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V for Vendetta: storia e cronistoria di un anarchico


V FOR VENDETTA: STORIA E CRONISTORIA DI UN ANARCHICO
di Nadia Rosso


«Certo s’approssima il Secondo Avvento»


Il V for Vendetta di Alan Moore ebbe una lunga gestazione durante le diverse e tribolate fasi di inventio, dispositio ed elocutio. Gli anni di riferimento, 1981-1988, sono anni fecondi in cui il genio dello scrittore britannico e il talento immaginifico di David Lloyd si coniugano per dar vita ad un lavoro che, inizialmente pubblicato sul «Warrior Magazine», finì per rimaner bloccato per ben cinque anni e per trovare infine definitiva sede di pubblicazione nell’americana DC Comics. Il 1981 è anche l’anno di nascita della figlia di Moore, Amber, ed è pure, dato non sottovalutabile, l’anno di nascita immaginato per Evey Hammond, protagonista nata negli anni della recessione economica inglese ed eroina sui generis di questo capolavoro a fumetti.
La storia di V, figura che assomma in sé le qualità dell’anarchico, del terrorista, del sognatore, del fool veggente e del vendicatore, viene pensata negli anni del governo Thatcher in un’Inghilterra sofferente del complesso di accerchiamento e della paura di continuare ad essere considerata per molto tempo ancora il «malato d’Europa», una nazione economicamente arretrata e in balìa degli ausili del Fondo Monetario Europeo. Gli anni di governo conservatore thatcheriano (1979-1990) hanno di fatto scavato un solco sempre più profondo fra la gelida e impietosa ragion di stato machiavellica, che non vuole scendere a patti con gli interessi del singolo e non può prospettarsi ‘morbida’ e comprensiva nei confronti delle classi lavoratrici, e le prerogative del Welfare State, così come questa riforma era stata portata avanti prima delle elezioni del ‘79. Questo decennio – inaugurato con la schiacciante vittoria del 1979 sui laburisti, proseguito con la riconferma nelle elezioni del 1983 (condotte sfruttando il clima patriottico per l’esito della vicenda delle Isole Falkland), e conclusosi con le dimissioni della Thatcher coram populi, dopo appena tre anni dal mandato del 1987 – è stato dunque un periodo non glorioso per una nazione che poteva vantare un ben diverso approccio ai problemi sociali della sua popolazione.
Il programma neoliberista e conservatore promosso dalla ‘lady di ferro’ non si occupò dunque delle rivendicazioni politico-sociali dei suoi lavoratori, della legittimità degli scioperi o delle riunioni sindacali, del vertiginoso innalzamento del tasso di disoccupazione, della chiusura forzata delle miniere, dell’esistenza di dopolavoro e di complessi bandistici e infine, con l'imposizione della poll tax, della profonda iniquità del sistema di prelevamento fiscale. Le disuguaglianze, le minoranze, le differenze sociali non poterono, in questo clima rovente di battaglie sindacali e politiche, che esacerbarsi e acuirsi in conflitti sempre più esasperati fra l’imposizione coatta di un disegno politico discutibile e intollerante e le libertà che secoli e secoli di guerre e rivoluzioni avevano portato a considerare come progressi della civiltà. Non a caso gli intellettuali, i primi a sentire il disagio culturale e le riforme di carattere prettamente reazionario di questo periodo storico, presero parola in merito alla questione; il cinema e il mondo della cultura in genere criticarono spietatamente la condotta di questo discusso e impopolare governo. Le pellicole di Ken Loach, di Derek Jarman o i testi engagés del cantautore Billy Bragg ne sono oggi insieme denuncia e testimonianza, così come, d’altra parte, anche John Constantine, il caustico personaggio di Moore ‘rivisto e corretto’ da Delano nella serie Hellblazer, operava le sue magie e si muoveva negli anni del deregulation reaganiano e thatcheriano.
Il capolavoro dell’autore inglese – letto nella bella e accurata traduzione italiana di Leonardo Rizzi – si configura così, alla stregua degli ormai ‘classici’ (nel senso calviniano del termine) capolavori letterari di Bradbury o di Orwell, come prodotto di una riflessione che nasce inevitabilmente da questo clima politico totalitarista e oscurantista. Il risultato è un coacervo di estrema complessità che gioca con continui rimandi e rinvii intertestuali, dialogistici e citazionisti, dosati con intelligenza e rigore da un maestro dell’arte del fumetto, Alan Moore appunto, e da un disegnatore, David Lloyd, che ha dato forma e spessore grafico ai peggiori incubi del nostro futuro. Il passato di V, di Evey, di un Fato supervisore delle vite di tutti i cittadini, e unica voce a potere e dovere essere ascoltata, appartiene agli anni forse più neri della politica conservatrice del Regno Unito. Moore immagina per i suoi protagonisti un futuro alternativo con i laburisti al potere, alle prese con i postumi di una guerra nucleare e con bande paramilitari della peggior tradizione nazi-fascista, che nettano e mòndano il Paese da ogni pericolo, compreso quello anarchico e sovversivo, ovviamente. Da questi preamboli di persecuzione, assopimento intellettuale, restrizioni sociali, privazioni materiali e revival nazista la serie di Moore prende linfa vitale e si snoda lungo scenari tetri e quasi apocalittici, segnati dal sonno della ragione e dall’obbedienza più bieca.


