Menu

Ladolescenza: intervista a Makkox

Dopo Le Soluzioni imperfette e Il Canemucco Makkox torna sulla carta stampata con Ladolescenza, un volume per il quale ha supervisionato di ogni fase del processo produttivo, dall'ideazione alla stampa tipografica. Il risultato è un volume prestigioso di cui potete leggere la recensione.
Abbiamo contattato Makkox che ci ha rilasciato un intervista a proposito del volume, arrivando a parlare anche del rapporto tra fumetto cartaceo - fumetto online e della situazione editoriale italiana.

Intervista di carlo Alberto Monori e Giovanni La Mantia.

ladolescenza_copertina_fronte

Ciao Makkox!
È passato un anno da quando ti avevamo intervistato in occasione dell'uscita del primo numero del Canemucco. Da allora il progetto è proseguito, anche se seguendo sentieri diversi dal previsto. Vuoi raccontare in prima persona cosa è accaduto in questi mesi?

È successo che l’edicola non è stata un successo per una marea di motivi che non essendo un editore non potevo prevedere, né mi competeva farlo, invece è stata un successo la diffusione via web, di cui mi sono occupato, che ci ha portato oltre un migliaio di abbonati. Tralasciando problematiche dietro le quinte relative alla retribuzione mia e degli autori che qui è fuori luogo trattare, devo però dire che da queste problematiche è derivato un rallentamento nella produzione, in quanto aggratis si può narrare, ma non mangiare.
Mettiamo in chiaro una cosa: Coniglio Editore sempre sia lodato, perché nessun altro mi avrebbe consentito un’operazione del genere e ancor meno con la libertà di sperimentazione nei contenuti di cui abbiamo goduto e godiamo.
Nonostante la strada in salita, l’albo ci ha divertito, ci diverte e regala soddisfazioni: La nomination al premio Micheluzzi 2011 in due categorie, miglior serie realistica e migliore sceneggiatura, è una di queste; un’altra l’altra il fatto che la serie sia stata opzionata per produrne una miniserie tv o un film. L’affetto di chi nonostante tutte le difficoltà produttive, continua a seguirci, e ad abbonarsi, è però la più grande.

All'interno del tuo nuovo volume a fumetti tratteggi un particolare periodo della vita che tutti noi abbiamo attraversato; che cos'è per te ladolescenza?

L’adolescenza e l’infanzia sono state una vita precedente. Ne rimpiango le cose banali che molti hanno cantato: la spensieratezza, le varie verginità, la fiducia d’essere immortali, ma anche i dolori, le paure, quello slittino di nome Rosebud...
Più di tutto mi manca l’acutezza dei sensi e le giornate di quarantasei ore col sole che non tramontava mai. Il dolore di non essere consapevole, all’epoca, di quanto fosse prezioso quel tempo è oggi amaro, ma lo fossi stato non me la sarei vissuta bene, credo.
Ovviamente parlo così perché la mia adolescenza pur trascorsa tra luci e ombre, non è stata traumatica. Sono stato molto fortunato, e sono grato al destino di questo.

Forte della tua esperienza come tipografo, hai seguito personalmente ogni processo della fase produttiva. Cos'hai provato nell'applicare la tua esperienza passata alla tua più recente carriera da fumettista?

Un enorme senso di potere e libertà. Quasi come ricordavo solo nell’adolescenza, eh eh. Conoscere la totalità del processo produttivo è come per un violinista saper costruire il proprio violino. Sono uno scarso violinista, penso, ma sicuramente un buon liutaio. Davvero la sensazione non è descrivibile se non s’è provato mai questo iter creativo integrale. Ha qualcosa di rinascimentale.
Mettici anche che per anni mi sono trovato a lavorare con il marketing di basso livello, quello dei supermarket, e hai l’operazione Ladolescenza nella sua interezza.

Ladolescenza contiene storie già pubblicate in passato. Il processo di selezione è stato complesso o quando è nata l'idea di autoprodurre un albo come Ladolescenza avevi già chiaro cosa inserirci?

L’idea mi venne da una casualità. Una sera mi trovai a riflettere sulle compilation musicali. Come tutti quelli della mia età ne ho fatte un po’, da ragazzo, sulle audiocassette, miscelando brani presi dalla mia audioteca. Le compilation avevano una qualità emotiva che trascendeva i singoli brani. Erano viaggi. Potevo realizzare una compilation da pomicio, o da canna, o da dichiarazione d’amore, e ognuna doveva prenderti per mano e portarti nell’adatto mood dolcemente fino a giungere al climax e infine lasciarti andare con un grano di nostalgia in cuore. Le compilation erano una forma d’arte.
Così ho pensato che avrei potuto creare una superemozione mettendo assieme, in un certo modo e con una certa metrica, piccole emozioni affini racchiuse in singoli racconti. In ultimo, come illuminazione finale, ho deciso che avrei parlato confidenzialmente negli stacchi tra i brani come facevano i dj di trasmissioni musicali notturne che ascoltavo da ragazzo. Non è stato semplice comporre il tutto, ci ho perso nottate più che giornate, lavorando più sul togliere che sull’aggiugere: desideravo leggerezza, dolcezza, nostalgia in bilico sull’inespresso, così che persistesse. Ne è risultato un volume leggero e, per me, emozionante più nell’insieme che nelle singole parti, come deve essere una compilation.

