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Alan Moore Essential Reading

- Capitan Bretagna
- From Hell
- Batman: The Killing Joke
- La lega degli straordinari gentlemen
- Miracleman
- Promethea
- Superman: Che cosa è successo all'Uomo del Domani?
- Superman: Per l’uomo che aveva tutto...
- Swamp Thing
- Tom Strong
- V for Vendetta
- Watchmen



Capitan Bretagna in X-Men Archives 1 e 2 (Marvel Italia) Testi di Alan Moore, disegni di Alan Davis

Oggi vedere Alan Moore alla Marvel sarebbe più difficile di assistere alla reunion dei Beatles, ma un tempo, prima che la controversa vicenda legale di "Miracleman" minasse irreparabilmente i loro rapporti, il barbuto scrittore ha effettivamente lavorato per la Casa delle Idee. In realtà si trattava della divisione inglese della Marvel (l'unico exploit dell'autore per la Marvel USA resta la sceneggiatura di una manciata di pagine per l'albo benefico "Heroes for Hope"), per la quale realizzò un bel ciclo di Capitan Bretagna.

Apparso in appendice a collane come "Marvel Superheroes", "The Daredevils" e "The Mighty World of Marvel" (contenenti principalmente ristampe di albi americani), in episodi da otto pagine ciascuno ed inizialmente in bianco e nero, questo ciclo non è forse “fondamentale” come altre opere del Bardo di Northampton, ma è interessante per più di un motivo. La sequenza di racconti complessivamente nota come "Jasper's Warp" contiene, infatti, un numero impressionante di spunti narrativi che Moore e la Marvel riprenderanno e approfondiranno negli anni a venire. Insieme al succitato Miracleman (presente anche qui in un macabro cameo), Captain Britain rappresenta uno dei primi esempi di decostruzionismo supereroistico (non solo in senso metaforico: il protagonista viene infatti ucciso all'inizio della saga, per poi essere riplasmato e resuscitato da Merlino); come nel più celebre "Watchmen", uno degli elementi principali della trama è una legge contro i supereroi, e come in "V for Vendetta" (che Moore stava scrivendo parallelamente), scenario di molti episodi è una versione distorta, oppressiva e fascista dell'Inghilterra. Su queste pagine, appare per la prima volta Meggan e viene rinnovata Betsy Braddock, entrambe destinate a diventare personaggi di punta del Marvel Universe. E sempre qui Moore conia il termine "Terra-616", riferito all'universo narrativo di Spider-Man e soci e ben noto agli appassionati di continuity.

Ai disegni troviamo un Alan Davis forse non ancora tecnicamente perfetto, ma già creativamente eccelso, come dimostrano le surreali e grottesche battaglie interdimensionali con il folle Jim Jaspers e l'inarrestabile Furia. Completano l'originale cast di comprimari l'ambigua Saturnyne, l'Unità Esecutiva (composta da personaggi con bizzarri poteri, che sembrano provenire dalle storielle di fantascienza di Moore per "2000AD") e la Crazy Gang, ispirata al mondo di "Alice nel Paese delle Meraviglie". Restiamo in attesa di un'auspicabile ristampa di queste storie, dato che i due volumetti Marvel Italia che le raccolgono sono da tempo esauriti.

Daniele Mancino



From Hell (Magic Press, brossurato, 576 pagine in b/n, 35 €) Testi di Alan Moore, disegni di Eddie Campbell

Recensire o anche semplicemente commentare un’opera di Alan Moore è un’operazione ardita, soffocata dal timore reverenziale o dalla paura di non essere all’altezza. Le opere di Moore sono sempre ricche di riferimenti culturali alti e bassi, di meccanismi di narrazione brillanti e funzionali, di dialoghi impeccabili e naturali(sti).
Nel dibattito, "From Hell" contende spesso a "Watchmen" la palma di Miglior fumetto di Alan Moore. Al di là delle competizioni inevitabili, ma trascurabili (sarebbe come cercare di decidere qual è il migliore film di Kubrick), questa immensa opera è sicuramente una delle sue più libere, più riuscite e più efficaci.
"From Hell" è l’accurata ricostruzione (le cui scelte sono testimoniate dalla folta appendice in chiusura) dei delitti e delle motivazioni di Jack lo Squartatore, figura topica del serial killer e dell’Inghilterra vittoriana. Pur respirando il sapore del giallo, sin dall’inizio conosciamo il “colpevole”: l’indagine del lettore e la tensione non sono però sminuite, complice l’atmosfera e gli intrighi. Soddisfando una certa morbosa curiosità del lettore, Moore non ci risparmia i particolari e intreccia le vicende diaboliche con altre questioni ed eventi storici inquietanti (come il concepimento di Hitler).
Grande merito alla qualità dell’opera ai disegni graffianti e disturbanti di Eddie Campbell: le pennellate dell'artista australiano rendono tutto “malato” e “sporco”: l’amore, il sesso, l’accademia, la corona. Tutto è maledetto, tutto è inquietante, a partire dal medico-politico-serial killer William Withey Gull.
La Magic Press ha recentemente stampato il pantagruelico volume che raccoglie tutti e cinque i capitoli della saga, completi di note e appendici varie. Un’occasione unica per recuperare un capolavoro della letteratura (disegnata e non), sia per gli appassionati di ricostruzioni storiche-giornalistiche, sia per i cultori della leggenda di Jack the Ripper, sia per gli amanti del buon fumetto.

