Progetto Stigma, intervista ad AkaB e Marco Galli: I folli stanno entrando nelle nostre menti
- Scritto da Emanuele Amato
- Pubblicato in Interviste
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Abbiamo già parlato diverse volte del Progetto Stigma e, questa volta, abbiamo incontrato da vicino il fondatore e curatore del progetto, AkaB e Marco Galli, autore della prima uscita dell’etichetta, sviscerando quello che riteniamo fra i fenomeni editoriali dell’anno. In prevendita, attualmente, il terzo volume Perso nel bosco, di Dario Panzeri.
Il primo volume di un’etichetta, collettivo e casa editrice è sempre un salto nel vuoto. La scelta del primo titolo è il biglietto da visita e preludio di ciò che ci aspetteremo. Come avete scelto proprio Èpos?
AkaB: Devo ricordarmi, dato che voglio dirti la dinamica esatta. Esternare la verità, precisa.
Marco: Lui sapeva che avevo dei libri già pronti. Quindi, in parte, può essere stata una questione di comodità. AkaB lo aveva già letto mentre ci lavoravo. Quindi conosceva l’opera.
AkaB: Nacque tutto perché, di punto in bianco, ho detto facciamo questa cosa. Lui aveva già il prodotto finito quindi era ideale. Alcuni avevano progetti in lavorazione, altri da editare e controllare. Questo di Marco invece già era pronto praticamente. Subito dopo è arrivato quello di Squaz che uscirà l’anno prossimo. Poi voglio comunque dire che Marco è uno degli autori più bravi in circolazione. Uscire con un primo progetto come il suo era un buon biglietto da visita. Un buon ariete per il nostro manifesto. Un autore già affermato poi seguito da un esordiente. La seconda uscita infatti è quella di Luca Negri. Anche se giovane il suo Storie di uomini intraprendenti e situazioni critiche è magnifico.
Poi ti metto in tavola un’altra cosa che è un misto tra casualità e strategia, proprio perché mi piace essere sincero al 100%, Marco usciva da quel periodo di cui tutti sappiamo della sua malattia. Aveva bisogno di far entrare denaro e Stigma vuole far entrare quanto più denaro possibile agli autori, quindi era il momento giusto al posto giusto.
Marco: Èpos è il mio secondo libro post malattia. A livello di uscita. Prima c’è stato Les chat noir per Coconino, nel 2017. Che poi su Èpos ci ho lavorato nel 2015, poco prima della mia situazione. Come opera è molto importante perché volevo proprio chiudere un cerchio. Questi due libri erano la mia vita di prima e volevo chiudere. Lo stesso Brodowsky è precedente.
Akab: Ci ragionavo su questa cosa che, almeno in questi primi libri per Stigma, lo stesso libro di Cammello, una specie di andare a recuperare o salvare delle cose valide. Quello di Dario, ad esempio è fermo, da 15 anni. Un’opera che promette e deve essere salvata dalla pozzanghera. Dall’abisso.
Siete soddisfatti del prodotto finale? Dall’idea alla realizzazione insomma.
Akab: Sì, molto. È comunque una prima uscita, attenzione. Possiamo fare di più, ma in termini di pura grafica. Possiamo spingere ancora di più nei dettagli, nelle minuzie. Brodowsky è una figata.
Marco: Ecco quello mi piace di più (in riferimento a Brodowsky). Non che sia tecnicamente superiore ma perché mi ricorda un po’ quei vecchi fumetti sgangherati.
Akab: il tipo di carta e quei colori lì hanno alzato il livello proprio. È d’impatto, non che Èpos sia minore. Messi insieme è proprio una combo bella. Sono due suoi mondi che sono lontani eppure c’entrano. Lui dice di no ma io credo di sì. Sono veramente interessanti insieme. Io ho letto prima Èpos, ovviamente, per l’editing. Dopo ho letto Brodowsky e quando cita alcuni passi ti sembra davvero di chiudere un cerchio che ti arriva in dritto in petto. Sono due storie di personaggi che stanno affrontando la fine. In Brodowsky è palese, inizia con la frase tra sette giorni devo morire etc. Anche Èpos è un ritorno a casa, vero, ma un ritorno a casa verso la fine. Sono due facce della stessa medaglia. Anche come forma. Uno ha una declinazione molto più pop, nel modo, nella narrazione, nel colore, nel modo di affascinare.
