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Carlo Alberto Montori

Carlo Alberto Montori

Animation History #18: Peter Pan

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Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale aveva interrotto bruscamente la lavorazione di tre film che erano in avanzata fase di sviluppo: Cenerentola, Alice nel paese delle meraviglie e Peter Pan. Se i primi due titoli raggiungono i cinema americani rispettivamente nel 1950 e nel 1951, il terzo sarà completato solamente nel 1953, potendo però contare sul budget più sostanzioso che fosse mai stato investito per un film d'animazione; la produzione non poté però contare sulla costante collaborazione di Walt Disney, all'epoca impegnato con alcuni film dal vivo e i primi progetti per un parco di divertimento, anche se gli animatori sono concordi nell'affermare che con alcune annotazioni apportò idee fondamentali per la resa finale dei personaggi e per l'atmosfera fantastica.

Basato su una pièce teatrale scritta da J.M. Barrie e successivamente adattata in un romanzo, Peter Pan è uno dei film che meglio rappresenta la filosofia Disney attraverso il messaggio per cui si può crescere conservando il proprio fanciullo interiore. Il protagonista, un bambino che non cresce mai, è basato sulle fattezze del giovane attore più in voga agli studi Disney, quel Bobby Driscoll già visto ne I racconti dello zio Tom e Tanto caro al mio cuore che qui presta anche la voce al personaggio principale; da evidenziare come Peter Pan sia il primo protagonista umano maschile di un lungometraggio animato Disney (se escludiamo alcuni episodi dei film antologici).
La riscrittura della storia portò via molto tempo, prendendo le distanze dalla versione originale di Barrie soprattutto nella prima stesura dove il cane-governante Nana viaggiava sull'Isola Che Non C'è assieme ai ragazzi e il finale era molto più cupo; sono però state conservate alcune caratteristiche peculiari dell'opera teatrale, tra le quali spicca la caratterizzazione di Capitan Uncino, uno dei villain più carismatici che si fossero visti all'epoca, anche grazie alla sua comicità grottesca, interpretato come nelle rappresentazioni dal vivo dallo stesso attore che recita il ruolo di Mr.Darling. Il cast può però contare su un gran numero di personaggi dotati di una caratterizzazione memorabile, come i tre figli di casa Darling, il mozzo Spugna, il coccodrillo Tick Tock o i bambini sperduti; la più grande invenzione del film è però Trilli, la fatina che sul palcoscenico era raffigurata solo da una lucina mentre qui ha delle chiare sembianze femminili e uno spiccato carattere geloso e irascibile, poi diventata un simbolo della Disney, comparendo addirittura nel suo logo. La vera protagonista femminile è però Wendy, una delle ragazze meglio realizzate in animazione fino a quel momento, il cui aspetto si può facilmente descrivere come una via di mezzo tra Cenerentola e Alice, anche per l'età anagrafica; nonostante la sua giovane età, Wendy ha un atteggiamento molto materno, caratteristica che riesce a conquistare anche i pirati aumentando la potenza emotiva del personaggio.

Gli ottimi personaggi non sono però l'unico punto di forza di Peter Pan: l'Isola Che Non C'è è un luogo immaginifico di facile presa sul pubblico grazie alla presenza di elementi come pirati, sirene, indiani e un gruppo di bambini selvaggi che vivono in un albero. La trama per certi versi si adagia su questi fattori, limitandosi in certa misura a presentarli e a farli interagire con i protagonisti in modi abbastanza basilari, ottenendo comunque un risultato più che soddisfacente, nonostante una vicenda semplice e lineare.
La pellicola gioca le sue carte migliori sul campo della spettacolarità, grazie all'ambientazione esotica e alcune scene d'azione come il combattimento finale tra Peter Pan e Capitan Uncino; le sequenze più suggestive sono però quelle di volo, in particolare nella traversata dei cieli di Londra, realizzata tecnicamente con la sovrapposizione di ben 20 piani di profondità.
Anche dal punto di vista musicale, Peter Pan può vantare una qualità innegabile: anche se sono presenti diversi pezzi di breve durata (come nel precedente Alice nel paese delle meraviglie) ci sono canzoni orecchiabili che si imprimono nella memoria dello spettatore, come "Puoi volar!" o "Seguiamo il generale".
Il brano più importante è però di certo "Seconda a stella a destra", nel quale è racchiuso lo spirito del film; la melodia era stata originariamente composta per  una canzone di Alice nel paese delle meraviglie poi scartata dal prodotto finale, poi riciclata qui con un testo differente.