Marco Rizzo



La Lega degli Straordinari Gentlemen

Volume 1 (Magic Press, brossurato, 192 pagine a colori, € 15) Testi di Alan Moore, disegni di Kevin O’Neill
Volume 2 (Magic Press, brossurato, 228 pagine a colori, € 17) Testi di Alan Moore, disegni di Kevin O’Neill

La prima serie de “La Lega degli Straordinari Gentlemen”, ideata da Alan Moore e completata dagli splendidi disegni di Kevin O’Neill, è composta da 6 piccoli capitoli e da un racconto, “Allan e il velo lacerato”, scritto e disegnato dagli stessi autori nel puro stile dei penny dreadfull.
L’epoca immaginata per circoscrivere gli eventi è l’era vittoriana, periodo in cui sono stati creati dalla fantasia degli scrittori britannici alcuni fra i personaggi più duraturi della letteratura anglofona. Non è quindi un caso che Moore abbia inteso mettere in scena le singolari vicende di uno straordinario supergruppo proprio nel periodo che ha dato i natali a Mina Murray, al capitano Nemo, ad Allan Quatermain, alla coppia indivisibile Jekyll e Hyde e infine all’uomo invisibile Hawley Griffin.
L’idea di una lega, di un gruppo con superpoteri al servizio dell’impero britannico non è peregrina al mondo dei comics. Ciò che ognuno dei personaggi è stato e ha fatto nel suo passato viene ora messo a servizio di tutti per il bene di tutti. Certo, non ci sono superpoteri nel senso comune che il termine assume in un albo di supereroi, ma l’intelligenza, la caparbietà, il senso di ribellione o il semplice istinto animalesco dei personaggi selezionati da Moore da un pantheon di tutto rispetto riescono a conferire alla Lega un’aura di Super-Lega al servizio del bene comune e della gente spesso ignara di un forte e incombente pericolo.
Le potenzialità del gruppo di Gentlemen sono superiori a qualsiasi altro consorzio di uomini civili: se la Mina di Bram Stoker è in entrambe le serie personaggio di certo dal carattere più deciso e dalla sessualità più morbosa, la sua presenza esprime anche una certa idea dell’emancipazione femminile di quegli anni. Divorziata dal marito Jonathan Harker, è il vero motore del gruppo.
Il capitano Nemo di Jules Verne è un altro elemento cardine dell’azione e personaggio valoroso e indispensabile per l’evoluzione degli eventi. Immaginato da O’Neill con le fattezze di un sikh, per mantenere la fedeltà con quanto descritto ne “L’isola misteriosa” di Verne (dove il ribelle è un indiano piuttosto che un vecchio occidentale a cui i russi hanno sterminato la famiglia), egli diventerà senza tanti sforzi il deus ex machina della storia con un Nautilus (quasi) sempre presente nel momento del bisogno.
Allan Quatermain, personaggio-matrice di H. Rider Haggard su cui si sono forgiati tanti modelli di avventurieri, è nella serie un fumatore d’oppio alla fine della carriera, ormai non più giovane e aitante, ormai non più coraggioso e di riflessi pronti. Il racconto in appendice alla prima serie, “Allan e il velo lacerato”, intende offrire alla curiosità dei lettori tutti i retroscena che porteranno poi Mina a trovare Quatermain in delirio e succube di sogni vanagloriosi dei bei tempi che furono.
Assolutamente complementari e indispensabili per l’azione, Jekill e Hyde sono, come nel romanzo di R.L. Stevenson, la faccia di una stessa medaglia. Non potrebbe esistere l’uno senza l’altro. Emblema della repressione che la società vittoriana esercitò sui suoi devoti sudditi, il dottor Jekyll deve continuamente misurarsi con una metamorfosi che lo degrada dallo stadio umano, ovidianamente più alto, a quello animalesco, più basso e abietto, più incontrollabile e disinibito. Dotato di un istinto che risolverà la intricata matassa alla fine della seconda serie, Hyde si trasforma in una specie di King Kong, assolutamente spietato verso i nemici e i cattivi e delicato e tenero verso Miss Murray.
