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H.E.R.O.I.N – La strada dei supereroi dei Motel Connection

locandina_motelGiovedì 12 maggio verrà presentato, alla Fiera del Libro di Torino (e dopo l'anteprima al Napoli Comicon), H.E.R.O.I.N. - La strada dei supereroi, graphic novel nato dalla collaborazione tra Bruno Letizia, Valerio Schiti, Serena Ficca,Mauro Garofalo, Alessandro Di Nocera, e i membri del gruppo Motel Connection. Un titolo pubblicato dalla milanese Edizioni Ambiente - VerdeNero, piccola realtà letteraria che con questo volume muove i primi passi nell'editoria a fumetti.

La presentazione, che avverrà alle 18, con un aperitivo offerto allo stand delle Edizioni Ambiente (E 36, padiglione 1), alla presenza dei Motel Connection e degli autori del fumetto, sarà poi seguita da un DJ set a ingresso libero, presso la Società Canottieri Esperia (in Corso Moncalieri, 2), per un evento che intende unire ancora di più la musica all'arte sequenziale.

All'interno di un panorama - quello del legame tra fumetto e musica - che tende a diventare via via più folto, specie nel nostro paese (ricordiamo, tra le ultime cose uscite in Italia, due biografie:Bob Marley: Coming in from the cold di Saverio Montella, edita da BeccoGiallo, e Jimi Hendrix: Electric Requiem di Gianluca Maconi, proposta da Hazard) da quest'anno fa capolino anche Edizioni Ambiente, casa editrice specializzata - attraverso la collana VerdeNero - in romanzi noir, inchieste e saggi incentrati sulle minacce all'ecosistema perpetrate dalle più disparate organizzazioni criminali, ma che giunge alfine anche alla sua prima esperienza nel campo dei fumetti. E lo fa con un prodotto ambizioso, nato dalla volontà congiunta dei curatori, degli autori e dei membri dei Motel Connection che hanno prestato il volto a tre supereroi che si materializzano nella distopica Overvolt City.
Il risultato è un graphic novel a metà tra il post-cyberpunk e il supereroistico, in cui la musica non è una componente accessoria, bensì un elemento fondamentale che anima il progetto.

Per l'occasione Comicus ha raggiunto e intervistato alcuni degli autori del volume, di cui trovate anche una recensione ed un'anteprima.

Cover-Motel-Connection_HEROINCome nasce l'idea di un progetto che leghi così tanto fumetto e musica?

Mauro Garofalo: Il musicista, l’artista, è figlio del suo tempo. Per non ridurre tutto in talent show e in prodotti di una stagione buoni solo per il mercato, questo progetto è nato da un’idea: trasformare una band in un esperimento, auto-sostenibile in modo anche “economico”, che partisse da un album e arrivasse - attraverso la tecnologia - di nuovo nella realtà. La musica per raccontare questo tempo si deve contaminare, si deve diluire in altri media, attraversare linguaggi.

E, nello specifico, come si è arrivati a coinvolgere i tre membri dei Motel Connection?

MG: I Motel Connection sono stati la base sulla quale innestare questa contaminazione. Il progetto è stato calibrato sul loro specifico: i Motel sono luoghi di attraversamento; Connection fa rima con network. Erano il gruppo ideale per sperimentare la trasformazione di un linguaggio (la musica) in immagini. Del resto, già il titolo dell’album è indice di una mutazione H.E.R.O.I.N.- Human Environmental Return of Output/Input Network, non è solo uno slogan ma un concetto a cui ispirarsi, un messaggio in bottiglia per il futuro del genere umano, senza retorica, l’attenzione alla salvaguardia del pianeta Terra dei tre superero…ehm, musicisti!

Qual è stato il loro ruolo in questo progetto?

MG: Co-ideatori, co-coordinatori, soggetto ispiratore per i disegni e per le caratteristiche dei supereroi, dei loro alter ego a fumetti. Abbiamo fatto molte sessioni con loro per arrivare al prodotto finale dei loro personaggi. Ed è stato anche molto divertente chiedere a ognuno di loro: “Che superpotere vuoi?”. Questi e altri aspetti sono trattati nel giornale Overvolt Times allegato al fumetto, con le interviste ai supereroi in anteprima mondiale.
Comunque più che di ruolo si dovrebbe parlare di team up perché tutto il progetto è stato modellato su una modalità di lavoro ad “alleanza di progetto” (mutuando il concetto da William Gibson): ognuno, con il proprio profilo, ha fatto del suo meglio, nel massimo della libertà reciproca e basandosi sul principio di “delega”. I gruppi che si sono formati avevano dei portavoce, ma tutti hanno lavorato allo stesso livello di coinvolgimento e passione.