Marco, com’è stato riprendere in mano un progetto di un po’ di anni fa? Hai modificato qualcosa oppure è rimasto intatto?
In verità è cambiato moltissimo, perché era a colori. Si potrebbe pensare, magari, di fare una versione sul web così com’era inizialmente. Chissà. All’inizio ho tentato di farlo con Photoshop, cioè di trasformare i colori in bianco e nero però veniva tutto pixelato e la resa era poco convincente. Per fortuna io disegno a mano, scannerizzo e coloro a PS. Per cui avevo quelle tavole già pronte e gli ho messo i grigi e poi ho riscritto. Alla fine devo dare ragione ad Akab che funziona molto di più così. È diventato molto più scarno. Ha tolto quella sovrastruttura a livello visivo che ti fa distrarre da quello che c’è sotto. Ci sono stato molto sui testi. Ci sto molto in generale, ma questo l’ho riscritto almeno 5 volte. Quando sono entrato in Stigma, si intende. In generale faccio così: faccio una prima stesura, poi lo lascio lì per due o tre mesi e poi quando si fanno i tempi per pubblicarlo, lo riprendo in mano così ho un distacco che mi rende più obiettivo.
Akab: Aggiungo solo una cosa sulla questione dei colori. Intanto, lo vedevo più con queste tonalità di grigi, per amplificare l’atmosfera di malessere che regna. Non era tanto la cosa dei bianco e nero ma sulla questione dei grigi pieni e sfumatura. Questi grigi andavano molto bene anche con questo stile super semplice, ritrovato anche in Brodowsky.
Con questa prima uscita, con il preorder, com’è stata la risposta del pubblico?
Akab: Non avevo davvero un’aspettativa precisa, data l’esperienza. Mi ero fatto dei ragionamenti guardando tutti gli altri casi di preorder in italia di fumetti. Ho visto che più meno il range va dalle 100 copie alle 500 copie, quindi sapevo che era in quello spazio lì e noi siamo andati a 240. Intanto è stramba la situazione. Stigma è un ibrido. Ibridi gli autori, ibridi la casa editrice, ibrido il meccanismo di vendita. Arrivando a vendere 240 in preorder, abbiamo fatto abbastanza soldi da stampare tutto, compreso Brodowsky e poterlo regalare incluso nel prezzo, la percentuale di Marco, che solitamente agli autori non arriva mai a questi picchi, però in realtà il libro inizia la sua vita adesso. Cio,è noi abbiamo già coperto spese e fatto entrare soldi all’autore. Ora iniziamo a vedere a Napoli, in fiera, per vedere com’è, anche se Napoli per i graphic novel non è più la fiera di una volta. Non si vende più come prima. Anche autori grossi non hanno più le file. Detto questo, il libro, sta comunque andando. Ora son curioso di vedere come va in libreria.
Com’è stato invece il lavoro di Luca Negri?
Akab: Ne parlavo con Ratigher ed è contento di Luca. Il problema che aveva per Coconino è che risulta troppo complesso. L’ho letto, ovviamente, e devo dire che realmente è complesso. Nel senso che lui è un genietto. Essendo molto giovane fa appunto dei riferimenti a delle generazioni molto contemporanee alla sua. Lui è uno che lavora sui cliché e te li scompone, li rimonta. Quindi in un certo modo è un po’ intellettuale, nel senso che devi saperne. Ad esempio, fa dei dialoghi che sono delle prese per il culo di un certo tipo di dialoghi, ma anche da autore. In 4 Tails/9 Diamonds, ad esempio, c’è una storia che riprende Le Iene di Quentin Tarantino e l’ha portato nel futuro insomma. Ha scritto quel progetto di salto temporale l’ha portato a dei livelli che non si era mai visto, insomma.