Il pubblico apprezzò da subito Peter Pan, grazie alla riuscita contrapposizione tra la Londra realistica e l'universo fantastico dell'Isola Che Non C'è, popolata dai personaggi più interessanti usciti dagli studi d'animazione Disney; il successo al botteghino del film permise di rimediare alla perdita economica causata dal flop di "Alice nel Paese delle Meraviglie". L'uscita della pellicola fu accompagnata da alcune critiche che evidenziavano le numerose differenze dal testo originale, in una visione "panamericana" dell'opera simile a quanto Disney aveva già fatto con Pinocchio, imponendo una nuova visione della storia al grande pubblico; nonostante ciò, fu comunque lodato all'unanimità il riuscito mix tra umorismo e avventura con il quale è stata rappresentata la vicenda.
Peter Pan è tuttora uno dei Classici Disney più amati e può vantare un brand spin-off costruito attorno a Trilli, oltre al peso che riveste nei parchi di divertimento Disney, nel merchandising e nelle altre opere correlate. Quello che però è più importante è quanto il film abbia contribuito a riavvicinare le platee alle produzioni animate Disney, portando nuovamente gli spettatori più adulti a sognare e a tornare bambini, anche senza viaggiare necessariamente oltre la seconda stella a destra.

Animation History #17: Alice nel paese delle meraviglie

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Come abbiamo visto nell'analisi di Cenerentola, la storia della umile ragazza che diventa principessa nella versione animata era inframezzata con le sequenze dei topolini, una sorta di cortometraggi nel lungometraggio che possiamo considerare uno strascico dei film antologici che avevano spopolato nella filmografia Disney degli anni '40. Questa struttura è ancor più evidente nel film successivo, che adatta in animazione i due romanzi più celebri di Lewis Carrol, già in origine dotati di una narrazione episodica nella quale la protagonista affronta situazione abbastanza indipendenti l'una dall'altra; sullo schermo questo si traduce in una Alice che opera come filo conduttore tra le diverse scene, una sorta di avatar dello spettatore nel corso del viaggio attraverso il mondo delle meraviglie. Walt Disney aveva già usato il personaggio di Alice in modo simile negli anni '20, in una cinquantina di cortometraggi a tecnica mista nei quali una giovane attrice interagiva con personaggi animati; a mezzo secolo di distanza il personaggio viene ripescato per farne un lungometraggio animato, sulla scia delle opere che avevano fatto conoscere il nome Disney ad un pubblico ancor più ampio.

Adattare i romanzi di Carrol in un film non era opera facile, a causa dell'umorismo surreale prettamente britannico poco adatto per essere incanalato in una vera e propria vicenda; inoltre c'erano numerose ambientazioni e più di 80 personaggi da presentare al pubblico, operazione impossibile senza effettuare una selezione. Ma il problema principale era la protagonista, priva di alcunché elemento caratteriale o obiettivo che la motivasse nel suo viaggio: questa povertà di caratterizzazione la faceva impallidire al cospetto di tutti i personaggi bizzarri che popolano il mondo delle meraviglie, per cui Walt pensò di introdurre una storia d'amore tra Alice e il Cavaliere Bianco incontrando però la disapprovazione dei suoi collaboratori che la ritenevano una modifica troppo drastica allo spirito del testo originale. L'unica soluzione era trasformare la protagonista in una sorta di "figura di reazione" a quanto le si para davanti di volta in volta, nella maggior parte dei casi con una costante espressione di stupore e smarrimento.
La difficoltà nell'inquadrare il modo giusto per affrontare il progetto ne rallentò la produzione, con pause e ripetuti cambiamenti in corsa: i primi studi sulla storia risalgono agli anni '30 (Alice nel paese delle meraviglie ha rischiato addirittura di essere il primo Classico animato Disney) e a metà degli anni '40 si considerò addirittura una realizzazione in tecnica mista, che avrebbe avuto per protagonista Ginger Rogers o Laura Pattern.