«E la pura anarchia si rovescia sul mondo»

La mente visionaria di Goya aveva già annunciato in un suo celebre capriccio (1799: l’Europa è sconvolta dagli ideali libertari e, soprattutto, dalla purga francese della Terreur) che il parto dell’ignoranza e del qualunquismo (el sueño de la razon) dà vita esclusivamente a mostri. In questo caso, la cassandra Moore prefigura un prossimo futuro inquietante e, per farlo adeguatamente, sfrutta a piene mani il potenziale eversivo e sovversivo di testi-denuncia quali 1984, Fahreneith 451, Il mondo nuovo, per tacere di altri. Il carattere per certi versi perturbante di V for Vendetta risiede forse nel fatto che l’umanità di fine XX secolo, immaginata con dovizia di dettagli e particolari dall’autore inglese, è la stessa inerte umanità, insofferente e indolente, che finisce per accettare, nella descrizione di Orwell postdatata all’anno 1984, il Diktat del potere costituito e che smette di interrogare e di interrogarsi, accontentandosi di ciò che la potente propaggine del Grande Fratello decide di far credere e, addirittura, pensare. D’altra parte, è quando si comincia a smettere di difendere ciò che è ritenuto dai più come dato e accettato (ricordate la somma 2 + 2 = 4?) che è possibile decostruire e poi ricostruire la realtà a proprio uso e consumo con regole nuove, persino aliene dalla logica più comune. E allora 2 + 2 darà come risultato 5. Convincendosene, il lavaggio di cervello sarà a metà dell’opera, e la costruzione di un nuovo sapere, relativista e creato ad hoc a seconda delle circostanze, non troverà resistenze senza quegli strumenti culturali che potenzialmente possono aprire gli occhi e far pensare.
La Galleria dell’Ombra, dimora e rifugio di V, è ricetto di quadri, musica e libri ormai rari. Il dipinto delle Tre Grazie, che fa da sfondo ai suoi discorsi, altro non simboleggia che la perduta Gioia e Bellezza, sopravvissute solo nei meandri di questi corridoi. Il dipinto raffigurante il Martirio di San Sebastiano, di fronte a cui V lascia intendere alla giovane Evey di essere l’erede e la continuatrice del suo grande progetto, altro non è che immagine cristologica, iconografia del sacrificio a cui anche V sarà chiamato a partecipare. L’aggettivo greco σεβαστός, da cui deriva il nome del Santo, era attributo e titolo concesso soltanto agli imperatori (l’equivalente del latino Augustus). Il termine è direttamente traducibile con l’italiano Venerabile, e non pare assolutamente un prodotto del caso che anche in lingua inglese esso si traduca con un lemma dalla consonante iniziale ormai a noi familiare (Venerable). Sulla falsariga di questa etimologia Moore, che ha creato un fine gioco di rimandi persino fra le iniziali dei titoli dei capitoli, ha pensato con cura anche alle immagini ‘devozionali’ con cui ricordare V, ormai morto e in attesa del «funeral vichingo» chiesto a Evey.
La biblioteca di Babele raccolta da V e conservata nel suo rifugio è la stessa immaginata da Ray Bradbury nel suo romanzo più noto, Fahreneith 451, e continuamente in pericolo perché ritenuta ‘sovversiva’. Ogni esemplare conservato da V è un unicum, un pezzo insostituibile ed eterno. Lo stesso Borges, non estraneo a tematiche esoteriche e simboliste, descrive in uno dei suoi racconti più celebri una biblioteca «illimitata e periodica», dove regna il disordine che, ripetuto, diventerebbe per antonomasia l’Ordine, l’unico capace di sanare la solitudine del personaggio che si muove tra quegli scaffali. Anche V è, significativamente, maschera isolata e irripetibile. Il personaggio è infatti ricalcato su quello di Guy Fawkes, cattolico inglese ‘deluso’ della politica religiosa, che il 5 novembre 1605 provò a mandar in aria il re Giacomo I e tutta la sua graziosa corte parlamentare. Una lettera anonima ne provocò il fallimento e il mancato attentato, conosciuto come la Congiura delle Polveri, viene ancora oggi ricordato ogni 5 novembre in Inghilterra e in Nuova Zelanda da ragazzini mascherati che portano a spasso il fantoccio di Guy, poi bruciato in un rogo simbolico. L’House of Parliament viene ridotta all’oscuro e soldati abbigliati coi vestiti dell’epoca portano in giro le loro fiaccole per sventare il fantomatico gruppo di cospiratori. La sua effigie viene inoltre ancora oggi utilizzata da gruppi anarchici per simboleggiare l’immortalità del suo gesto.

