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Gennaro Costanzo

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Dan DiDio lascia la DC Comics

  • Pubblicato in News

Dan DiDio dice addio alla DC Comics.  
Il co-publisher ha lasciato il suo ruolo secondo quanto riportato da ComicBook. In un primo momento, il sito aveva riferito che il co-publisher era stato rimosso dal suo incarico dalla DC, affermazione poi rettificata. Al momento, dunque, non si conoscono le motivazioni reali del suo addio, che giunge improvviso visto che DiDio avrebbe dovuto partecipare a breve al C2E2 insieme al collega Jim Lee. Di sicuro ne sapremo di più nei prossimi giorni.

"L'era DiDio" termina, dunque, dopo un periodo di 18 anni iniziato quando nel 2002 divenne Vice Presidente Editoriale mentre co-scriveva Superboy. Nel 2004 divenne VP/Executive Editor e, infine, co-publisher nel 2010 insieme a Jim Lee dopo il ritiro di Paul Levitz.

Spider-Man: La storia della mia vita, recensione: Peter Parker in tempo reale

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Chissà se per gli eroi di carta è una maledizione o una benedizione quella di cristallizzarsi nel tempo, non crescere mai ed essere sempre giovani mentre il mondo va avanti. Certo, si accumula l’esperienza ma non è la stessa cosa.
Quando nacque l’universo Marvel gli autori probabilmente non credevano che i loro personaggi sarebbero durati così a lungo, e infatti nelle prime avventure gli eroi crescevano quasi in tempo reale. In Amazing Fantasy #15 del 1962, Peter Parker era un quindicenne che frequentava il liceo, pochi anni dopo lo troviamo al college. Tuttavia, pian piano che si andava avanti, il tempo nei fumetti Marvel rallentava sempre più fino ad arrivare alla situazione attuale in cui, nonostante i calendari avanzano, gli eroi restano sempre gli stessi.

In una recente storia, così, si afferma che Peter Parker ha 25 anni, nonostante quando aveva 15 anni John Fitzgerald Kennedy fosse presidente degli Stati Uniti e, poco dopo, il suo amico Flash Thompson combatta in Vietnam. Certo, piccole operazione di ret-con hanno cercato di aggiustare la linea temporale, ma cosa accadrebbe se il tempo per Peter non si fosse mai fermato e fosse trascorso allo stesso ritmo di quello del mondo reale? Insomma, se il 15enne del 1962 avesse 25 anni nel 1972, 35 nel 1982 e così via fino ad oggi, 2020, in cui di anni ne avrebbe 73?

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È questa la domanda che si è posto Chip Zdarsky nella miniserie Spider-Man: La storia della mia vita. L’idea di far crescere un supereroe non è certo inedita, e già in diverse occasioni abbiamo visto versioni “invecchiate” dei personaggi: solo per Peter Parker ricordiamo Il regno di Kaare Andrews o Spider-Girl di Tom DeFalco, Ron Frenz e Pat Oliffe. Tuttavia, l’opera di Zdarsky e Mark Bagley è differente perché si pone l’obiettivo di raccontare l’intera vita di Peter Parker attraverso 6 decenni dagli anni 60 fino ai nostri giorni, mostrando uno sviluppo coerente delle sue vicende personali in relazione anche agli eventi storici reali oltre che al semplice passare degli anni.

