Menu

THZ Studio: la nostra vita a colori

THZSta per compiere il primo anno di vita una realtà artistica che merita di essere celebrata: stiamo parlando del THZ Studio, composto dai soci fondatori Fabio D’Auria, Stefano Landini, Claudio Casini e Mauro Corradini. Grazie alla disponibilità dei primi tre, ne abbiamo approfittato per conoscere il passato ed il futuro di questo studio e dei suoi componenti.

Ciao, Fabio, Stefano e Claudio: benvenuti su Comicus! Cominciamo con qualche domanda “collettiva” sul THZ Studio. Innanzitutto il nome THZ studio: che origine ha e come è nato il progetto?

Il progetto è stato trainato dalla prima fiera in cui abbiamo deciso di prendere uno spazio nostro invece di andare in quello degli editori. C’era sembrato giusto iniziare a farci conoscere e a far circolare le nostre brutte facce. Ci piaceva l'idea di creare un rapporto con gli appassionati... e l'esperienza è stata entusiasmante. Tanto che poi non abbiamo più smesso.
Cercare un nome per un gruppo di artisti tanto variegato è stata davvero un'impresa. L'idea comune era quella di cercare un nome che parlasse del fatto che siamo un gruppo il cui fulcro sono le arti figurative. Ci siamo spremuti per diversi giorni e ne sono venute fuori di ogni tipo... alcune davvero irripetibili. Alla fine, persi in questo limbo di nomi e sigle, siamo incappati su un sito che parlava di radiazioni elettromagnetiche. Il Terahertz, abbreviato THZ, ha un'onda maggiore di quella della luce e pertanto è invisibile all'occhio umano, ma ha una gamma elettromagnetica totalmente inesplorata, un po' come quello che stavamo cercando di fare noi... da qui la sigla THZ Studio.
La cosa di cui però andiamo più fieri é quello che c'è scritto sopra il logo:“straordinari fatti relativi alla visione dei colori”. Questa striscia di testo, trovata da Fabio D’Auria durante la faticosa ricerca, era la definizione che aveva dato in un articolo John Dalton alla visione alterata da cui era affetto... il daltonismo appunto.

Quali erano e quali potrebbero essere le idee che ruotano all'interno del vostro gruppo?

L'idea trainante era quella di presentarsi come uno staff lavorativo capace di creare da zero qualsiasi tipo di prodotto editoriale. La nostra forza stava proprio nel fatto che nessuno di noi faceva lo stesso lavoro dell'altro ed in quattro spaziavamo su praticamente tutto il mercato. Un grafico, un colorista, un fumettista e un illustratore... tutti professionisti.
Il principio era quello di continuare a lavorare come avevamo sempre fatto, ma, nel caso in cui si fossero presentati, di accettare lavori in funzione delle potenzialità del gruppo. Inoltre da amici quali siamo non è mai mancata la voglia di lavorare insieme... oltre al fatto che lavoravamo fisicamente tutti nello stesso posto.

Avete una sede?

Beh, all'inizio lavoravamo tutti nello stesso studio, poi per ragioni personali per alcuni componenti non è stato più possibile. Lo studio è rimasto comunque il punto di incontro, essendo attaccato alla Scuola Internazionale di Comics in cui insegniamo.

La vostra intenzione è quella di lavorare insieme per un progetto unico o continuare a lavorare separatamente?

L'idea c'è sempre stata fin dall'inizio, ovviamente la condizione per tutti era che non si poteva trascurare le rispettive carriere per progetti comuni. Le fiere, che di fatto sono per noi spazi lavorativi, sono state un ottimo punto di incontro per produrre materiale “misto” da poter condividere con gli appassionati del settore.

Come si è evoluto lo studio in questo anno?

Diciamo che per il momento non c'è stata una grossa evoluzione da quella che era l'idea iniziale, ovvero la ragione che ci aveva fatto nascere. L'idea è sempre stata quella di presentarci come un gruppo creativo e nel caso suddividerci il lavoro che non potevamo gestire singolarmente. La nostra forma è ancora quella, lavoriamo insieme e, se c'è bisogno, ci aiutiamo. La collaborazione è alla base della nostra crescita e lavorare in un ambiente in cui condividiamo la nostra esperienza professionale ci fa crescere molto più velocemente... almeno così crediamo.