Lo stile visivo del film si discosta molto dalle illustrazioni che accompagnano il testo nei due romanzi di Carroll, optando per un tratto meno sofisticato e più vicino ai disegni delle precedenti opere Disney, con molte similitudini in particolare col precedente Cenerentola. Alice nel paese delle meraviglie è il primo titolo della filmografia Disney ad aver preso ispirazione in modo rilevante dai doppiatori nella costruzione dei personaggi: oltre ad Alice (la cui interprete ha anche posato per riprese usate poi come modello per le animazioni grazie alla tecnica del rotoscope), in particolare il Cappellaio Matto e la Leprotto Bisestile hanno un design derivato chiaramente dall'aspetto degli attori che hanno prestato loro la voce. Per quanto riguarda le ambientazioni si può notare un approccio grafico ispirato all'espressionismo tedesco e alla corrente surrealista: le architetture traboccano di linee forti e gradini che si incastrano senza una rigida aderenza alla realtà, con sequenze che sfociano in una vena onirica-visionaria come il finale scontro dell'esercito di carte.
La pellicola detiene anche un record, ovvero il maggior numero di canzoni presenti in un film Disney: i brani non sono però concepiti come in un classico musical, dato che alcuni durano solo qualche manciata di secondi, ma sono uno stratagemma per riportare la metrica e i versi strampalati di Carrol in una forma coerente con le produzioni dello studio d'animazione.

Il film uscì nelle sale nel maggio 1951 e fu un grande flop al botteghino, generando una perdita di un milione di dollari nelle tasche degli studi Disney: nonostante questo, oggi Alice nel paese delle meraviglie è tra i film più apprezzati grazie a personaggi memorabili come il Cappellaio Matto, lo Stregatto, il Bianconiglio, PincoPanco e PancoPinco, il Brucaliffo e la Regina di Cuori. Il cast è stato sicuramente l'elemento più ispirato della produzione, salvando una narrazione frammentaria in cui Alice è solamente una turista in un manicomio in Technicolor, nei confronti della quale è difficile provare empatia; il fatto di aver avuto cinque registi distribuiti sulle diverse sequenze animate ha reso la pellicola ancor più folle, dato che ognuno di loro ha evidentemente tentato di rendere le proprie scene le più strampalate e le più frenetiche di tutta l'opera.
La fama del film è però imputabile a una notorietà raggiunta soprattutto alla fine degli anni '60, quando, dopo l'uscita di Yellow Submarine, la cultura hippie lo considerò un suo simbolo grazie ai suoi elementi psichedelici (affini alla sequenza degli elefanti rosa in Dumbo).
Il suo percorso di diffusione è differente da tutti gli altri film Disney: l'iniziale insuccesso infatti spinse Disney a escluderlo dai titoli che sarebbero stati ciclicamente riproiettati al cinema, preferendo trasmetterlo in televisione 3 anni dopo in una versione leggermente accorciata.

