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Davide De Cubellis, copertinista di John Doe

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Ciao Davide, benvenuto su Comicus!

Ciao e grazie.

Le copertina di Massimo Carnevale da sempre sono state il biglietto da visita di John Doe. La sua versione del personaggio è sicuramente impressa nell'immaginario dei lettori. Come ci si sente ad aver raccolto un'eredità così importante?

Lusingato e onorato senza dubbio: di Massimo Carnevale ce n'è uno solo. Responsabilizzato in seconda battuta. Non nego di aver dovuto fare i conti inizialmente con uno sciocco ma inevitabile senso di ansia da prestazione, misto a responsabilità nei confronti dei lettori.
Lo sforzo principale in ogni caso è stato quello di adattare il mio carattere, generalmente riservato e lontano da qualsiasi riflettore, agli aspetti e le conseguenze più “pop” del diventare copertinista di una serie importante come John Doe.

Come ti rapporti con il suo lavoro? Quanto ti influenza, o ti limita, quello che lui ha fatto prima di te?

L'obiettivo è quello di rapportarmici sempre, ché da lui si può solo ricevere, e paragonarmici mai, perché ogni illustratore deve trovare la propria strada. Per me in questo momento non ha molto senso guardare a chi ci precede in termini di “influenze” o “limiti”: cerchiamo di imparare, metabolizzare e affrancarci. Credo che valga così come in ogni settore.

In cosa si differenzieranno le tue copertine da quelle del tuo predecessore? Su quali aspetti punterai di più?

Innanzitutto cercherò di divertirmi: se mi diverto io probabilmente si divertiranno anche i lettori.
Massimo ha dieci anni di vita e d'esperienza più di me, abbiamo seguito percorsi molto diversi: quindi è difficile, forse sterile, per ora parlare di differenze e peculiarità. Posso dire che certamente punterò sul mio modo di concepire l'illustrazione.
L'intento probabilmente sarà quello di avvicinarmi e invitare con me i lettori a considerare chiavi di visione e fruizione meno tipiche. Questo non per un insoddisfatto desiderio di originalità, ma per cercare di sdoganare e far dialogare linguaggi che negli ultimi dieci o quindici anni si sono chiusi sempre di più. Per fare un esempio: se per ragioni espressive-narrative e non meramente estetiche, potessi realizzare una copertina di John Doe, così come di un qualsiasi fumetto popolare, alla Wolf Erlbruch o alla Riki Blanco (illustratori di Presse Jeunesse) o, per dirne un'altra, omettendo il protagonista stesso… sarei un illustratore felice.
Mi fa rabbia pensare che settori contigui di utilizzo, produzione e fruizione, dell'illustrazione non escano dai propri paradigmi e comunichino fra di loro.
Per fortuna oggi questo sentimento si diffonde e già in alcuni ambiti – penso al Pop Surrealism –differenti influenze dal fumetto, dall'illustrazione per l'infanzia, dalla pittura e dalla pubblicità si mescolano per cercare linguaggi più aperti.

Raccontaci come sei diventato copertinista di John Doe e cosa rappresenta per te questa nuova sfida.

Ho ricevuto una telefonata da Roberto Recchioni, il quale mi diceva che avevano pensato a me e chiedeva se volevo fare delle prove: ho fatto le prove.
Quello che principalmente rappresenta per me questa nuova avventura è un'ulteriore e benedetta possibilità di crescita. Crescere ed evolversi sono condizioni essenziali per un illustratore e per chiunque lavori in settori che hanno a che fare con l'arte, la creatività o l'espressione. Può sembrare banale, ma non è affatto raro arenarsi in lavori di routine che giorno dopo giorno possono consumare quella fiamma, quel bisogno comunicativo, ardente quando abbiamo iniziato ad alimentare le nostre passioni.

Come nascono le tue copertine di John Doe? Ci sono indicazioni più o meno precise da parte degli autori, e quanta libertà hai nella realizzazione finale?

Inizialmente mi confronto con gli sceneggiatori, cerco di capire quali sono i significati-archetipi della storia, il messaggio, e se posso evitare di adottare la “soluzione locandina”, cioè quella più didascalica, lavoro su un'idea metatestuale. Propongo un'interpretazione di quel messaggio centrata su John e i comprimari della storia.
Grazie ai due padri di John Doe e all'editore ho la fortuna di poter spaziare con gli stili, senza tentare per ora voli pindarici.
Enzo Marino oltre ad essere un gentleman si è rivelato un editore coraggioso, pronto ad accogliere nuove proposte grafiche, attraverso cui presentare il nostro protagonista ai vecchi e nuovi lettori.
Questo gradiente di libertà implica ovviamente che le soluzioni vadano accompagnate e instradate: parliamo pur sempre di fumetto popolare.

Parlaci di John Doe, cosa apprezzi di questo personaggio?

In sostanza il fatto che caratterialmente è quasi opposto a me… che devo interpretarlo. Ne scaturisce sempre un confronto stimolante.

Attualmente su cosa stai lavorando, oltre alle copertine di John Doe?

Fortunatamente qualche spot e un paio di illustrazioni pubblicitarie: nell'ultimo anno le agenzie e le case di produzione se la sono vista molto peggio degli editori. Un paio di piccole partecipazioni ad altri progetti in uscita per Lucca e infine le sempre presenti tavole di Martin Mystére in piacevole tandem con Paolo Morales.


Redazione Comicus
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