Non ci lasciamo comunque sfuggire l’opportunità di intervistare singolarmente i tre componenti dello studio, poiché rappresentano fasi diverse di un fumetto: disegno, illustrazione, colorazione. In rigoroso ordine alfabetico, partiamo da Claudio Casini. Allora, Claudio, Iniziamo coi tuoi esordi professionali

Credo innanzitutto sia doveroso ringraziarvi per l'intervista e salutare tutti i lettori. Beh, i miei esordi... è una storia lunga, quanto spazio abbiamo? No, a parte gli scherzi, io ho cominciato alla scuola di comics di Bologna Nuova Eloisa insieme a Stefano Landini, credo nel ‘96. Quindi in realtà avrei voluto fare il fumettista.
Poi però con il passare del tempo mi sono accorto che volevo di più dal mio modo di disegnare e che il bianco e nero mi stava decisamente stretto. Così ho cominciato a dipingere. L'altro problema era che volevo disegnare fantasy e nel fumetto italiano era una cosa praticamente impensabile. Nel 2005, dopo 10 anni di ricerche stilistiche e confusioni varie, ho trovato la mia strada... volevo fare il character designer nei giochi di ruolo e di carte. In questo modo potevo unire la mia passione per il fantasy e quella per la pittura alla vecchia maniera. La mia prima pubblicazione è stata nel 2005 per l'Asterion Press, unico editore italiano che produceva materiale inedito per GdR.
Da quel momento non ho più smesso: andando un po' controtendenza al mercato che si buttava nel digitale io volevo usare il mio stile utilizzando le tecniche tradizionali. Nel 2008 ho vinto un concorso per XL di Repubblica dove si chiedeva di disegnare una carta per Magic... il dipinto era in digitale... hahaha ironia della sorte.
Credo che il momento più felice della mia professione (fino ad ora ovviamente) sia stata la prima pubblicazione per Pathfinder, un gioco di ruolo edito dalla Paizo Publishing. Non tanto per la pubblicazione per un'importante editore americano del settore (certo, anche quello)... quanto per il fatto che i miei disegni venivano pubblicati a fianco di autori come Wayne Reynolds o Jesper Ejsing. Autori tradizionali per me insuperabili... insomma, per farla breve una bella soddisfazione.

Qual è il soggetto che più incontra il tuo favore come illustratore? E quello che ti piace meno?

Io disegno solo fantasy, di solito: a differenza di quello che predico ai miei allievi, rifiuto i soggetti che non rientrano in questo genere. Quindi in linea di massima non ci sono cose che mi sono capitate che non ho fatto volentieri. Poi, certo, da amante del genere adoro dipingere orchi e nani... meglio se immersi nella natura selvaggia o negli spazi aperti. Trovo invece i draghi un soggetto noioso e strausato... mi rendo conto che è come se Claudio Villa dicesse che non ama disegnare i cavalli, ma non ho mai pensato di essere un illustratore molto convenzionale.

Sei molto attivo anche nel campo dell'insegnamento, presso la Scuola Internazionale di Comics. Parlaci un po' di questa esperienza e di cosa significhi per te.

A distanza di due anni mi sono reso conto che sono molte le cose che ho imparato lavorando a scuola. Quando impari a disegnare lo fai seguendo il tuo percorso personale, nel mio caso ancora di più perché nell'illustrazione sono un autodidatta. Ma quando lo devi insegnare a qualcuno, devi strutturare il tuo lavoro in modo da renderlo comprensibile a chi ne deve imparare le basi. Insegnare mi ha fatto rendere conto che non esistono punti di arrivo nel nostro lavoro, ma solo tappe in un percorso che non termina mai. Amo insegnare come amo apprendere e cerco di non smettere mai nessuna delle due cose.
A scuola ho l'onore di lavorare a fianco di artisti che fanno il mio stesso lavoro da 25-30 anni... quando parli con loro fai fatica a credere che ci sia un un momento in cui puoi smettere di cercare di migliorarti. Detto questo per sapere se alla fine sono un buon insegnante o sono una chiavica dovresti chiedere ai miei allievi.