Animation History #16: Cenerentola

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Cenerentola ha molti aspetti in comune con Biancaneve e i sette nani: l'atmosfera fiabesca, l'ambientazione e l'epoca in cui si svolge la vicenda, i ruoli e la caratterizzazione del cast. Ma la più grande similitudine è il ruolo che i due film hanno rivestito nella storia della Disney, entrambi usciti in una situazione economica degli studi tale da poter risollevarne le sorti in caso di successo, oppure decretarne la chiusura in caso di fallimento. Cenerentola raggiunge infatti gli schermi cinematografici nel 1950, quando il precedente lungometraggio animato (Bambi) era uscito ben 8 anni prima e in quel periodo la Disney aveva prodotto numerose antologie di corti e mediometraggi, oppure film in live-action con inserti animati; questa formula era stata adottata per risparmiare sui costi di produzione, ma a lungo termine si era anche rivelata poco proficua per quanto riguarda gli incassi.
Anche i commenti e le critiche di ogni nuovo film Disney ormai, più che concentrarsi sull'opera in sé, continuavano a domandarsi quando sarebbe finalmente arrivato un nuovo lungometraggio animato con una storia ad ampio respiro, così gli studi decisero di accontentare le richieste; prima della Guerra Mondiale erano in fase di pianificazione tre film d'animazione (Cenerentola, Alice nel paese delle meraviglie, Peter Pan), tra i quali Walt Disney scelse il suo preferito, il progetto commercialmente meno rischioso dato che aveva molti elementi in comune con il film capostipite dello studio.

Così come in Biancaneve e i sette nani, anche qui c'è una netta distinzione tra personaggi realistici e personaggi con fattezze e atteggiamenti meno naturali e più cartooneschi, questi ultimi responsabili di "staccare" dalla vicenda principale per regalare al pubblico momenti di puro intrattenimento.
I personaggi caratterizzati da una recitazione drammatica e un aspetto più vicino al mondo reale sono Cenerentola, il principe e la spietata matrigna; i loro movimenti risultano così credibili anche perché la maggior parte di Cenerentola è stato realizzato con riprese dal vivo, disegnando poi i singoli fotogrammi sulle fotografie di queste performance. Molti animatori però non apprezzavano questo procedimento perché limitava la loro creatività, ma sono poche le scene in cui lo staff si è limitato a "ricalcare" l'interpretazione degli attori dato che gli artisti hanno quasi sempre cercato di migliorare e perfezionare i singoli movimenti.
Questo processo non si è ovviamente potuto applicare per gli animali, tra i quali spiccano i topolini: i piccoli roditori sono i buffi aiutanti della protagonista e le rubano la scena in più di un'occasione, una sorta di contraltare del ruolo che avevano rivestito i sette nani.
Compare però qui una categoria di personaggi assente nei primissimi lungometraggi Disney, una via di mezzo tra le due sopraelencate: le "caricature" umane, disegnate senza rispettare fedelmente la fisionomia reale e con corpi ed espressioni decisamente sopra le righe, come gli studi avevano avuto già modo di sperimentare in diversi episodi animati all'interno di film antologici. In questo caso si tratta di vere e proprie spalle comiche che affiancano i personaggi realistici, potenziandone la funzione narrativa: la matrigna ha le sue figlie Anastasia e Genoveffa, mentre il principe azzurro ha l'irascibile re e l'insicuro Granduca Monocolao.
Anche la vicenda si divide in modo abbastanza netto tra la parte più seria nella quale viene portata avanti la trama principale, e la parte più leggera nella quale ci si concentra sulla sotto-trama dei topolini; questi sono protagonisti di alcune scenette indipendenti che non avrebbero affatto sfigurato come cortometraggi, con gli animaletti impegnati ad affrontare il gatto Lucifero per raggiungere i propri obiettivi. La scelta deriva probabilmente dal periodo appena trascorso nel quale Disney aveva abituato il suo pubblico a brevi episodi, perciò c'era la necessità di una transizione che lo riabituasse ai lungometraggi animati con un'unica storia. A questi svaghi si contrappongono però momenti drammatici che sfruttano al meglio il mezzo cinematografico, come la distruzione dell'abito di Cenerentola da parte delle sorellastre o il suo imprigionamento nella torre per mano della matrigna.

