un’animazione che lo rende dinamico e d'effetto, fondendolo perfettamente con la musica.
Unica piccola stonatura, le sequenze a colori che fanno da cornice al film, con Marjane all'aeroporto tentata di tornare in Iran: il colore non si lega al disegno e sembra inserito a forza.

La regia è ricca di trovate a tratti geniali, come ad esempio il racconto della storia dell’Iran fatta con le marionette nella prima parte del film, o la sequenza in cui Marjane cambia una serie di abitazioni in Austria, realizzate come fosse un libro tridimensionale.
L'immaginazione della protagonista è una delle chiavi vincenti dal punto di vista dell'ecletticità registica. Basti pensare alla parte in cui Marjane si innamora per la prima volta, momento in cui assistiamo ai due modi diversi in cui "vede" la sua relazione: prima come un sogno romantico con tanto di macchina volante, poi come una degradante storia con una creatura dalle fattezze grottesche.
Ma forse l'apice del film è la sequenza (usata anche nel trailer) in cui Marjane si "risveglia" dall'apatia in cui era piombata, al ritmo di "Eyes of The Tiger".

Tirando le somme, il film "Persepolis" è un prodotto d'animazione validissimo, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello della storia. La storia di una persona come tante che al tempo stesso è la storia di un’intera popolazione: il dramma personale che si unisce alla tragedia degli eventi.



Gianluca Reina
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