Menu

Moreno Burattini: il presente di Zagor

Per tornare allo speciale, clicca qui.

Ciao Moreno, benvenuto su Comicus!

Zagor compie 50 anni, traguardo festeggiato in lungo e in largo con albi e avvenimenti paralleli. 50 anni sono di certo un bel traguardo da raggiungere, ma considerandolo come un punto di partenza che cosa attende Zagor per i prossimi 50 anni?

Un giornalista che mi ha intervistato poco tempo fa in occasione del cinquantennale zagoriano, ha intitolato il suo pezzo dedicato alle sue domande e alle mie risposte “L’avventura non morirà mai”. Dunque, lo Spirito con la Scure è atteso da altri cinquanta anni di avventure. Poi si vedrà. A questo proposito, mi viene in mente una breve storia umoristica che ho scritto per i disegni di Gianni Sedioli e Marco Verni, e che comparirà anche in un albetto celebrativo pubblicato da Cartoon Club in occasione di Riminicomix 2011: in quel mini-racconto si vede uno Zagor scatenato che picchia con foga da boxeur il sottoscritto e i due disegnatori. Alla fine, dopo averci stesi, dice: “Dopo tutti i guai che mi hanno fatto passare, ho sempre sognato di riempire di botte gli autori delle mie storie”.

Un momento come questo impone una riflessione su come si sono evolute la serie, la storia, il personaggio. Cosa rimane, cosa è cambiato e cosa ancora deve cambiare?

A volte, i lettori della vecchia guardia (quelli più legati agli stilemi nolittiani o alle storie della golden age degli anni Settanta) si lamentano per il cambiamento del personaggio e per il diverso taglio delle nuove avventure. In realtà, se si volesse guardare bene la realtà dei fatti, ci si dovrebbe meravigliare di quanto Zagor sia cambiato poco. È ancora lì, nella sua e nostra foresta incantata, a volare tra i rami degli alberi con un costume pittoresco, nonostante i gusti dei lettori più giovani siano in costante evoluzione, le mode cambino e i ritmi narrativi siano dettati dai videogiochi e da Internet. È quasi un miracolo essere riusciti a tenerci al passo con i tempi rispettando la tradizione e rimanendo fedeli, per quanto possibile, allo spirito originario del personaggio. La grande difficoltà nel gestire Zagor è appunto questa: non tradire il passato senza perdere il collegamento con il presente, per proiettarci nel futuro. Ciò che importa conservare è il sense of wonder di Nolitta e Ferri.

Da quando è nato Zagor ha già abbracciato almeno cinque generazioni di lettori, tutti con gusti ed esigenze differenti. Qual è la strategia per mantenere i vecchi lettori e continuare a soddisfare i loro gusti e, al contempo, guadagnarne di nuovi?

Zagor gode, per fortuna, di un invidiabile “zoccolo duro” che ci consente di mantenere le posizioni nonostante il calo generalizzato del mercato del fumetto, e addirittura, talvolta, di guadagnare perfino qualcosa, come ha rivelato di recente proprio Sergio Bonelli in una sua intervista a “La Repubblica”. Quello che conta, almeno per ciò che riesco a percepire dal mio “osservatorio” senza dubbio privilegiato, è che è abbastanza alto, generalmente parlando, il grado di soddisfazione dei lettori, i quali sentono ancora vivo il personaggio e non si limitano a collezionarne gli albi per una sorta di stanca abitudine. Dappertutto, il “popolo zagoriano” affolla gli incontri con gli autori: non solo in Italia ma anche in diversi Paesi del mondo. Purtroppo non esiste, però, una formula magica per accontentare tutti e anzi attirare sempre nuovi appassionati, e non ho mai pensato a mettere in atto strategie di mercato pianificate a tavolino. Tutto quel che di buono è venuto, se è venuto, è stato perché ho assecondato il mio istinto, scrivendo o curando le storie che, da semplice lettore, avrei voluto leggere. Zagor è il fumetto della “contaminazione” per eccellenza, vista la sua capacità di attraversare i generi: dunque si tratta di variare le tematiche (come hanno sempre fatto anche Nolitta e Ferri) cercando di escogitare sempre qualcosa di nuovo, per continuare a sorprendere i lettori. C’è sempre, del resto, qualche evento o qualche importante appuntamento all’orizzonte, come la trasferta sudamericana che sta per iniziare e come il “ritorno a Darkwood” su cui già gli appassionati si interrogano.