Hai raccontato sul tuo sito quanto la produzione limitata de Ladolescenza sia stata economicamente più remunerativa per te rispetto che la collaborazione con una casa editrice per un albo dalla maggiore tiratura. Pensi che questa possa essere un mercato per gli artisti per creare e vendere in modo più diretto le proprie opere, senza intermediari "o padroni"?

Penso che possa essere un modo per alcuni artisti narrativi e in particolar modo visuali, d’una certa maturità, che si posizionano al di sotto dei ristretti piani di vertice della piramide dell’editoria, di realizzare le proprie ambizioni.
Certo: dipende molto da cosa si ama e cosa si cerca, quali sono le ambizioni, appunto. Io non ho l’ossessione di essere sugli scaffali d’una libreria a qualsiasi costo, ma di essere fruito nella migliore delle edizioni anche se da pochi. Certo, per far da soli occorre avere le competenze tecniche e la passione per l’oggetto oltre che per il contenuto. Non so quanto possa essere un discorso scalabile ad altri autori. Per me l’alta qualità è un ambizione forte. Ho sofferto e soffro la perdità di qualità dei prodotti imposta dall’allargarsi del mercato di massa. Oggi si ascolta musica con gli iPod che leggono mp3, anch’io lo faccio. Una volta per una completa, vera, riproduzione d’una esperienza acustica musicale dovevi avere un amplificatore valvolare grosso some un cassettone dell’800, e 4 casse in legno alte così, a 6 coni. I moderni sistemi home theatre fanno ridere, se non vai sullo stra-top. Ma son valori non più percepiti. Anche per le immagini il jpeg è lo standard per i media digitali, ormai sempre più lo è anche per le pubblicazioni stampate. Il principio è: basta che inganni l’occhio o l’orecchio fino a un limite accettabile. Quel limite s’è spostato sempre più in basso in ragione dell’abbattimento dei costi. E noi gli siamo andati appresso dimenticando la purezza dell’origine.
Sembra strano questo discorso fatto da me che pubblico nel web. Però, chi lavora con me, nel web, conosce la mia ossessione per la qualità delle immagini, e infatti non s’azzarda a toccare i files che gli fornisco e che produco con estrema cura anche per questa piattaforma di massa. Infine sì. Un prodotto di alta qualità, realizzato in proprio, in tiratura limitata e venduto direttamente dall’autore al proprio pubblico, produce reddito più di quanto non riesca a darti l’editoria di retrovia, ma non è un operazione così banale: necessita di molte variabili che abbiano il giusto valore, altrimenti prendi un bagno di sangue.

Quanto del successo del volume pensi sia da imputare allo zoccolo duro di fan che ti segue online? Pensi che un'iniziativa editoriale simile possa essere ugualmente conveniente anche per un esordiente?

Ecco una delle variabili a cui accennavo prima. Si ha bisogno di un pubblico consolidato che conosca bene le tue cose. Però non li definirei fan: ho capito il senso con cui hai usato il termine, ma è deviante. Io non uso il web per comunicare con i fan. Lo uso per pubblicare materiale vero, completo, non contorni e assaggini. Quelli che mi seguono nel web sono lettori. Credo di aver pubblicato il 90% delle mie cose gratuitamente nel web. Quindi, quando a questi lettori propongo di acquistare qualcosa da me prodotto, acquistano il prodotto, non una maglietta con la mia immagine, non sono io la spinta all’acquisto, ma i contenuti di cui hanno esperienza. Per i fan avrei messo un tasto “donate” nel mio blog e buonanotte, e non credo che ne avrei ricavato molto.
Un esordiente manca di questa componente a mio parere necessaria: non ha un pubblico che conosca le sue cose, perché e da chi dovrebbe essere acquistato? Un esordiente ha bisogno di un editore che compensi questa carenza. L’editore, tra l’altro, è questo che offre: un pubblico.
Oppure un esordiente che volesse provarsi in un’operazione simile alla mia, nel web, avrebbe bisogno di un mentore, un garante, che lo suggerisca al proprio pubblico, ma non so quanto funzionerebbe. Dovrebbe coincidere con un prezzo promozionale, ottime critiche, etc. Insomma un piano di marketing ben strutturato. Ma questi ragionamenti possibilistici sono un mio modo per non essere categorico e dire quello che penso: un esordiente rischierebbe nove su dieci di prendere una brutta botta.