I componenti del THZ hanno un elemento in comune: Reggio Emilia. Tu sei nato e vivi qui. Molti artisti si ispirano per le loro opere alle città in cui vivono, è lo stesso anche per voi?

Per gli altri non so, per quanto mi riguarda se Reggio Emilia avesse ispirato le mie opere allora sarei da ricovero . Ma amo questa città con tutti i suoi difetti e non potrei immaginare la mia vita in nessun altro posto, ora più che mai. Il THZ Studio non è stato altro che la chiusura di un percorso iniziato tempo prima. È di fatto per noi la condivisione di una passione in un gruppo di amici, se fosse solo lavoro, avremmo continuato ognuno per la sua strada.
Ma quando ti trovi in un gruppo che vive la tua stessa passione, con il tuo stesso entusiasmo, è praticamente impossibile che prima o poi non ne salti fuori una collaborazione. THZ non è altro che il nome che abbiamo voluto dare a questa cosa.

Cosa vedi per te nel prossimo futuro? Quali saranno i tuoi prossimi progetti?

Ovviamente mi auguro che le mie collaborazioni lavorative continuino anche l'anno prossimo, poi il 2011 è stato per buona parte dedicato a un progetto personale che ha visto recentemente la luce. Sto parlando di Phlegyasart: il design e la produzione di una linea di modelli in resina in scala 54mm destinati al modellismo pittorico. Vedere reinterpretato il mio lavoro attraverso quello di scultori di fama internazionale come Valentin Zak (scultore ospite di Lucca 2012) è un'esperienza incredibile che mi emoziona ogni volta. Molte delle mie scelte dipenderanno anche dalla riuscita di questo progetto. Quindi incrocio le dita e vi ringrazio per l'intervista!
.
Passiamo ora a Fabio D’Auria.  Ciao, Fabio! Tu sei nato a Castellamare di Stabia, trasferendoti poi in Emilia... e da lì che è successo?

Ciao Fabio (bel nome), grazie a te. Si, da Castellammare mi son trasferito in Emilia per andare a vivere "fuori casa" con l'idea di frequentare l'accademia di belle arti di Bologna. Idea che non si è rivelata vincente (per me), ma che però mi ha portato su altre strade e che mi fanno essere oggi un colorista di fumetti. Facendola breve, nel 2000 ho frequentato un corso europeo di animazione qui a Reggio Emilia (si, ho un attestato che dice che la comunità europea mi riconosce come animatore di cartoni animati), dopo il quale per 2 anni ho fatto lo storyboardista e l'animatore per una serie di cartoni animati prodotti per il Nord America. Durante il corso ho conosciuto Matteo Casali che stava ricolorando il suo Bonerest e, vista la mia dimestichezza con computer e photoshop (animavo in Photoshop), mi ha chiesto di aiutarlo. Da lì è stato un crescendo, un lavoro ha tirato l'altro, un professionista mi ha consigliato ad un altro e pian piano mi son ritrovato ad essere un colorista a tempo pieno.

Tu hai lavorato e lavori sia per il mercato italiano che quello americano: che differenze ci sono? Qual è il migliore e perchè?

La differenza principale è nella professionalità delle persone con cui si ha a che fare, in Italia salverei solo la Bonelli, tutti gli altri sembra facciano gli editor per caso, disorganizzati in modi inconcepibili e in più ti trattano come se ti stessero facendo un favore. La Marvel invece mi ha sempre trattato da professionista, sin dalla prima mail, per loro sono una risorsa e fanno in modo che il lavoro fili il meglio possibile.

Dei professionisti con cui hai lavorato oltreoceano, hai intrecciato con alcuni di loro un rapporto che è andato aldilà del lavoro?