Ci puoi raccontare la genesi dell'episodio del cinquantennale?

Gli episodi del cinquantennale in realtà sono stati due, l’albo speciale a colori inserito nella collana Zenith, e il primo “Zagorone” uscito in contemporanea nel mese di giugno 2011, dieci lustri esatti dopo il fatidico giugno 1961 che segnò l’inizio della saga. Entrambi, stando alle prime proiezioni, hanno avuto un buon riscontro di vendite. Per l’albo a colori c’era la difficoltà (che si ripete sempre in questi casi) di raccontare una storia avvincente in sole 94 tavole, che per Zagor sono dannatamente poche, dato che il personaggio ha ritmi molto diversi da quelli di eroi abituati a esprimersi su quella lunghezza o anche su distanze minori. Lo Spirito con la Scure vive di solito avventure di duecento, trecento o quattrocento pagine, in quelle di cento sta maledettamente stretto (l’avventura ha bisogno di spazio ed è fisica più che cerebrale: ogni singola scena d’azione assorbe magari una decina di tavole, e si fa presto a raggiungere la fine di un albo).
Bonelli, per di più, ha voluto un racconto tradizionale e scoraggiato i miei tentativi di proporre racconti di quelli dopo i quali “niente sarà più come prima”. Così, ho pensato di risolvere il problema offrendo al lettore innanzitutto un team-up fra Zagor e i due fieri capi indiani Tonka e Winter Snake (la cui presenza già sarebbe bastata a rendere comunque interessante, se non memorabile, qualunque storia). Poi ho messo sul tavolo la definitiva chiusura di una trama lasciata in sospeso nientemeno che da Tiziano Sclavi (quella della Congrega dei Senza Volto), e quindi, giusto per sorprendere qualcuno con qualcosa di insolito e di inatteso, ho reso l’albo a colori il sequel del precedente episodio policromo della serie, quello del n°500, “Magia indiana”. Così è stato come se i due volumetti colorati formassero, messi insieme, una storia lunga di quasi duecento pagine, cioè negli standard zagoriani. Lo “Zagorone” invece è una storia del tutto insolita e proprio per questo, secondo me, giustamente collocata “fuori serie”. Inoltre celebra la “contaminazione” tra i generi tipica dello Spirito con la Scure (non sono veri zagoriani quei lettori che vorrebbero solo storie western, visto che Nolitta per primo ci ha messo dentro di tutto e di più) e si configura come metafora della creatività e dell’affabulazione, visto che protagonista ne è uno scrittore i cui incubi letterari sembrano diventare reali.

Zagor è uno dei figli di Sergio Bonelli, autore (come Guido Nolitta) di numerosissime sue avventure. Ci sono stati contatti, scambi di opinioni, raccomandazioni o altro con l'autore? E se sì, con che frequenza?

Proprio a Guido Nolitta ho da poco dedicato un saggio, “Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io”, scritto con Graziano Romani e pubblicato da Coniglio Editore: non ci sono dubbi, perciò, che io lo consideri un punto di riferimento professionale. Ogni volta che sta per uscire una nuova storia, mi incontro con Bonelli per parlarne, e lui suggerisce aggiustamenti e correzioni. Ovviamente, il ripetersi di queste piccole riunioni permette di stabilire delle “norme di comportamento” e fissare dei paletti: di Zagor, Sergio non è, del resto, soltanto l’editore ma anche il creatore, ed è logico che a nessuno sia consentito stravolgere o snaturare il personaggio, che io considero “mio” quanto ad affetto ma che, in realtà, so benissimo di avere soltanto in affidamento.

Zagor è una testata molto particolare, in grado di raccontare storie avventurose senza limiti precisi; su quali aspetti e scenari ti piace muoverti maggiormente quando scrivi una storia per un nuovo numero?

A me piace spaziare fra i generi e talvolta tento degli esperimenti che lasciamo qualcuno perplesso (come quando ho scritto una storia su una “banda aerea” o un’altra con un alieno naufragato sulla Terra e braccato dagli uomini, anziché essere lui a costituire un pericolo per i terrestri). Cerco di variare il più possibile gli scenari e trovare sempre spunti in qualche misura inediti, che possano far sgranare un po’ gli occhi a chi non se li aspetta. Poi, un conto sono le buone intenzioni, un conto i risultati. Ma ci provo. I miei scenari preferiti sono il giallo e l’avventura storica. Nel primo caso, adoro congegnare un meccanismo che inganni chi vede qualcosa per poi potergli rivelare che era solo un gioco di prestigio e nulla era così come sembrava. Però, nonostante i miei sforzi per rendere il giallo ben shakerato con la tradizionale avventura western, ho scoperto che i puristi non amano questo tipo di contaminazione e dunque cerco di limitarmi. Nel secondo caso, mi piace far interagire Zagor con i personaggi storici e i fatti della Storia con la “esse” maiuscola. Ma anche in questo genere di cose ci sono dei limiti da non travalicare.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Assolutamente tutto ciò che leggo e che vedo. La notizia data dal TG di un colossale incendio nei boschi della California può far venire in mente che anche Darkwood prenda fuoco. Poi, certo, ci vuole il dono dell’affabulazione e un minimo di mestiere.

