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Intervista a Stefano Piccoli tra Fumetti, Hip Hop e... Roots 66

Torna Comics 'n' Music! Dopo esserci a lungo occupati di fumetti e musica (soprattutto hip-hop), ecco un altro contributo con l'intervista a Stefano Piccoli a tema Roots 66, Fumetti, Musica, Rap Old School, varie ed eventuali...

Vi invitiamo, inoltre, a leggere la recensione del volume Roots 66 stesso, una delle ultime fatiche del creatore del Massacratore.

Ciao Stefano e benvenuto su Comicus: siamo qui per parlare di Roots 66, uscito per Tunué lo scorso anno, e più in generale del rapporto tra fumetti e musica. Andiamo dritti al punto: da dove nasce questo amore per l'hip hop?

Nasce da molto lontano e si alimenta per affinità elettiva. Mi spiego meglio: senza nemmeno sapere che si trattasse di una cultura ben definita, rappresentata da quattro discipline, ecc. ecc., a metà degli anni '80 mi sono ritrovato quasi per caso ad ascoltare cose come i Public Enemy, i RUN Dmc, LL Cool J o KRS-One. Ho amato da subito quella roba: un beat che si sposava perfettamente alle mie corde. Poi film come "Breakdance", "Wild Style" o "Beat Street", la ricerca delle colonne sonore (in vinile, ovviamente) nei negozi di dischi, l'esaltazione per quei pochi minuti di breakin' contenuti dentro "Flashdance" ad opera della mitica Rock Steady Crew. Ma tutto senza una vera e propria consapevolezza. Era una "passione" che avevo dentro di me sin da adolescente, insomma. Fino al 1991, il famoso anno della Pantera. Ed ecco che - senza che fossi io a deciderlo - fu scelto proprio il rap come linguaggio, come arma politica. Parlo delle posse, dell'intero movimento che nacque nei primi anni di quella decade. D'accordo: in Italia si era già visto qualcosa prima di esse, come i Radical Stuff o i Power Mc's che rappavano in inglese. Ma sostengo sempre che le posse - nel bene e nel male - furono comunque la miccia che fece esplodere il rap in italiano, influenzando tutta un'intera scena che sarebbe venuta poco dopo, dai Sangue Misto in poi (anche chi non seguiva un percorso propriamente militante). Sono stati anni che ho vissuto intensamente, nel collettivo studentesco dell'Accademia di Belle Arti e nei centri sociali. Anni di formazione che - giocoforza - sono diventati anche il mio retaggio culturale. Nelle scelte umane e politiche, nei luoghi, nelle frequentazioni, nelle passioni che piano piano trasformavo in professioni (tanto nella musica quanto nei fumetti). Ecco perché nel '98 mi sono ritrovato a fondare e dirigere - insieme ad Ice One, grande punto di riferimento della scena italiana - un hip hop magazine come "BIZ" (Magic Press) e come mai già dal primo numero potessi contare su in intero network nazionale di amici, conoscenze, inviati, collaboratori, sponsor tecnici e quant'altro; c'ero già dentro in maniera naturale, come si fosse trattato di un'evoluzione percorsa insieme. Le cose, insomma, non succedono mai per caso. Così come non è un caso che - aldilà di "BIZ" - tanti anni dopo, nelle nuova serie del Massacratore tuttora in corso di pubblicazione, mi sia ritrovato gente come Robert Del Naja (Massive Attack), Piotta o Mos Def a scrivermi le intro.

Prima B.Boyz e adesso Roots 66: perché questa scelta e perché a distanza di tanti anni?

Avevo una storia da raccontare. Fondamentalmente si trattava solo di questo. Anche per "diversificare" la mia attività con il Massacratore, che a fine anni '90 stava vivendo un momento di grande popolarità, anche prima della sua pubblicazione per la Play Press. La prima versione di B.boyz è del 1997: si trattava di due albetti da 32 pagine l'uno che dovevano essere pubblicati da una discutibile casa editrice romana per il mercato delle edicole. Ne uscì solo uno perché quell'editore sparì nel nulla lasciando a bocca asciutta autori, tipografie, dipendenti e via dicendo. Ma era una storia a cui tenevo molto, che quindi io terminai comunque. Proprio nella postfazione della nuova edizione per Tunuè scrivo che "l’idea poggia le sue fondamenta sul valore di un fumetto a cui credo ancora molto, con una credibilità strutturale che ritengo ancora solida, nonostante gli anni trascorsi. E che ha tutte le carte in regola per raggiungere molti più lettori di quelli che ebbe all’epoca".

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Con R66 hai riaggiornato e migliorato il "vecchio materiale". Come hai vissuto questa operazione?