Credi che ci sia qualcosa che non funziona nel rapporto tra autori ed editori, nel mercato fumettistico italiano?

Mi rendo conto di saperne troppo poco. La mia esperienza è limitata e personale.
Quello che penso oggi a 45 anni non l’avrei pensato a 25 o 35. Per quanto mi riguarda il problema è più ampio del rapporto tra questi due attori e riguarda la cultura del fumetto in italia. Il fumetto s’è incistito in nicchia, è diventato genere e non modalità narrativa. Il fumetto si fa per chi legge fumetti nelle modalità che i lettori di fumetto gradiscono.
Io credo, da esperienza mia che di lettori di fumetto-e-basta ne ho pochi, che ci sia un gran territorio da esplorare e conquistare nell’ambito della narrativa generica e delle librerie di varia. Certo occorre muoversi e proporre. In un certo modo, educare. È un’attività pioneristica, e i pionieri buttano il sangue, si sà, ma anche vedranno cose che noi umani...

epifaniaIn questi mesi il tuo lavoro come fumettista sul Web è aumentato incredibilmente: produci quotidianamente più di una vignetta per diversi siti, per lo più con toni satirici. Come ti trovi a lavorare con questi ritmi, che consentono di ridurre in modo massiccio i tempi dall'evento satirizzato alla lettura delle vignetta completata?

Non mi costa una gran fatica. Disegno molto velocemente e sono un “buona la prima” per indole. Non che m’accontenti, è che ho sempre ricercato la spontaneità di segno, la calligrafia di getto. Perciò ascoltare o leggere una vaccata che mi faccia incazzare e reagire di vignetta mi viene istintivo e veloce. D’altra parte ho fatto così da sempre iniziando sul mio Tumblr, passando poi su Macchianera e a seguire nel mio facebook, infine oggi sul Post. Questo sempre mentre facevo e faccio altro: disegno storie più lunghe per il Canemucco, o, ultimamente, mentre scrivo miei racconti che poi saranno sceneggiati e disegnati da un altro disegnatore, come sto facendo con Flaviano Armentaro e forse anche con Ivo Milazzo, ma st’ultima è ancora da quagliare. Comunque cose che rimarranno inizialmente nell’ambito dell’autoproduzione di alta qualità di cui ho parlato prima, sia chiaro. Scusa l’OT.

Da una parte abbiamo "l'artigianato", come hai definito tu Ladolescenza, con un volume seguito durante tutto il processo di stampa e curato nel minimo dettaglio tipografico. Dall'altra parte abbiamo il suo opposto, il fumetto digitale, immediato e intangibile.
Makkox si muove con agilità in entrambe le forme, senza apparente difficoltà: in quale delle due si trova più a suo agio?

Dalla tua domanda sembrano due approcci diversi, ma sono assai simili. Ho realizzato Ladolescenza anche perché l’esperienza del web ti abitua al controllo totale di ciò che pubblichi e come lo pubblichi. Per cui quando sono venuto a contatto con un editore cartaceo ho vissuto una specie di costrizione da quel punto di vista. Con Ladolescenza mi sono riappropriato di quel controllo. Cosa preferisco tra web e carta? Sicuramente, nella quotidianità volatile, preferisco il web che mi dà risposte immediate in termini di feedback, di contatti umani. La carta è un modo diverso oltre che un media: la carta conserva memoria di ciò che vale la pena conservare. E la conserva preziosamente. Questo il web non lo fa, non c’è selezione, non c’è differente preziosità data dal supporto.
Sono due sensazioni e modalità, web e carta, non sovrappolinibili e assai complementari.

Proviamo a immaginare il prossimo futuro. Crediamo che lo stile che ti contraddistingue si possa sposare tranquillamente con i tradizionali canoni (foliazione, confezione, marketing) ai quali i cugini di lingua francofona sono culturalmente abituati. Anche considerata la stagnazione interna - a voler minimizzare - ritieni possibile uno sbocco editoriale in quel mercato a breve e medio
termine?

Io in Francia? Non so. Anche lì gli editori richiedono un adesione a format “fumettistici” ben rigidi o meglio: riconoscibili. Immagino che l’unica possibilità per me non sia nell’intercettare un pubblico esistente, ma nell’attrarne uno mio. Credo che la mia strada per l’estero, dovesse mai esistere, passerebbe, com’è per quella italiana, dal web. Comunque non mi pongo il problema. C’è tanto da fare qui da noi che basterebbe per due vite. L’ultimo Salone del libro di Torino m’ha dato una boccata d’ossigeno: ho visto che c’è in giro tanta voglia di leggere. Per me la chiave è quella: lettori, non lettori-di-fumetti-e-basta.

Torna in alto