Nonostante Cenerentola sia tecnicamente inferiore a film come Biancaneve e i sette nani o Pinocchio (il budget ridotto non consentiva la medesima cura per i dettagli e per le animazioni), si possono comunque trovare alcune innovazioni come gli effetti luminosi della Fata Smemorina o il complesso riflesso dell'immagine di Cenerentola sulle bolle che fluttuano nell'aria.
L'uscita del film nelle sale fu accolta con entusiasmo, ma il successo economico della pellicola va sommato a quello dei numerosi gadget legati ad essa (più di quanti ne fossero mai realizzati prima di quel momento) e alla colonna sonora: Walt Disney credeva molto nelle canzoni scritte per il film, perciò per la prima volta decise di produrre in autonomia i dischi che totalizzarono circa un milione di copie. "I sogni son desideri" è diventato (assieme a "When You Wish Upon a Star") il manifesto programmatico di Disney, la cui fiducia nei sogni e nel tentativo di farli avverare è anche uno dei cardini della storia di Cenerentola; il vero fenomeno fu però "Bibbidi-bobbidi-bu", divenuto un tormentone per il suo ritmo energico e per il carattere da vispa nonnina con cui la Fata si presenta alla protagonista.
In realtà furono composte altre due canzoni però escluse dal prodotto finale: "The Work Song" (titolo riciclato per il brano cantato dai topolini) doveva essere una sequenza nella quale Cenerentola immaginava di sdoppiarsi per eseguire tutte le mansioni affidatele, mentre "Dancing on a Cloud" avrebbe mostrato Cenerentola e il principe ballare tra le nuvole, idea che Disney inseguiva da tempo e voleva inserire in molti dei suoi film, ma che riuscirà a concretizzare solo con La bella addormentata nel bosco.

L'ottimo risultato finanziario di Cenerentola garantì il proseguimento della produzione di lungometraggi animati Disney, oltre ad aver contribuito a raccogliere il denaro necessario alla costruzione di Disneyworld e alla realizzazione di molte altre opere Disney extra-animazione.
In Italia il film può vantare il primato di essere il titolo Disney ridoppiato più rapidamente: nel 1950 i personaggi animati potevano godere della voce di alcuni tra i migliori attori dell'epoca, ma la recitazione era fin troppo pomposa e in particolare la voce della protagonista non era aggraziata quando il ruolo richiedeva. Così, dopo soli 17 anni si effettuò un altro doppiaggio che è quello con cui Cenerentola è arrivato ai giorni nostri nelle versioni home video.

Animation History #15: Le avventure di Ichabod e Mr.Toad

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Nel 1941 lo studio Disney avvia un progetto per un mediometraggio basato sul romanzo "Il vento tra i salici" di Kenneth Grahame; il racconto fu sviluppato in 48 minuti d'animazione, una lunghezza insufficiente per poter raggiungere il grande schermo, così l'idea fu accantonata per qualche anno fino a quando non si presa in considerazione l'idea di inserirlo in un film antologico assieme ad un altro racconto, esattamente com'era avvenuto con "Topolino e il fagiolo magico" all'interno di Bongo e i tre avventurieri. L'episodio animato fu ridotto a una durata mezz'ora e abbinato all'adattamento di un'altra opera letteraria: "La leggenda della valle addormentata" di Washington Irving, oggi celebre anche per il film "Il mistero di Sleepy Hollow". Le due sequenze sono indipendenti e in questa occasione si è scelto di non fare un collegamento forzato, preferendo una semplice cornice ambientata in una biblioteca dalla quale sono prelevati i due libri con le storie raccontate agli spettatori.