L'ho vissuta con divertimento, prima di tutto. Esattamente come è stato per i 3 volumi del REMIX del Massacratore, che raccoglie proprio la sua prima storica serie degli anni '90 "riveduta & corretta", cioè con nuove scansioni delle tavole originali, nuove texture, nuovo lettering (e parecchi rimaneggiamenti ai testi), con una serie di strumenti digitali che oggi per un grafico dotato del suo bel Macintosh sono all'ordine del giorno, ma che solo 15 anni fa erano pura fantascienza! Quindi idem per il B.boyz divenuto Roots 66. Per il progetto Tunué il lavoro è stato ancora più meticoloso: oltre all'aggiunta di 8 tavole INEDITE (il cui scopo principale è servire da incipit per il secondo libro, di cui parlerò tra poco) ho cambiato interi disegni e intere sequenze di dialogo. Una delle critiche maggiori che mi furono mosse alla sua prima pubblicazione fu infatti quella di essere stato eccessivamente didascalico nel voler forzatamente "spiegare" cosa fosse l'hip hop e come funzioni. Allora è proprio in questi passaggi che ho limato i testi, rendendoli più scorrevoli, con meno "spiegoni" (in una scena i protagonisti parlano addirittura d'altro, rispetto alla prima versione!). Tutto questo per dire che me la sono vissuta assai bene. Sapendo che lo stavo facendo per Tunué, con cui desideravo collaborare da molto tempo. E sapendo che sarebbe stato solo il primo di una serie.

Se però tu fossi dovuto ripartire da zero avresti cambiato qualcosa a livello di storia o scelte stilistiche?

Certo, avrei sicuramente cambiato molte cose. Soprattutto nei dialoghi, come spiegavo poco fa. Che quindi avrebbero influenzato anche la durata delle scene, e quindi anche i disegni. È tutto un insieme, no? Sono comunque soddisfatto del risultato, soprattutto perché credo che regga molto bene i suoi 10 anni: tiene botta! Al contempo, realizzando qualcosa oggi, ambisco sempre a fare meglio, e il nuovo libro per Tunué dovrà essere migliore del primo. Il che ci porta direttamente alla tua domanda seguente...

roots03 Ci sarà un seguito a Roots 66? O comunque qualcos'altro di tuo in questo "settore"?

Si, ci sarà. A causa dei miei numerosi impegni extra-fumetto (proprio quelli che mi rendono un "fumettaro part-time", come vengo chiamato anche in maniera dispregiativa da taluni) credo che uscirà nella stagione delle fiere autunnali del 2011, se tutta va come deve andare. Non sarà tanto un seguito quanto una sorta di prequel, ma solo perché in semplici termini cronologici si svolge PRIMA di Roots 66 in quanto il protagonista è Kuore (cioè il writer italiano che in R66 gira insieme agli altri membri della posse nera) prima della sua trasferta negli Stati Uniti. La nuova storia si svolge a Roma. Ma - a parte un paio di chiari riferimenti a quello che accadrà in R66 - questo nuovo romanzo vive di vita propria, senza molti legami con il primo libro. Per quanto riguarda il resto del "settore", ho altre idee in mente. Ma non da disegnatore, che non ne avrei nemmeno il tempo. Questi nuovi progetti mi vedranno in una (quasi) inedita veste di sceneggiatore, quindi solo alla scrittura; parlo di una miniserie di 4 numeri e di 2 romanzi a fumetti, che coinvolgeranno ai disegni altrettanti autori già piuttosto noti, con cui stiamo ancora organizzando il lavoro.

Sempre a proposito di R66, quali sono stati i riscontri da parte degli esponenti della cultura hip hop?

Sono stati molto diversi tra loro. Qualcuno ne ha parlato molto bene. Altri molto male. Te ne dico una: all'epoca della sua prima pubblicazione, rimasi molto male per il fatto che l'unica rivista hip hop italiana di quel momento  (cioè la storica "AL") non lo recensì e non ne parlò nemmeno tra le news, nonostante il loro stesso direttore ne avesse firmato una delle due postfazioni e nonostante - in quel momento - non potesse sapere che da lì ad un anno saremmo andati a rompergli le uova nel paniere con "BIZ"! Per contro, mi ha fatto invece molto piacere - tanto per fare un altro esempio - che dopo la ripubblicazione per Tunué, io ne abbia dato un paio di copie ai Cor Veleno, e loro mi abbiano invitato in diretta alla loro trasmissione radiofonica per parlarne, spendendoci tante belle parole. Insomma: parliamo dei Cor Veleno, uno dei gruppi hip hop italiani più POTENTI sulla scena, mica di quattro bimbominchie che si son messe a rappare l'altro ieri e già si credono di aver fondato una nuova scuola!

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Credi anche tu che tra le due culture esistano dei legami "particolari"? E se sì perché?