Lavorando coi grandi editori spesso non c'è relazione tra i vari autori, si è tutti nelle mani degli editor. Con i pochi autori con cui ho avuto a che fare ci son stati gran scambi di mail inseguendo le scadenze assieme lavorando fino a notte fonda e mi ha fatto piacere constatare la stima reciproca. Forse l'unico con cui ho intrecciato legami maggiori, anche per motivi geografici, è Marco Checchetto, non dovendogli scrivere in inglese possiamo prenderci in giro con più facilità (risata).

Secondo te oggi la figura del colorista riceve il giusto riconoscimento dall'industria del fumetto? I lettori percepiscono l'importanza di questo lavoro?

No, anche qui ci sono differenze abissali tra USA, Francia e Italia. Basti pensare che il colorista Marvel ha il nome in copertina, quello Bonelli è fortunato di essere nel colophon (dai, quanti di voi leggono i colophon di Dylan Dog?). Il lettore italiano è cresciuto col fumetto in bianco e nero, ad alcuni dà persino fastidio l'albo a colori, la maggior parte non sa distinguere un buon colorista da un "cugino" che usa photoshop da una settimana.
Anche tra autori, ho avuto più richieste di correzioni da autori italiani o francesi in un solo albo che in 600 pagine colorate per la Marvel. Il problema principale credo riguardi il concetto stesso dell'albo a colori, per l'italiano (medio?) il colorista è uno che sta colorando il TUO fumetto, per l'americano, il colorista è autore con te del fumetto.

Hai qualche progetto personale nel cassetto che vorresti un giorno realizzare?

Ho troppe idee nate e rimaste ferme nel mio immenso cassetto del "TO DO", animazioni, fumetti, illustrazioni, racconti illustrati. Mi ripeto che durante la pensione farò tutto, poi mi ricordo che non avrò una pensione (risata amara soffocata). Grazie a te Fabio per l'intervista!

E concludiamo dunque con Landini. Allora, Stefano, parlaci un po' anche tu dei tuoi esordi professionali.

Ciao ragazzi, è un piacere risentirvi:)
Il mio esordio professionale è avvenuto qualche anno fa grazie all’Eura Editoriale, che ha creduto in me e ha iniziato a pubblicare i miei lavori. Dopo questo ho continuato a pubblicare vari lavori, passando da Becco Giallo, Free Books, Bd, Vincent Books, Dc Comics, Marvel, Vertigo , e altre…ovviamente spero che altre ne arriveranno:)

Nel tuo "carnet" ci sono anche alcune storie di Hellblazer scritte da Peter Milligan. Descrivici questa esperienza.

Una bellissima esperienza! Sapere di poter lavorare assieme a uno degli sceneggiatori che ho sempre ritenuto tra i migliori, è come un piccolo sogno che si avvera. Milligan ha una visione del fumetto che è incredibile: riesce a dare sempre una lettura nuova a personaggi che sembravano finiti. Comunque, dire che ho fatto solo “alcune” storie con Milligan mi sembra riduttivo, direi che abbiamo superato una quarantina di albi fatti assieme :)

Ultimamente il tuo nome è comparso associato al più recente crossover Marvel, Fear Itself. Narraci come sei arrivato alla "Casa Delle Idee".

È stata un’ esperienza inaspettata: era un po’ di tempo che mi sentivo con C.B. Cebulski, il quale mi diceva che voleva farmi fare qualcosa, finche mi hanno proposto qualche pagina per il numero 0 di Fear Itself, e non ho potuto dire di no. Spero di poter continuare la collaborazione, mi sono trovato molto bene.

Qual è la parte più gratificante del tuo lavoro?

Sapere di fare quello che ho sempre sognato; banale, ma sincero.

Hai qualche sogno nel cassetto, artisticamente parlando?

Chi mi conosce saprà già la risposta, comunque lo dico anche in questa sede, non si sa mai che qualcuno ci legga: il mio sogno sarebbe lavorare su Batman!!!!

Ringraziamo allora i ragazzi del THZ Studio, il cui stand potrete trovare a Mantova Comics. E per chi volesse saperne di più, vi consigliamo di visitare il loro sito Internet e la loro Pagina Facebook.

Torna in alto