Il testo fa continuamente riferimento a una gran serie di sottotesti (musicali, cinematografici, fumettistici, videoludici) che cita o assimila durante la narrazione. Perché un futuro che fa così continuamente riferimento ai nostri giorni?

MG: Intanto perché la realtà in cui viviamo, in qualche modo, determina il nostro pensiero e dunque le immagini che ci formiamo nella mente sono comunque un suo prodotto. E poi perché, tutto sommato, l’artista è un ladro e dunque sottrae immagini dove può, e la realtà oggi di spunti critici ne ha molti… infine, perché il futuro non esiste senza il presente. E “Who controls the past, controls the future” lo dicevano pure i Rage Against the Machine... o era George Orwell?!

Quando si ha un calderone di materiali di riferimento (fumetto, cultura pop, musica, immaginario videoludico, cinematografia, precedenti letterari illustri) come in questo caso, molte volte il rischio è che il prodotto finale manchi di coesione, cosa che in questo caso devo dire non accade. Come vi siete organizzati per gestire i vari spunti sicuramente apportati dalle tante menti all’opera su questa storia?

MG: La realizzazione del prodotto finale è stata la naturale conclusione del processo di lavoro collettivo. E soprattutto sempre scrivendo liberi, mischiando tutto, in modo molto poco serioso. È stata una modalità/mentalità che ci ha divertito e, forse, questo è il dato maggiore che emerge dalla lettura.

Bruno Letizia: In chiave più tecnica, prima di iniziare a stendere la sceneggiatura, si è lavorato molto sulla struttura del fumetto. L’eso-scheletro è fondamentale, le citazioni alla fine sono stati dei ritocchi e come tali vanno trattate. Una volta trovato il flusso narrativo del libro, la storia si è creata da sé, nel continuo rimando fra idee che venivano a tutte le teste che hanno lavorato allo sviluppo e ai dialoghi. Durante la limatura, poi, la storia funzionava: così ci siamo divertiti a tirar fuori dal cilindro di tutto... era diventata una gara a chi trovava la citazione più ardita (sotto questo profilo il secondo capitolo, quello di Funky, è emblematico). Per fortuna, insomma, abbiamo trovato uno scheletro che è riuscito a reggere l’impatto delle sinapsi, forse.

Musica, fumetto e fantascienza sono storicamente i tre canali artistici di maggiore denuncia per quanto riguarda le storture di un’epoca. Cosa significa, per voi, riunire il tutto in un solo prodotto?

MG: Sono tre immaginari che lavorano su un materiale comune, il tempo. Ma siccome partono dal futuro, e non dal presente, sono liberi di immaginare, di innescare immaginari alternativi, che però hanno in sé tutta la forza e le paure del periodo storico in cui vengono concepiti. Nel nostro fumetto è molto presente il problema ambientale, la deriva dell’inquinamento demografico, socio-economico, per questo VerdeNero era l’interlocutore più indicato, pur se non un editore di fumetti... ma anche questa è stata una scelta di contaminazione e sperimentazione.

BL: Volevamo denunciare alcuni problemi del nostro presente – sempre divertendoci - attraverso una serie di cortocircuiti. Un esempio: i Motel Connection non sono dei musicisti nel libro, ma supereroi, facendoli suonare rischiavamo una cosa à la “Jam e le Hologram”. Nel secondo capitolo André, il capo delle corporate, per convincere i supereroi a passare al “lato oscuro”, gli dice che in un universo alternativo esiste una band di musica elettronica che fa i video con le donnine nude... insomma, il senso è parlare delle derive della società turbo-capitalistica ma sempre in modo leggero, mai serioso!

L’attuale situazione sociopolitica italiana ha pesato sulla storia? Se sì in che modo?

BL: Non solo italiana, e un’opera di fantascienza non può prescindere dalla situazione sociopolitica presente, altrimenti diventa solo una questione di tecnica e design. Per quel che riguarda H.E.R.O.I.N., bisogna dire che l’istituzione cattolica-cristiana quella politica e quella economica ne escono piuttosto malconce, ma lasciamo ai lettori l’ardua sentenza…

Alieni e tecnologia a parte, quanto pensate che la società da voi ritratta sia possibile e quanto secondo voi ci stiamo, al momento, inoltrando su quella strada?