A caldo ti direi di no: non credo esistano davvero dei legami specifici. Credo piuttosto che ad alcuni rapper (famosi o meno che siano) piacciano i fumetti nella stessa misura in cui ad alcuni fumettisti piace il rap, o quantomeno il writing in quanto forma visiva di street art performante (sempre che ad un fumettista piaccia l'arte, beninteso). Forse qualche legame - se c'è - è da ricercare nelle potenzialità iconografiche del fumetto, nella sua capacità evocativa. Alcuni mc's italiani citano spesso i comics, come il Danno o Kaos che voi stessi avete intervistato al riguardo. Ma anche personaggi diversissimi tra loro come J. Ax e Frankie Hi-Nrg amano i fumetti, soprattutto quelli supereroistici. Fai conto che tanti anni fa conobbi Frankie, ma anche lo stesso Ice One, proprio perché erano lettori del Massacratore, così come io ero un estimatore della loro musica (e non è un caso che proprio loro due abbiano firmato le due introduzioni a R66); ma intendo dire che entrambi frequentavano regolarmente le fumetterie. Che poi è la stessa identica influenza iconografica che hanno anche negli USA; basti pensare ad un mostro sacro della old school (fondatore della Zulu Nation) come Afrika Bambaataa, che nella grafica del suo fondamentale "Renegades of Funk" (1983) con i Soul Sonic Force cita palesemente le copertine degli albi della Marvel! O ad un Ghostface Killa il cui a.k.a. è Iron Man, riferito propriamente all'alter ego di Tony Stark. Ma tieni conto che gli esempi potrebbero esser infiniti.

renegades-of-funkNello stesso tempo il tuo fumetto è uno dei pochi ad aver trattato l'argomento hip hop. Sembra quasi che siano più i rappers & co. ad avere una fascinazione per il mondo del fumetto mentre i fumettisti, eccettuati rari casi, non abbiano mai saputo o voluto trovare spunti nell'HH. Che ne pensi?

Il fumettaro medio è mediamente rockettaro. Guarda i blog della maggior parte di essi: rock pesante, metallo, robe sempre più esagerate. Raramente viene esternata una vera passione per il rap, nonostante io sappia per certo che alcuni di loro gradiscono le cose buone che l'hip hop è ancora in grado di proporre. Forse oggi - con l'allargarsi di un'intera generazione di b.boys fagiani cresciuti con il mito delle catene d'oro, delle belle fighe, del dissing sfrenato - nel rock è più facile ritrovare una sana credibilità. Forse è solo per questo, non saprei. Ad ogni modo, così su due piedi mi viene in mente che al buon Giorgio Santucci piacciono le produzioni del Truce Klan e tutta quella situazione lì (che io invece non amo granché); e poi non dimenticherò mai che due album straordinari come "Wu Tang Forever" del Wu Tang Clan e "All eyez on me" di Tupac Shakur me li ha regalati il Rrobe nazionale, ed erano proprio i suoi!

wu-massacreCon l'avvento di internet è messo peggio l'hip hop (e la musica in generale) o i fumetti? Oppure siamo noi a farci tanti segoni mentali?

Opterei per i segoni mentali. Ma dovendo scegliere tra i due, è messa peggio la musica.

È necessaria a questo punto la classica domanda con una variante: quali sono i 5 fumetti ed i 5 CD che porteresti nell'isola deserta e come li abbineresti?

Selezioni di questo genere mi mettono SEMPRE in grande difficoltà, perché sembrano scelte assolute. Ma facciamo conto che si tratti di un gioco. E dunque, in ordine assolutamente casuale: (1) tutto il Corto Maltese di Hugo Pratt, (2) tutto il Sandman di Neil Gaiman e mettiamoci pure (3) il Dark Knight - solo il primo! - di Miller, poi (4) almeno un libro di Josè Munoz e (5) uno di Jordi Bernet… Ma vedi che ne ho già raggiunti 5 senza aver nemmeno cominciato? Non ho nemmeno fatto in tempo a dire Moebius, Juan Gimenez, Art Spiegelman, Alan Moore, Dave McKean, David Mazzucchelli, Danijel Zezelj, Andrea Pazienza o Will Eisner, accidenti! O parlarti della mia grande passione per la Vertigo (anche su serie molto recenti). Mi risulta inoltre ancor più difficile "abbinarli" ad altrettanti album hip hop, anche perché in alcuni casi (vedi Pratt o Munoz) sarebbero più adatti ben altri generi musicali. Faccio prima a risponderti con i 5 album che rietengo f.o.n.d.a.m.e.n.t.a.l.i (tra i 10 che avevo pubblicato tempo fa sul mio blog) e cioè (1) "The low end theory" degli A Tribe Called Quest + (2) "Black on boh sides" di Mos Def + (3) "Endtroducing" di Dj Shadow" + (4) "The miseducation of" di Lauryn Hill + (5) "Illmatic" di Nas… Ma anche in questo caso avrei già finito prima ancora di nominare Tupac, Notorious B.I.G., Guru e Dj Premier, i De La Soul e mille altri, senza nemmeno entrare nel territorio del SOUL, che non finiremmo davvero più!!!

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