È chiaro, dunque, che per portare avanti questa operazione, Zdarsky debba sviluppare una vicenda alternativa che già dalla fine degli anni ’60 si discosta da quella che è la cronologia ufficiale degli eventi narrati sulle testate di Spider-Man. Naturalmente, questi stravolgimenti, dati dall’avanzare del tempo, coinvolgono anche gli altri eroi, in particolare Reed Richards, Capitan America e Iron Man che giocano un ruolo importante nella vicenda. Anche il corso della Storia (quella con la S maiuscola) cambia e dunque l’autore apporta modifica essenziali anche alle vicende storiche sia rispetto al nostro mondo che a quello narrato nei fumetti Marvel tradizionali. Allo stesso tempo, tuttavia, Zdarsky cerca di agganciarsi il più possibile alle vicende di Spider-Man richiamando e riadattando quelle che sono le maggiori saghe del personaggio. Ogni albo, infatti, è ambientato in un decennio diverso e lo sceneggiatore rielabora quelle che sono state le maggiori saghe del periodo. Ad esempio, se negli anni ’80 arriva sulle pagine delle avventure di Spidey il costume nero e Venom, qui accade la stessa cosa. Se gli anni zero sono caratterizzati dall’arrivo di Morlun e quelli successivi dalla Guerra Civile fra gli eroi, qui accade lo stesso. E così via.

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Quello che ne esce fuori è sicuramente un’ottima storia supereroistica in cui Zdarsky riesce a rimodellare e ad alterare il mito di Spider-Man e l’epopea di Peter Parker secondo le sue esigenze ma senza mai tradirne lo spirito, sviluppando in maniera intelligente e coerente sia i personaggi che gli sviluppi narrativi. Dove l’autore pecca è forse nel coinvolgimento emotivo, con una narrazione a tratti fredda e un po’ distaccata. Ci saremmo aspettati un taglio più intimista e un maggior lirismo, in un’opera magari con maggiore epica.

La scelta di Mark Bagley, uno degli artisti più significativi e legati al personaggio, è sicuramente adatta al taglio narrativo dato da Zdarsky. L’artista è autore di un’eccellente prova, senza ombra di dubbio fra le migliori del suo repertorio del nuovo millennio, e la sua matita funziona tanto nelle numerose e spettacolari scene d’azione, quanto nelle altrettanto copiose scene di dialogo fra personaggi in cui l’espressività dei personaggi e la loro recitazione è sempre convincente e naturale. Merito del suo lavoro risiede anche un’ottima costruzione della tavole che offre soluzioni sempre diverse e adatte al contesto. Le chine di John Dell e Andrew Hennessy e i colori di Frank D’Armata risultano fondamentali nel completare degnamente il comparto artistico della miniserie.

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Spider-Man: La storia della mia vita arriva in Italia direttamente in libreria grazie al consueto ottimo cartonato soft-touch di Panini Comics che sicuramente dona prestigio a una storia dell'Uomo Ragno che certamente rimarrà negli anni, immutabile col trascorrere del tempo.

Locke & Key, recensione della 1° stagione della serie Netflix

  • Pubblicato in Screen

Avere genitori famosi spesso penalizza, ma non è questo il caso di Joe Hill. Figlio di Stephen King e Tabitha Jane Spruce, Joseph Hillstrom King (questo il suo nome per esteso) nonostante l’ingombrante ombra del padre riesce a ritagliarsi il proprio spazio nel mondo della narrativa e in quello del fumetto. Non a caso, recentemente, la DC Comics gli ha affidato un’intera linea editoriale, la Hill House Comics, ovviamente con testate a tinte horror. Attualmente il suo maggior successo in ambito fumettistico è la serie Locke & Key pubblicata dal 2008 al 2014 (a cui si aggiungono un paio di special successivi) dalla IDW Publishing, di cui è anche la serie più venduta.

Creata insieme al disegnatore Gabriel Rodríguez, la storia ruota attorno alla Key House, un’abitazione misteriosa in cui si trovano speciali chiavi magiche che presentano abilità speciali.
Il successo del fumetto presso critica e pubblico fa sì che fin da subito venga opzionato per un adattamento televisivo dando vita addirittura a due diversi pilot per Fox nel 2011 e Hulu nel 2018, ma in entrambi i casi i progetti naufragarono. Solo grazie a Netflix, che è voluta ripartire da zero, la serie tv di Locke & Key è andata in porto e sarà disponibile dal prossimo 7 febbraio sulla piattaforma streaming.

