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Epic Mickey: Fabio Celoni

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Intervista a cura di Carlo Alberto "Deboroh" Montori

Ciao Fabio! È stato annunciato al Comic Con di San Diego il graphic novel di "Epic Mickey", di cui realizzerai i disegni assieme a Paolo Mottura. Cosa ci puoi dire riguardo a questo progetto?

Ciao! Posso dirti di essere stato contattato diversi mesi fa da Roberto Santillo (il direttore dell’Accademia Disney) che mi raccontò del progetto e mi disse che c’era la possibilità di far disegnare in Italia il graphic novel ispirato a questo nuovo videogioco, che sarà tra l’altro trasposto come digital comic. Dovevano presentare agli americani una serie di studi, cioè la ricerca dello stile e della grafica del mondo del videogame in versione comics. Insomma una sorta di linea ufficiale da tenere a livello internazionale riguardo "Epic Mickey" per il publishing. Mi si chiese proprio di lavorare a questi studi di stile, perciò una sorta di rielaborazione dei personaggi, degli ambienti e degli oggetti, delle atmosfere, della china ecc., partendo dal materiale (splendido) che era stato prodotto per il videogioco. Gli studi furono accolti oltreoceano con entusiasmo e a quel punto si decise di procedere con la realizzazione in Italia del graphic novel, che venne affidato per metà a me e per l’altra metà a Paolo Mottura (l’ho già detto che è un grande?). Questo perché abbiamo diversi punti di contatto nel lavoro, ancor più che nello stile credo nello spirito e nella voglia di sperimentare, come avevamo fatto su PK.

La storia del graphic novel Epic Mickey è scritto dal grande Peter David, celebre soprattutto per numerose fumetti di supereroi negli USA. Come ti approcci ai testi di un simile autore? Dalla sceneggiatura traspare questo suo "passato supereroistico"?

Mi approccio a testi di Peter David con lo stesso (grande) rispetto con cui approccio il lavoro di qualsiasi altro sceneggiatore, degli USA o di Bagnacavallo, cercando di non tradire il suo script e allo stesso tempo di farlo mio. Poi va da sé che sia un piacere poter lavorare con un autore di questo talento e storia. La sua è una sceneggiatura molto veloce, ritmata, che lascia molto spazio all’interpretazione del disegnatore, come spesso fanno gli americani. Per alcuni passaggi, certi dialoghi e “sapori”, sì, ti dirò che si sente il suo passato supereroistico! Inserito in questo particolare contesto direi che funziona perfettamente, penso che abbia fatto davvero un ottimo lavoro.

Il videogioco "Epic Mickey" presenta un Topolino (e altri personaggi Disney) in una versione più oscura rispetto a quella che conosciamo. Oltre ai bozzetti del videogioco, su cosa ti sei basato per creare il look del fumetto?

Ho avuto modo di vedere praticamente tutto quello che è stato realizzato per il game, gli studi in 3D, i frame video e le bellissime suggestioni pittoriche, le cose più interessanti dal mio punto di vista. Esaltanti, “deviate” e molto dark, certe cose si avvicinano al gusto di Tim Burton, questo è un Disney che mi ha sempre emozionato, ti fa capire che potenza e che gamma d’espressione quasi infinita abbiano questa matrice grafica e questi personaggi. Poi ci ho messo il mio gusto, com’è naturale.  Nello specifico quello per il grottesco e la deformazione, che hanno differenti fonti d’origine extraDisney e che poi erano più o meno gli stessi che in fondo mettevo anche negli altri miei lavori disneyani, calibrati diversamente a seconda del target, di ciò che andavo a fare. Credo sia interessante notare come alcuni degli spunti di partenza che hanno formato questo gusto siano da ricercare proprio nelle vecchie cose Disney, nei primi meravigliosi cortometraggi degli anni 30, ricchissimi di idee e di inventiva, di cui ho fatto indigestione. È strano come delle linee all’apparenza così tondeggianti e rassicuranti possano poi sfociare in visioni tanto diverse e all’apparenza antitetiche, ma forse le curve morbide di quei lavori d’animazione avevano già dentro di loro i semi per quelle future trasformazioni, basta guardare opere deflagranti come “Una notte sul monte Calvo” in "Fantasia", un capolavoro gotico e dark che ha segnato generazioni di artisti. Potrei farti mille altri esempi di questo “Disney oscuro”, ma credo che semplicemente la fiaba e l’ombra non siano separabili, siano inscindibili, pena la fine della magia!

Uno dei più importanti personaggi disneyani in versione più dark… non può non venire in mente l'italiano PKNA, al quale tra l'altro anche tu hai collaborato. Hai trovato similitudini tra i due progetti?

Ce ne sono diverse: la gabbia libera, il fatto di avere più libertà grafica, di poter essere più audaci in alcune soluzioni, che si rifanno in parte a quelle dei comics americani proprio come succedeva in PK, con inquadrature ardite e una regia che si avvicina di più al fumetto realistico, anche come uso dei neri e degli “effetti speciali”, chiamiamoli così. Poi ci sono anche diverse differenze, com’è ovvio, il fatto che in PK si lavorasse ad una serie e non ad un one-shot, che ci fossero molte meno reference da seguire perché era tutto “under construction” (tranne i personaggi e alcuni ambienti base), mentre qui dobbiamo naturalmente attenerci strettamente a ciò che è già presente nel gioco, ecc. Comunque credo che la differenza più grande sia che PKNA fu un punto di rottura, un’autentica rivoluzione copernicana del fumetto Disney, e di cui tutti noi che partecipammo a quei primissimi passi eravamo perfettamente consapevoli. È stata un’esperienza esaltante, anche perché eravamo tutti molto giovani e pieni di voglia di fare, di sperimentare. Si era formato un gruppo che racchiudeva i migliori giovani artisti disneyani, non credo si sia più verificato un momento del genere in Disney, tutti guardavamo il lavoro degli altri e cercavamo di carpire i segreti reciproci, e questo permetteva a tutti di fare un passo in più: osare era d’obbligo. Insomma si era creato un circolo virtuoso che poi ha dato vita a quel piccolo gioiello che fu il primo PK, che per molte cose rimane ancora un punto di riferimento.

Epic Mickey per le sue atmosfere vuole provare a catturare anche target più cresciuto rispetto agli standard disneyani: pensi che, oltre al graphic novel, in caso di successo sia un prodotto adatto per un'eventuale serie a fumetti?

Personalmente me lo auguro, gli ambienti e i temi sono molto affascinanti, ma poi ci sarebbero i misteri del marketing da affrontare. Non te lo so dire. Sul discorso “standard Disney” ho già detto qualcosa prima, è vero che ci sono diversi target ma “Disney” è solo una parola, non esiste un unico “stile Disney”, all’interno si nasconde un universo in espansione continua. È al tempo stesso una visione poetica, un insieme di sensibilità, di soluzioni artistiche che evolvono ma puntano sempre lo sguardo alle loro origini. Però sì, mi piacerebbe che questa fosse un’opportunità per far avvicinare – o riavvicinare – al fumetto Disney chi se ne è distaccato, e mostrargli che forse non è così… bidimensionale come sospettava. 


Redazione Comicus
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