«E in ogni dove annega il rito dell’innocenza»

Il volto di V, al pari delle divinità che popolano le fantasie ataviche dell’inconscio collettivo, non può essere scorto da nessuno. La sua maschera è sorridente e beffarda, il suo ghigno è inquietante e immutabile, espressione di un dio irraggiungibile e onnisciente. Dalla sua figura solo la voce si modula e si alterna al canto o al riso folle; la sua per-sona è lo strumento da cui fuoriesce la Verità, unica effigie a non poter mai essere vista da alcuno. La sua fiaccola rischiara, ma il suo sguardo acceca, tanto che nessun umano potrebbe sopportarne la vista. Le maschere indossate da V hanno un che di sinistro e perturbante: la loro apatia, la loro atarassia ci inquieta e ci disturba perché nasconde le emozioni e la mimica umane, perché ci aggredisce con un’imperturbabilità in contrasto con l’agitazione che scatena la loro sola presenza, la loro semplice ombra o il riflesso restituito beffardamente dallo specchio.
V immagina una terra irreale – un’utopia per cui vivere e a cui credere – che affonda le sue radici persino nell’infanzia. Mentre il sonno di Evey porta la fanciulla nei meandri di una terra fantastica, V legge le avventure della Terra del fa’-come-ti-pare, create da Enid Blyton e occorse ai piccoli protagonisti Joe, Fran e Beth. Un invito per il lettore a rileggere testi che hanno in ogni tempo e luogo immaginato un universo migliore o, più semplicemente, diverso: la Repubblica (399-367 ca a.C.) di Platone, l’Utopia (1516) di Moro, il Gargantua e Pantragruele (1532-1564) di Rabelais, la Città del Sole (1602) di Campanella, la Nuova Atlantide (1627) di Bacone. La «Terra del fa’-come-ti-pare» è direttamente traducibile, infatti, nel monito di Rabelais raccolto nell’abbazia di Thélème e riassumibile in un conciso ma significativo «Fa’ ciò che vuoi», motto ante litteram del «Fa ciò che vuoi è tutta la legge» di Aleister Crowley, ossia la legge Thelema del suo Liber Al Vel Legis (1904). Non a caso, V recita versi del poeta irlandese Yeats (adepto e fondatore dell’Ermetic Order of the Golden Dawn, ordine a cui aderì lo stesso Crowley), che a sua volta Finch reciterà in un preciso momento della sua Bildung e del contemporaneo percorso di conoscenza e disvelamento della Verità. Le antiutopie, il ribaltamento di idilliache visioni legate alla terra del nessun dove, vengono invece altrettanto significativamente rappresentate da testi canonici e ormai classici del Novecento: Il mondo nuovo (1932) di Huxley, 1984 (1949) di Orwell, Fahreneith 451 (1953) di Bradbury. Questi testi, che denunciano scenari disastrosi, dove la rivolta prometeica dell’individuo è sopraffatta da uno stato totalitario e fascista che bandisce la cultura e ogni forma di libertà e di ribellione, sono alla base di molte delle situazioni descritte da Moore e disegnate da Lloyd.
In fondo, è il tradimento di Madama Giustizia a generare l’incontro con Anarchia. Il magnifico monologo di V sul tetto dell’Old Bailey è forse la sezione dell’opera che meglio descrive i motivi che lo hanno condotto ad abbracciare quest’ideale di libertà e disobbedienza verso l’ordine costituito. L’antefatto, rappresentato dalla reclusione nel campo di insediamento di Larkhill nel 1993, è solo un piccolo tassello ideato per rendere più comprensibili e giustificabili gli atti di violenza e di supremo amore verso il suo paese. Una sorta di purificazione, di rito di passaggio tra le fiamme del campo (questa l’immagine nel ricordo della dottoressa Delia Surridge), in perfetta contrapposizione alla pioggia che laverà Evey dopo l’internamento forzato, voluto e operato da V. In maniera assolutamente simmetrica, la reclusione della ragazza rappresenterà l’ennesima catarsi delle passioni terrene, ottenuta attraverso il superamento di alcune prove: la fobia verso un animale (il ratto, proprio come in 1984), la crisi d’identità (portata avanti fino a renderla incerta persino della propria sessualità), il taglio di capelli come rappresentazione materiale della minaccia di castrazione, e quindi della morte dell’individuo, e infine il rifiuto dell’obbligo dell’abiura che rappresenterà lo stadio finale di liberazione dalla propria schiavitù (un po’ come il ‘prigioniero’ del fortunato e omonimo serial inglese). Dal rito di morte a quello di rinascita: un’iniziazione a tutti gli effetti pagata a duro prezzo, ma densa di significati e di lasciti.
Un percorso di crescita e di sviluppo dopo il quale dovrà essere Evey a continuare l’opera inaugurata dal suo ‘Maestro’. Una nuova missione in cui anche la voix du peuple, come recita V leggendo Les confessions d’un revolutionnaire (1851) del socialista anarchico Proudhon, potrà levarsi contro i governi e chiedere un Ordine volontario da opporre al Caos dilagante e menomante di una società ignava e abbrutita. Solo quando Evey avrà raggiunto infatti la maturità e avrà completato il suo viaggio iniziatico per poter scegliere in maniera volontaria e convinta, senza remore, e camminare con le proprie forze, solo allora V potrà lasciarla agire da sola per continuare il suo progetto. A differenza di Orfeo, che cede al desiderio di voltarsi e trasgredisce così la legge dell’Ade per scorgere ancora una volta la sua amata Euridice lungo il tortuoso percorso verso la Luce, e a differenza di Psyche, che cede al desiderio di scoprire le vere fattezze del dio Amore che la mitica fanciulla può amare solo nelle tenebre, Evey rinuncia al desiderio di conoscere chi è il suo oggetto d'amore (Lacan direbbe l’oggetto piccolo a) per abbracciare l’Amore, l’Altro. Il suo forte e sofferto diniego è anche rinuncia al sentimento narcisistico ed egoico che l’avrebbe condotta a mirare in V, in extremis, il suo stesso volto e a specchiarsi quindi in un riflesso impietoso. Solo quando avrà ricordato che «il problema non è tanto sapere ‘chi’ è, ma ‘che cosa’, che cos'è?» V, Evey potrà finalmente raccogliere la sua eredità e iniziare un percorso dove il ruolo di «costruttore» e quello di «distruttore» non è sempre facilmente differenziabile. V ne è sicuro: «Imparerai Evey. Imparerai».