Bisogna precisare, comunque, che l’adattamento made in Netflix ad opera di Carlton Cuse (Lost, Bates Motel) e Meredith Averill (Hill House) è allo stesso tempo fedele al fumetto quanto differente e originale.
Naturalmente la trama di base, così come tutti i principali intrecci narrativi, segue il flusso narrativo dei comic-book: dopo l’uccisione del proprio marito, Nina (Darby Stanchfield) si trasferisce con i figli Tyler (Connor Jessup), Kinsey (Emilia Jones) e Bode (Jackson Robert Scott) nella vecchia tenuta di famiglia Locke denominata Key House. Nell’antica abitazione sono nascoste una serie di chiavi dalle funzionalità portentose, in grado di entrare nella mente umana, aprire portali dimensionali, trasformare le persone in fantasmi, e molto altro ancora. È chiaro che, nelle mani sbagliate, queste possono diventare delle vere e proprie armi. I tre ragazzi troveranno le chiavi e le utilizzeranno su di loro ma, soprattutto, le proteggeranno da Dodge (Laysla De Oliveira), un’entità malvagia che farà di tutto pur di impossessarsene. I ragazzi dovranno, dunque, non solo difendersi da una pericolosa minaccia ma anche scoprire il mistero dietro questi oggetti legato al passato segreto del loro padre defunto.

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Come dicevamo, dunque, la serie tv segue le vicende narrative del fumetto, tuttavia gli autori fanno proprio il materiale rielaborandolo liberamente, modificando a piacere diversi elementi e aggiungendone di nuovi, eliminando alcuni personaggi e dando maggiore spazio ad altri. Da questo punto di vista, il lavoro fatto risulta davvero valido, il racconto della vicenda principale appare più coerente e lineare rispetto al fumetto e molto scelte appaiano azzeccate e più logiche. L’equilibrio fra i vari protagonisti è maggiore e ognuno ha il proprio spazio e uno sviluppo psicologico convincente.

Quello che cambia totalmente è però il tono della serie. La componente horror/dark del comic-book viene alleggerita di molto, sostituita da quella fantastica. In questo modo ci troviamo davanti a un prodotto adatto a tutti e che punta a essere il nuovo Stranger Things del servizio. Una mossa che, probabilmente, farà storcere il naso ai fan della prima ora del fumetto, ma che - a nostro avviso - ha una sua logica ben ponderata. Viene, inoltre, dato ampio spazio alle vicende scolastiche e amorose dei protagonisti, aggiungendo dunque una componente da “teen-drama” tuttavia coerente. Ma è soprattutto con il voler mettere al centro di tutto la famiglia Locke, con la figura della madre a conquistare un ruolo di primo piano, che Locke & Key di Netflix si differenzia dal fumetto. Il legame fra i tre fratelli e il loro rapporto con la madre risulta molto ben gestito e diventa il vero fulcro narrativo della serie.

Partendo dall’ottimo materiale di base del fumetto, Locke & Key di Netflix crea un prodotto tanto fedele quanto originale e differente ma che convince grazie a una narrazione solida e a un cast di buon livello. Particolarmente riuscita la trasposizione visiva delle numerose scene spettacolari del fumetto legate alle chiavi, in cui spesso vengano adottate soluzioni differenti ma altrettanto efficaci. Da vedere.

Diritti DC alla Panini: il commento di RW Edizioni

  • Pubblicato in News

Era il 12 agosto 2011 quando RW Edizioni annunciava ufficialmente la pubblicazione dei fumetti DC Comics in Italia sotto il suo marchio succedendo alla Planeta DeAgostini. Ora, come noto, sarà la Panini Comics a editare il materiale legato a Batman & Co nel nostro Paese dopo che da anni lo pubblica anche in altre nazioni.

È arrivata poco fa il commento di RW Edizioni su Facebook, che è allo stesso tempo un saluto ai suoi lettori e un in bocca al lupo al nuvo licenziatario.

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