Griffin, l’uomo invisibile creato da H.G. Wells, è il personaggio della serie più sarcastico e ambiguo. Assolutamente nascosto all’occhio del lettore, esso è pura voce. Una bella prova di bravura per O’Neill.
Chiamata a risolvere una delicata situazione politica, la Lega lavora per un uomo sconosciuto e segreto. Essa deve solo eseguire gli ordini che giungono dall’alto e trovare la cavorite, elemento che porterebbe i cattivi della storia a distruggere la metà di Londra per ottenere poi il pieno controllo della città. Risolta questa situazione, ecco che la seconda serie ci catapulta in piena ricerca di marziani. La minaccia di esseri simili a sgabelli, i Tripodi, porterà la Lega a superare altre difficoltà, non senza perdite ‘umane’.
Queste esili trame ci aiutano a capire come la storia immaginata da Moore e disegnata splendidamente da O’Neill sia fatta anche d’altro. È innanzitutto un coacervo di citazioni e omaggi a opere ormai classiche, è un pastiche intertestuale dove i rimandi sono continui e non sempre facilmente individuabili, è un palinsesto bachtiniano su cui Moore si è divertito a tessere nuovi intrecci imprevedibili.
Infatti, compito dello scrittore e del disegnatore è stato anche quello di evocare un destino a personaggi che ‘in vita’ avevano già ricevuto una degna consacrazione, nonché una fine più o meno decorosa. Ormai fuori dal contesto di origine, questi personaggi di carta hanno trovato un destino, un fato immaginato per loro non più dai loro originari creatori ottocenteschi e in relazione alle loro singole vicende, ma unito al futuro della Lega. I fitti richiami intertestuali quindi diventano la vera ragion d’essere di questo accattivante fumetto.
Non poteva che essere così vista la singolare compresenza di personaggi assolutamente slegati tra di loro che in quest’opera, che attende ancora un finale ‘decisivo’ nella terza serie (anche se le loro storie, lo ha dichiarato Moore, potrebbero continuare ad libitum), trovano un equilibrio e una capacità interattiva non indifferente. Se nella prima serie, infatti, il lettore sente il peso di alcune citazioni e non sempre le giustifica nell’economia del racconto, la seconda serie appare più calibrata. I personaggi sono stati già presentati e cesellati, i loro destini sono strettamente legati non più da un mero rimando citazionista, ma da una vicenda comune e da una trama più robusta e vivace. Tutto questo rende la prima serie prodotto più freddo e autoreferenziale, seppur nella genialità delle trovate dello scrittore e del disegnatore, mentre prepara il terreno perché la seconda appaia più briosa e leggibile, più interessante e godibile.
Gustosi inserti pubblicitari in puro stile d’epoca e un eruditissimo “Almanacco del Nuovo Viaggiatore” in 6 fitti capitoli corredano infine la seconda serie, anch’essa suddivisa come la prima in 6 capitoli, di notizie e prelibatezze per un pubblico già avvezzo alle genialità di Moore e di O’Neill.
Degna di nota è poi la traduzione dell’impareggiabile Leonardo Rizzi e l’elevata cura dei volumi dell’edizione italiana per i tipi della Magic Press. Per gli amanti delle curiosità e per tutti coloro che volessero confermare le proprie intuizioni, esiste inoltre l’esaustivo volume “Eroi e mostri. La guida non ufficiale a La Lega degli Straordinari Gentlemen Vol. 1”, a cura di Jess Nevins (Magic Press, 2005), con una introduzione di Alan Moore e i commenti di Kevin O’Neill.