Sei stato un avido lettore di Zagor, quale avventura ricordi con più piacere e cosa ti piace del personaggio?

L’avventura più bella, per me, è “Odissea Americana”. Qualche mese fa una rivista telematica mi ha chiesto un elenco delle migliori undici storie bonelliane di tutti i tempi e, ovviamente, Zagor era rappresentato da questa (ho anche scritto un testo che motivava la scelta). Del personaggio mi piace appunto quello che “Odissea Americana” rende evidente, trattandosi di una avventura-manifesto, simbolo e paradigma di tutto ciò che è zagoriano: la commistione fra i generi, il senso di meraviglia e di sfida all’ignoto, la grande libertà del personaggio nel muoversi su qualunque scenario, la capacità di far sognare ed evadere dalla realtà, il mix di avventura, dramma e umorismo. Già, perché grazie a Cico, nelle avventure dello Spirito con la Scure c’è anche questo aspetto.

Se dovessi scrivere un team-up di Zagor con un altro personaggio, quale sceglieresti fra i suoi "colleghi" bonelliani e perché?

Mi vanto di aver già creato, di nascosto e in sordina, un punto di contatto fra Zagor e il Comandante Mark. Ma se potessi avere carta bianca, credo che realizzerei uno dei sogni proibiti più richiesti dai lettori: un team up fra Zagor e Tex.

Immaginiamo, per gioco, che tu debba scrivere l'avventura conclusiva di Zagor. Cosa racconteresti?

Non è un gioco, è un incubo!  Poiché Zagor è un nome d’arte e il suo costume un abito da scena, potrebbe essere che Patrick Wilding un giorno, per raggiunti limiti d’età, o perché ha capito che un’epoca è finita, organizzi un’uscita di scena pubblica e spettacolare come quella della prima apparizione agli indiani ne “Il re di Darkwood”. Dopodiché, rimessi gli abiti civili, parte per qualche altra regione del mondo, continuando a essere se stesso  e a lottare per la giustizia, ma senza vestirsi in modo pittoresco. Lo vedrei bene partire per la Patagonia o per le steppe dell’Asia Centrale, magari dopo essere passato da Vienna a recuperare Frida Lang.

Scrivi da tanti anni Zagor, hai mai pensato di cimentarti con qualche altro personaggio Bonelli?

Mauro Boselli mi chiede di continuo di scrivergli un Dampyr: non sono ancora riuscito a farlo perché già faccio fatica a raggiungere la quota di pagine necessarie a mandare avanti Zagor. Se però potessi farlo, mi piacerebbe sceneggiare un Romanzo a Fumetti. Qualcuno insiste perché scriva un Tex: rispondo che Tex è come la Nazionale, non ci si propone, si viene convocati.

In passato ti sei già cimentato con il Comandande Mark, cosa ricordi di quelle storie?

Mi sono molto divertito a scriverle, e mi pare (ma non è un’opinione obiettiva, com’è evidente) di aver fatto un buon lavoro, congegnando due trame gradevoli. Ma soprattutto, sono contento di aver risolto, con due albetti dedicati al giovane Mark e al passato di Betty, alcune incongruenze che si erano create all’interno della serie della EsseGEsse.

Quali fumetti leggi attualmente?

Sembra incredibile che uno come me, che lavora otto ore in redazione a esaminare tavole a fumetti, la sera torni a casa stanco e, per rilassarsi, legga ancora fumetti. Eppure lo faccio, sia pure con sempre maggior fatica data l’età. Leggo tutti i Bonelli, ovviamente, e poi tutti gli umoristici e gli erotici che trovo in giro (sono due generi che mi piacciono in modo particolare), qualcosa di francese, un po’ di americano, e perfino un assaggino di manga in piccole dosi.

Torna in alto