Su Dylan Dog Color Fest #2 del 2006, è apparsa la prima storia della tua trilogia futuristica raccolta ora da Bao Publishing nel volume "Cronache dal pianeta dei morti". Partiamo dall'inizio, come è nata questa idea e come si è sviluppata?
Il Color Fest era nato con l’intenzione di realizzare storie fuori dall’ordinario, così la mia idea era quella di scrivere semplicemente l’ultima storia di Dylan Dog. “Il pianeta dei morti” si è guadagnato un certo riscontro nei lettori, così abbiamo pensato di realizzare altre storie che però non potevano che andare a ritroso rispetto alla prima, che era prima, ma appunto soprattutto ultima.
Nel volume le storie sono presentate rispettando la data di uscita presentando, così, un ordine di lettura cronologicamente inverso: il lettore, dunque, scopre pian piano le vicende che hanno portato a questo futuro alternativo. Quanto è importante questa scansione temporale a ritroso? La storia, dal tuo punto di vista, conserverebbe la stessa efficacia se letta in ordine cronologico?
Penso di no. Leggere queste storie a ritroso, quindi conoscendone il finale, aumenta il senso di disperazione e il pessimismo che caratterizza questa serie. L’ultimo racconto dovrebbe così lasciare la rassegnazione di chi assiste impotente alla nascita inesorabile degli eventi.
Quello che incontriamo nelle storie del volume è un Dylan Dog di un futuro alternativo, ma alla stesso tempo le tue storie sembrano catturare appieno l'atmosfera e l'essenza del Dylan Dog classico, quello degli esordi per intenderci. Come hai tenuto in vita questo equilibro?
Questo era il mio obiettivo principale. In un periodo in cui la serie mensile di Dylan Dog affrontava dei temi molto lontani da quelli della serie originale, ho pensato che trascinare l’indagatore in una condizione estrema sarebbe stata l’occasione per parlare di temi estremi, ultimi, come faceva il Dylan degli esordi.
Potete vedere altre tavole tratte da Cronache dal pianeta dei morti, ad opera di Paolo Martinello, nella gallery in fondo alla news.
Il poter raccontare le gesta di un Dylan Dog alternativo, quanta libertà ti ha concesso nel rompere gli schemi della serie classica e poter raccontare cose che mai potremmo vedere normalmente. Quanto ti sei spinto oltre?
Direi appunto che spesso la più grande rivoluzione per un personaggio seriale è ritornare alle origini senza però invecchiare. Questo è uno degli obiettivi più interessanti quando ci si trova a confronto con personaggi leggendari.
Nonostante questo, leggiamo nelle note del volume che hai dovuto apportare delle modifiche nella prima storia in quanto la tua idea "spaventava" un po' la redazione Bonelli. Quanto sono state sostanziali e determinati rispetto al tuo progetto originario queste modifiche?
La storia, se possibile, aveva caratteristiche ancora più cupe e pessimistiche, meno politiche e più esistenziali. Dylan Dog mostrava con ancora più evidenza i segni dell’età, che era più vicina alla vecchiaia di quanto non sia nel risultato finale.
Nel volume vediamo alternarsi la prima storia a colori di 32 pagine ad una in bianco nelle canoniche 94 tavole bonelliane, per poi ritornare alle 32 a colori del Color Fest. Il ritmo narrativo e l'atmosfera, pur restando sempre efficaci, cambiano. Come hai affrontato questi due diversi formati? Quali vantaggi o svantaggi hanno rispetto all'altro? E, infine, avresti voluto narrare le tre storie nello stesso identico formato per uniformità stilistica?
Non penso che l’uniformità stilistica sia un pregio, penso anzi che ogni storia abbia un modo di essere raccontata. Le storie più brevi mi hanno permesso di creare delle atmosfere più surreali e poetiche, vista la brevità e l’uso del colore, mentre la storia lunga mi ha consentito di concentrarmi sul racconto di quel mondo, mettendo in piedi un affresco più ampio. Sostanzialmente questo è il modo in cui ho cercato di sfruttare i diversi formati.
Fra le tre storie, bisogna ammettere che l'ultima fa un certo effetto. Essendo la più vicina cronologicamente è anche quella che presenta un Dylan Dog più simile a quello che noi conosciamo. Vederlo però con qualche anno in più e nelle miseria colpisce il lettore al di là anche della triste vicenda di Gruocho. In un certo senso, in questa storia si intravede più delle altre la tua visione di Dylan Dog?