Nadia Rosso



Miracleman, l’eroe dimenticato

Nel 1953 la National Periodics, antesignana della DC Comics, vinse un’importante causa legale contro la Fawcett. La questione era legata al personaggio di Capitan Marvel, che venne ritenuto una copia di Superman e perciò la sua serie dovette chiudere i battenti (il personaggio, in realtà, è tornato in scena pochi anni dopo, in seguito all’acquisizione da parte della stessa DC dei diritti sui personaggi della stessa Fawcett). A essere delusi dalla chiusura di Capitan Marvel furono anche i lettori inglesi, che in bianco e nero ne leggevano le avventure importate dall’editore L.Miller & Sons. Dato che il personaggio era molto amato, la soluzione fu quella di creare nel 1954 un proprio personaggio, Marvelman, abbastanza simile a Capitan Marvel, ma allo stesso tempo differente da Superman, in modo da evitare ogni problema legale. Il personaggio visse abbastanza da divenire una delle letture preferite di un giovanissimo Alan Moore, che appena ne ebbe la possibilità propose alla rivista "Warrior" di riprendere la pubblicazione di quello stravagante eroe. Era il 1982 e contemporaneamente, sulla stessa rivista, Moore iniziò la pubblicazione di "V for Vendetta". Ancora una volta, per evitare qualsiasi problema legale, il nome del personaggio venne cambiato definitivamente in Miracleman.

Ma quello del nome non fu l’unico cambiamento che il personaggio subì. Con un’operazione simile a quella che avrebbe fatto pochi anni dopo con il personaggio di Swamp Thing (nella storia intitolata Lezione di anatomia), Moore in poche pagine rivoltò Miracleman come un guanto. Del resto, il personaggio originario era vissuto durante la Golden Age, ma da allora molto era cambiato e molto ancora stava cambiando nel mondo del fumetto supereroistico. C’era stata la Silver Age e anch’essa si era conclusa, con la cosiddetta “perdita dell’innocenza” dei supereroi. Il cambiamento era inevitabile, dato che i lettori richiedevano un maggiore realismo da parte degli editori. In America non c’erano più minacce esterne da combattere come il nazismo e il comunismo. I problemi erano all’interno dei propri confini e, dunque, il ruolo dell’eroe doveva necessariamente cambiare. Iniziarono allora ad avere maggior successo eroi tormentati (o anti-eroi) come il Punitore, Wolverine e ovviamente il Devil di Frank Miller. A contribuire in maniera decisiva al passaggio verso quello che viene oggi considerato come il “revisionismo supereroistico”, è stato anche Moore con le storie di Miracleman.

Nei primi episodi troviamo Mike Moran, alias Miracleman, non più bambino, sposato e senza ricordi del proprio passato. Ma ritrovare i propri ricordi non serve a nulla, dato che poco a poco Mike scopre quanto essi non siano altro che sogni pilotati da altri. Altrettanto lentamente, Moore, in maniera parallela, effettua una dissoluzione dell’eroe e soprattutto dell’uomo dietro la maschera. Tutto si confonde quando il suo miglior amico di una volta, Kid Miracleman, diventa la sua nemesi più efferrata, mentre quello che credeva essere il suo peggior nemico, il Dottor Gargunza, è invece il suo folle creatore. Per un eroe come Miracleman l’identità segreta non ha più senso, diventa solo un involucro di carne per l’essenza quasi divina dell’eroe stesso. Libero da ogni vincolo creativo, Moore fa raggiungere al suo personaggio la piena consapevolezza delle proprie capacità. Miracleman decide di trasformarsi in una vera e propria divinità, creando intorno a sé un pantheon e liberando l’umanità da tutto ciò che ritiene nocivo per questa, a cominciare dal denaro. Come si può notare, le idee di Moore per questa serie saranno seminali e influenzeranno il fumetto supereroistico americano per il ventennio successivo. Quest’ultimo concetto - gli eroi che intervengono preventivamente e su scala planetaria - è stato più volte ripreso a cavallo del nuovo millennio, soprattutto da Warren Ellis per "Stormwatch" e "The Authority".

Nel frattempo però "Warrior" aveva chiuso i battenti e la casa editrice Eclipse decise di dedicare a Miracleman una collana monografica, che partì con la ristampa dei primi episodi già apparsi in rivista. Furono 16 in tutto gli albi scritti da Moore, disegnati da diversi autori tra i quali spiccavano sicuramente un Alan Davis dal tratto ancora acerbo, ma già personale, e soprattutto un efficace John Totleben (che di lì a poco si sarebbe trasferito su "Swamp Thing" insieme allo stesso Moore).