MG: La strada dei supereroi è una rappresentazione del nostro presente. È una visione dichiaratamente pessimista, stanca della visione che ci vogliono far digerire gli uomini grigi che da anni ci governano (nel fumetto una specie aliena dominante, e pure brutta!) per i quali “viviamo nel miglior mondo possibile”: questo fumetto è un modo per dire che “No” non è vero. È un modo per esprimere il disagio, compito dell’arte e dei suoi “artigiani”. Questo fumetto è un po’ una specie di antidoto alla storiella del Candide, un modo come un altro per dire che se Voltaire giustifica questo presente, allora pure lui era uno scemo!

Da come finisce la storia si direbbe che risentiremo parlare di Ash, Samuel, Pisti e Pierfunk. Ci sono già idee per un seguito?

BL: C’è l’idea di una “classica” trilogia (Guerre Stellari docet), e in questo senso molto anche dipenderà dalle vendite, vedremo... Questo primo libro è una specie di setup della saga. Abbiamo lavorato su un’ambientazione classica distopica (o “classica con brio” per citare Di Nocera), nel secondo e nel terzo capitolo l’idea è quella di cambiare radicalmente il mondo dei nostri eroi.
Il secondo libro dovrebbe affrontare la questione della genesi dei supereroi Motel Connection, con un’ambientazione in un luogo senza tempo. Potrebbe essere il libro più sperimentale.
Nel terzo libro invece l’idea da sviluppare sono i robottoni, e qui penserete: cosa c’entra questo con i supereroi? Speriamo di avere l’opportunità di scoprirlo insieme!

Lavorare a un fumetto di fantascienza scardina ogni riferimento spaziale, architettonico e di design. Com’è reinventare un mondo da zero, o quasi? Ci sono aspetti influenzati dalla realtà contemporanea?

BL: La mente dietro al design di Overvolt City e dei Motel Connection è Valerio. A parte il Trascendentale (mio) e André (Serena) tutto il lato visivo dell’opera è stato concepito da questo ragazzo, architetto, che è uno dei talenti più puri che abbia avuto modo di conoscere in quattro anni di lavoro alla Scuola internazionale di comics di Roma.

Valerio Schiti: Quando si ha la possibilità di reinventare la realtà da capo si rischia di scadere nell’eccessivo e nel gratuito. Quello che spero ci abbia salvati da questo errore è stato il fatto di essere guidati da un obiettivo, un'idea: volevamo raccontare un nostro possibile futuro immediato che fosse grigio, miserabile e privo di qualsiasi tipo di cultura. È per questo che Overvolt City si presenta come una città-contenitore, una megalopoli se non reale quantomeno molto probabile! Potrebbe essere davvero una qualsiasi capitale europea lasciata crescere in maniera incontrollata, senza riguardo per densità edilizia, verde o siti culturali. Abbiamo evitato architetture e ambienti eccessivamente fantascientifici (salvo alcune necessarie eccezioni) e ci siamo orientati più su un ingigantimento della realtà, con evidenti riferimenti a elementi che ricordano per esempio “Metropolis” di Fritz Lang. In questo modo abbiamo attinto da un immaginario ormai collaudato, reinterpretandolo, e cercando per quanto possibile di arricchirlo.

Quanto la sceneggiatura è stata rigida da questo punto di vista e quanta libertà avete invece avuto?

BL: Beh avendola scritta, me la sono cantata e suonata. In linea di massima sono molto descrittivo e pretendo molto, poi, se il disegnatore ha una bella idea per una vignetta, se ne parla e se mi convince si cambia.

VS: La sceneggiatura era chiarissima. Bruno aveva una visione limpida di come ogni singola pagina dovesse essere raccontata, evitandoci praticamente qualsiasi dubbio. Nonostante questo è stato sempre aperto a suggerimenti e modifiche. In questo modo speriamo di essere riusciti a ottenere il meglio da ognuno di noi!

Raccontare un futuro in stile Philip Dick/William Gibson/John Wagner in bianco e nero la percezione di questo molto più freddo e asettico. Una simile scelta stilistica, quindi, è stata voluta dall'alto per motivi più o meno specifici, è stata una scelta artistica o, ancora, è del tutto casuale?

BL: Ho sempre pensato a questo progetto in bianco e nero, per rendere il mondo di Overvolt City il più asettico possibile. Anche se mai lo dovessimo far colorare, sceglierei comunque uno stile molto grafico, per mantenere la stessa freddezza.

VS: L’importante ancora una volta non è tanto il bianco e nero, che comunque si è rivelato molto efficace, ma la volontà di comunicare un concetto, un’atmosfera. H.E.R.O.I.N. potrebbe tranquillamente essere trasposto a colori ma di certo non si tratterebbe di colori vivaci!

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