Non ci avevo pensato, ma è un’interpretazione interessante. In un certo senso la mia visione di Dylan Dog è quella di un uomo perfettamente normale, che compie gesti al di sopra delle proprie possibilità. Per questo cammina su un filo sottile, che lo rende allo stesso tempo più fragile di chiunque altro, e il crollo potrebbe essere sempre dietro l’angolo.
Nel volume vediamo all'opera tre diversi disegnatori: Carmine Di Giandomenico, Daniela Vetro e Paolo Martinello. Come sono stati coinvolti nel progetto e che contributo hanno dato?
Di Giandomenico era il mio partner di tanti fumetti, quindi è stato naturale il suo coinvolgimento, penso che fosse e sia lontanissimo dallo spirito di Dylan Dog, ma proprio questo ha inconsciamente contribuito al senso di novità ed estraniamento della storia. Daniela Vetro era già una disegnatrice della serie e la sua meticolosità nella ricostruzione delle scenografie, nella caratterizzazione e nella recitazione dei personaggi è stata determinante per creare una racconto corale che scattasse una fotografia più ampia di quel mondo. Martinello è il partner che ha avuto un ruolo importante nello sviluppo di Valter Buio e insieme stiamo realizzando diversi progetti di futura pubblicazione. Fra noi credo ci sia molta sintonia e questo mi ha permesso di sperimentare con le immagini e creare una storia estremamente intima e difficile.
Parliamo della nuova gestione di Dylan Dog sotto la cura di Roberto Recchioni in cui tu sei coinvolto. Cosa è cambiato per gli sceneggiatori, cosa cambia per te e quali sono le tue sensazioni su questa nuova fase del personaggio?
Pianeta dei morti a parte, ho per la prima volta la possibilità di scrivere anche sulla serie regolare un tipo di storia che mi è congeniale e che rappresenta la visione che ho sempre avuto di Dylan Dog.
In questa nuova fase scriverai lo speciale annuale portando avanti il tuo universo alternativo. In che periodo della saga si svolgeranno queste storie? Come saranno strutturate?
Le storie dello speciale annuale sono subito successive a “Il pianeta dei vivi-morenti”, l’episodio disegnato da Daniela Vetro, ma saranno leggibili singolarmente. Il ciclo è strutturato come una vera e propria serie, indipendente dalle storie precedenti, con nuovi comprimari e nuovi personaggi.
Chi ti accompagnerà alle matite in questa avventura?
Il primo episodio è disegnato da Giampiero Casertano, il secondo da Giulio Camagni.
Parliamo di Mercurio Loi, come è nato questo personaggio e l'idea per la storia?
È l’insieme di diversi elementi che mi interessano molto. La storia la definisco un ritorno a casa, perché anche con Bonelli riesco a raccontare il mio principale interesse: Roma; creo dei personaggi con l’obiettivo di farli durare e ambiento “nell'anno del Signore” una vicenda che parla di umanità, sentimenti e supereroi.
Sappiamo che questo non sarà l'unico albo dedicato al personaggio. Come si svilupperà la serie?
In realtà non ci sono altre storie in preparazione al momento, ma la mia idea della storia è che sia i personaggi che la città nascondano qualcosa, non siano mai quello che sembrano, e tutti questi misteri sono elementi per altro racconto.
Come già in Valter Buio, ritorno Roma protagonista. Questa volta, però, in un secolo differente. Che suggestioni può regalare la Città Eterna del 19° secolo?
Per me nessuna epoca potrà mai essere più interessante di quella che si sta vivendo, ma la collana Le Storie ha già nel nome la definizione di un genere. La Roma Papalina della prima metà dell’Ottocento è un periodo che è stato poco raccontato e mi appassionava descrivere quel mondo con uno stile attuale e moderno come possono essere i temi che quello scenario affronta.
In chiusura, su cosa sei a lavoro attualmente?
Nel corso dell’anno usciranno due episodi de Le Storie scritti da me, il primo è naturalmente Mercurio Loi, disegnato da Matteo Mosca. Sto creando due nuove serie, la prima verrà pubblicata nella collana Graphic Novel della Star Comics e la seconda è un progetto più ampio per il 2016. Proprio in questi giorni sto per cominciare il lavoro su un graphic novel tratta da un romanzo. Ti ho detto però più di quello che dovrei, il tempo mi dirà se tutti questi figli riusciranno ad arrivare al battesimo.