Le prime storie di Miracleman sono fugacemente apparse anche in Italia, all’interno della rivista "Super Comics" della Max Bunker Press, ma le speranze di rivederle in futuro, nel Belpaese, non sono molte. Perlomeno fin quando non sarà conclusa la causa per i diritti del personaggio, che vede coinvolti lo scrittore Neil Gaiman (a cui Moore aveva lasciato la serie e anche i diritti del personaggio) e Todd McFarlane, che con la sua casa editrice TMP aveva acquistato la Eclipse e tutti i suoi personaggi. Se, come sembra, Gaiman vincerà la causa, è già pronto a pubblicare delle storie inedite con l’ausilio della Marvel di Joe Quesada, da sempre intenzionata a ristampare la vecchia serie di Moore in un’edizione degna della qualità delle storie.

Andrea Antonazzo



Promethea

Volume 1 (Magic Press, brossurato, 176 pagine a colori, € 13.50) Testi di Alan Moore, disegni di J.H. Williams III
Volume 2 (Magic Press, brossurato, 168 pagine a colori, € 13) Testi di Alan Moore, disegni di J.H. Williams III
Volume 3 (Magic Press, brossurato, 168 pagine a colori, € 13) Testi di Alan Moore, disegni di J.H. Williams III

Diciamoci la verità, quando Alan Moore ha cominciato a scrivere la serie di "Promethea" non gli importava nulla di raccontare l'ennesima storia di supereroi. Di gente in tutine attillate il comicdom statunitense era già pieno: una in più non avrebbe fatto poi tutta questa differenza. Quello di cui voleva parlare Moore era uno degli argomenti che gli sono sempre stati più a cuore: la Magia. Non la magia elementale liofilizzata da storia fantasy, né quella superficiale e sborona da fumetto supereroistico, bensì la magia vera, quella rete intricata di simboli che permea da sempre la realtà in cui viviamo. Ma, ehi, negli USA qualcosa del genere non avrebbe mai avuto il successo e la diffusione che Moore sperava per la sua opera, quindi il colpo di genio: presentarla come l'unica cosa in grado di vendere negli States, un fumetto supereroistico.
E in effetti è proprio così che viene introdotta la protagonista, anche se già dall'inizio si respira un'aria decisamente più raffinata e complessa. Promethea, infatti, è un'idea, o meglio una bambina consegnata dal padre all'Immateria, il mondo delle idee, per essere salvata dalla morte. E, in quanto idea, diventa immortale, in grado di tornare in vita, letteralmente, ogni qual volta qualcuno scriva di lei. Ecco quindi che Promethea passa da un ospite all'altro, da uno scrittore al prossimo, fino a giungere a Sophie Bangs, una ragazza poco incline ad accettare tutto ciò che non è razionale. Tramite il suo sguardo stupito veniamo introdotti ai primi rudimenti della magia, restando in principio nell'ambito del fumetto supereroistico, per abbandonarlo completamente quando Sophie intraprende il suo personale percorso di apprendimento spirituale. E noi con lei.
In un geniale episodio, la storia dell'umanità ci viene svelata dall'alternarsi delle carte dei tarocchi, in un altro scopriamo il sesso nella sua vera essenza di atto creativo, per imbarcarci poi assieme a Sophie in un viaggio mistico attraverso l'albero della vita, i sefirot della cabala identificati con i pianeti, ognuno dei quali è rappresentazione simbolica di ogni aspetto dell'essere umano e del reale.
Alan Moore ci prende per mano e ci accompagna in un mondo affascinante e complicato, e lo racconta come se stesse parlando a un bambino. Promethea smette i panni del fumetto supereroistico e si rivela per quello che è: un vademecum sulla magia, che pagina dopo pagina diventa sempre più reale, tangibile e vera. A renderla tale ci pensano anche le spettacolari tavole di J. H. Williams III, così dense di dettagli e di innovazioni grafiche e stilistiche da far restare a bocca aperta. Che dire ad esempio di una doppia splash page costruita sul simbolo dell’infinito, in cui anche i dialoghi entrano in un loop spaziotemporale di cui è difficile riconoscere inizio e fine? O dello stile pittorico alla Van Gogh adottato da Williams per realizzare il quarto sefirot, Chesed, la misericordia che costituisce la base del creato?
Promethea è un’opera la cui ricchezza e complessità saltano immediatamente all’occhio, come ricco e complesso è l’argomento di cui tratta. Ciononostante, nella lettura non risulta pesante ma, anzi, la Magia viene trattata come se fosse il tema più semplice del mondo e, forse, trattandosi dell’elemento base del creato, è proprio così che dev’essere. Del resto non è un caso se il bardo di Northampton abbia deciso di chiamare la propria protagonista come il Titano del mito che fu punito dagli dei per aver portato il fuoco agli umani.
Prometheo consegnò agli uomini il segreto dell’elemento fisico basilare del cosmo, Promethea consegna agli uomini i segreti dell’elemento spirituale costitutivo dell‘universo: le nostre anime.