"Il vento tra i salici" si svolge in un ambiente rurale, dove il ricco Taddeo Rospo trascorre il tempo scorrazzando allegramente e dedicandosi con entusiasmo ai suoi bizzarri passatempi; l'entusiasmo di Taddeo di fronte alla visione di un'automobile viene sfruttata per incastrare l'anfibio facendo credere che abbia rubato il veicolo per mandarlo in prigione, fino a quando i suoi amici non lo faranno evadere e lo aiuteranno a provare la sua innocenza.
Per gli standard Disney si tratta di una sequenza abbastanza fuori dagli schemi, con i protagonisti alle prese con problemi finanziari e giuridici che vengono affrontati direttamente in un processo in tribunale; questo in verità rende il film un po' lento nella parte centrale, dove la narrazione perde di ritmo in favore di un tono formale che denota comunque il tentativo di intraprendere strade nuove. Per contro però la caratterizzazione dei personaggi è molto buona e riesce a coinvolgere lo spettatore nella vicenda, specialmente durante l'introduzione del cast e nel movimentato climax finale.
Nella versione originale il narratore è Basil Rathbone, attore celebre soprattutto per aver interpretato in 14 film Sherlock Holmes, personaggio di ispirazione per i personaggi di Topos e Talpino che ricordano rispettivamente Holmes e Watson; la Disney omaggerà poi Rathbone dando il suo nome di battesimo al protagonista di Basil l'investigatopo, anch'esso ispirato alla creatura più famosa di Arthur Conan Doyle.

"La leggenda della valle addormentata" mostra le vicende amorose del placido insegnante Ichabod Crane, che si contrappone all'arrogante Brom Bones nella conquista della bella Katrina (graficamente molto simile a Cenerentola, il cui film Disney sarebbe uscito pochi mesi dopo); Ichabod è interessato solo ai soldi della ragazza, la quale accetta di uscire con lui solo per far ingelosire Brom, instaurando così un triangolo che sfocia nella rivalità tra i due uomini. Questa fase occupa la maggior parte dell'episodio e, anche se dotata di momenti davvero divertenti, ruba forse un po' troppo tempo alla svolta che avviene nel finale: Brom sfrutta infatti la superstizione di Ichabod per raccontargli la leggenda del cavaliere senza testa, creatura che il pavido maestro incontrerà nella foresta in una delle sequenze più paurose che lo studio d'animazione avesse mai realizzato, grazie anche alla memorabile immagine della zucca fiammeggiante. Questo finale dall'atmosfera suggestiva è la parte migliore dell'episodio e viene narrata abbastanza rapidamente, quando invece un maggiore sviluppo avrebbe potuto giovare alla storia rendendola ancora più affascinante.
Una particolarità del mediometraggio è che l'unica voce che si sente è quella del narratore Bing Crosby, cantante e attore americano che si esibisce qui in tre canzoni mantenute in lingua originale anche nella versione italiana.

Si tratta di due segmenti diversi tra loro, quasi opposti, che si compensano dando vita a un particolare equilibrio all'interno di un film Disney abbastanza particolare, nel quale si possono trovare tinte più cupe e addirittura viene affrontato in un paio di occasioni il tema della morte. A un risultato al botteghino non entusiasmante corrispondono però giudizi lusinghieri da parte della critica, che lo ha anche premiato con un Golden Globe per la miglior fotografia.
In Italia Le avventure di Ichabod e Mr.Toad non è mai uscito al cinema ma è giunto per la prima volta in versione integrale con il DVD pubblicato nel 2004; una decina di anni prima, i singoli mediometraggi erano stati inseriti all'interno di due videocassette antologiche che raccoglievano altri corti animati da film a episodi Disney, anche se "Il vento tra i salici" era presente in una versione priva di diverse scene.
Questo titolo è l'ultimo film a episodi Disney degli anni '40 (decennio nel quale ne uscirono ben sette) e per vedere la rinascita del genere all'interno dello studio bisognerà attendere ben mezzo secolo; dal 1950 infatti la filmografia Disney riprende i lungometraggi animati basati su un'unica storia di maggior durata, con un formato che fin da Biancaneve e i sette nani aveva fatto la fortuna dello studio d'animazione e grazie al quale continuerà ad ottenere un successo di critica e pubblico attraverso gli anni. Parallelamente la Disney svilupperà un maggior coraggio produttivo e si lancerà nella realizzazione di mediometraggi senza sentire l'obbligo di accorparli per realizzare un film a episodi, diffondendoli nelle sale prima della proiezione di altri film oppure attraverso nuovi media come la televisione e l'home video.

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