Nadia Rosso






CRONOLOGIA DELLE EDIZIONI ITALIANE DI V FOR VENDETTA (aggiornata ad aprile 2006)

- Inserti di Corto Maltese #91-96, Rizzoli/Milano Libri, 1991 - esauriti -

- V for Vendetta, Rizzoli/Milano Libri, 1994 - esaurita -

- V for Vendetta, Magic Press, 2002 - esaurita -
copertina in due formati: con risvolti (librerie di varia) e senza (fumetterie)

- V for Vendetta Edizione Assoluta, Magic Press, 2005 (25 €)
edizione brossurata in b/n in grande formato



- V for Vendetta, seconda edizione, Magic Press, 2005 (21 €)
edizione brossurata a colori



- V per Vendetta, Rizzoli, 2006
formato ridotto e in b/n, brossurato con sovracopertina (17 €, prezzo di lancio 9,50 €)



- V for Vendetta (in Grandi Storie #4), Magic Press, 2006
formato tascabile, brossurato e in b/n; prodotto da edicola (5,90 €)



- V for Vendetta (allegato a XL de La Repubblica), Gruppo editoriale L'Espresso, 2006
formato comic-book, brossurato a colori; prodotto da edicola (8 € più il costo del mensile)



Carlo Del Grande




Carlo Del Grande
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