Sergio Calvaruso



Swamp Thing

Volume 1 (Magic Press, brossurato, 180 pagine in b/n, € 13) Testi di Alan Moore, disegni di Steve Bissette, John Totleben
Volume 2 (Magic Press, brossurato, 216 pagine in b/n, € 16) Testi di Alan Moore, disegni di Steve Bissette, John Totleben, Shawn McManus, Rick Veitch
Volume 3 (Magic Press, brossurato, 192 pagine in b/n, € 15) Testi di Alan Moore, disegni di Steve Bissette, John Totleben, Rick Veitch

Nel 1983 Len Wein, editor di "The Saga of the Swamp Thing", serie della DC Comics dedicata ad un atipico personaggio che lui stesso aveva creato anni prima, propone ad Alan Moore di scriverne i testi. L'autore, ai tempi ancora sconosciuto al di fuori dell'Inghilterra, accetta e, dopo un episodio in cui chiude le trame sviluppate dal team creativo precedente, dà alla luce un albo destinato a diventare una pietra miliare del fumetto. Il celebre “La Lezione di Anatomia”, infatti, rappresenta idealmente l'inizio della cosiddetta british invasion, che ridarà nuova linfa al medium, nonché la nascita della linea Vertigo, una delle più felici realtà del comicdom statunitense (la lungimirante Karen Berger sostituirà Wein da lì a pochi mesi, e la serie sarà la prima della DC ad essere stampata senza il marchio del Comics Code). In questo e nei numeri seguenti vengono modificate radicalmente le premesse della serie e reinterpretate, in maniera a dir poco spiazzante, le origini della Cosa della Palude. La creatura che credeva di essere Alec Holland intraprende un percorso che la porterà all'accettazione della sua vera natura, ed al confronto con Jason Woodrue, alias l'Uomo Floronico, criminale di serie Z recuperato dal vasto sottobosco dell'universo DC, spogliato delle ingenuità che l'avevano caratterizzato in precedenza e riproposto in chiave più matura (operazioni simili verranno replicate più volte, con successo, dallo stesso Moore e dai suoi conterranei).

L'horror sofisticato dello scrittore inglese, molto distante da quello - pur dignitoso - che andava per la maggiore negli anni Settanta, riscuote presto i consensi di critica e pubblico e permette alla serie di salvarsi dalla chiusura paventata fino ad allora. Ma considerare "Swamp Thing" un fumetto unicamente horror significherebbe fermarsi alle apparenze. Durante la sua permanenza sulla testata (si tratta a tutt'oggi della più lunga run mai scritta da Moore, premiata con ben otto Kirby Awards) l'autore affronta tematiche filosofiche ed esistenzialiste, ambientaliste (la minisaga di Nukeface) e mistiche. Tra i tanti apici qualitativi sono da segnalare almeno gli episodi ispirati ai lavori di Jack Kirby e di Walt Kelly, e la splendida “Il Rito della Primavera”, dolcissima storia d'amore e allo stesso tempo visionaria esperienza lisergica. Degna di essere menzionata è anche l'introduzione, nel numero 37, di un insolito stregone tabagista curiosamente simile a Sting: John Constantine, personaggio destinato ad un successo editoriale (e cinematografico) perfino superiore alla serie che gli ha dato i natali, e che guiderà Swamp Thing alla scoperta dei suoi poteri e del significato del suo ruolo di Elementale della Terra.

Gli artisti Steve Bissette e John Totleben, rispettivamente disegnatore ed inchiostratore, partecipano in prima persona anche all'ideazione delle trame, così come Moore, con le sue dettagliatissime sceneggiature, ha un forte peso sul lato grafico della serie. Una compattezza creativa unica, favorita dalle affinità caratteriali dei tre autori, che porta ad ottimi risultati. Sarebbe difficile pensare a artisti più adatti del duo affidato a Moore per rendere su carta le tetre atmosfere delle paludi della Louisiana, e non stupisce che le loro tavole siano state stampate in bianco e nero, come erano state originariamente pensate, nelle successive riedizioni in volume. Acquisto e lettura fortemente consigliati a chiunque volesse scoprire uno dei picchi più alti e intensi raggiunti dal fumetto anglosassone nella sua fase di maturazione.

Daniele Mancino




Carlo Del Grande
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